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LA DEFLAZIONE? PER LA B.C.E. NON ESISTE!

Post n°993 pubblicato il 11 Dicembre 2016 da fresbe
Foto di fresbe

La pervicacia con la quale il Presidente della B.C.E. Mario DRAGHI continua a negare lo stato dell'Economia in conclamata "DEFLAZIONE" è, a mio modo di vedere, irritante. Nulla si è fatto nel concreto per stimolare la domanda, quindi siamo rimasti al "palo". La manovra di Qe ripetuta all'infinito, non risolleverà i livelli dei consumi, ma manterrà un equilibrio precario destinato a franare quando cesserà l'intervento. Non abbiamo necessità di elemosine ma di sgravi fiscali ed investimenti pubblici a debito nell'Economia reale.
Ripropongo quanto scrissi nel 2011 ed anche prima nel 2008, quando ebbe inizio il fenomeno deflazionistico.

La gestione della crisi sarebbe attività fondamentale per la soluzione della problematica legata alla sopravvivenza. L’ipotesi è che una questione meramente di macro-economia, sia stata affrontata con provvedimenti non all’altezza del livello di rischio.
Eventi straordinari richiedono interventi straordinari. Quando la crisi economica si esprime con intensità “fuori scala” tanto da richiamare la celebre crisi del 1929, non ci si può limitare al mantenimento dei “conti in ordine” nel rispetto di un patto economico Europeo che andrebbe sostanzialmente rivisto. La morale: La medicina ha avuto effetto ma il paziente è deceduto.
Potrebbe essere determinante stabilire a quale punto della crisi ci troviamo per poter predisporre una strategia per la ripresa.
Il caos e la disorganizzazione impazzano: i Governi Europei e mondiali, stanno introducendo normative a difesa del prodotto interno in aperta violazione dei trattati fondanti della UE.
La responsabilità della BCE è lampante. Le strategie, per loro stessa natura e giustificazione, dovrebbero essere implementate nel sistema prima del verificarsi della crisi. La “visione” del futuro è fondamentale per poter superare gli ostacoli così come è prevedibile si verifichino.
Proviamo a stabilire il“punto” dal quale partire, alla luce della premessa: Parliamo naturalmente del sistema Italia. Il PIL effettivo e programmatico, è sotto il livello medio di crescita della UE. Le imprese piccole, medie e le professioni, sono al palo, non sostenute da ammortizzatori sociali, previdenze od interventi statali. 
Il commercio è crollato a livelli di ricavi imbarazzanti con eliminazione dei piccoli dettaglianti dal mercato per la ventennale guerra condotta alle partite IVA ed anche per lo sviluppo mostruoso delle attività di Iper mercati politicamente supportati.
L’arretramento della capacità produttiva, gli esuberi di personale conseguenti alla riduzione del numero e dell’importo delle commesse, raccontano una storia di perdita (totale o parziale) di potenzialità produttive, delineando la spirale deflazionistica della quale è importante trattare poiché stranamente nessuno lo fa. Abituati da sempre a considerare e controbattere il nemico “inflazione” sia a livello nazionale che sovranazionale, riconoscere ora (prima che sia troppo tardi) come il nemico sia cambiato, è operazione straordinaria.
Troppo comodo crogiolarsi nelle asfittiche manovre del tasso di sconto, pensando di incidere in qualche modo sull’economia reale. Trichet ha fatto il suo tempo ed ora sarà Mario Draghi ad ereditare la direzione della B.C.E..
Sarà in grado il nuovo direttore di armarsi per ostacolare il fenomeno deflazionistico ? La crisi è soprattutto crisi di domanda, con scomparsa dei competitors più deboli, la riduzione dei prezzi con sostanziale apparente tenuta sul fronte inflazione, è dato da analizzare con maggiore scrupolo. Chi resiste e produce, lo fa con margini risicati, chiedendo sacrifici non retribuiti alle maestranze, talvolta con rinunce persino alla sicurezza del luogo di lavoro, con aperte violazioni dei diritti dei lavoratori. Ora nel mare ci sono orche/speculatori ed acciughe/produttori e consumatori, indifese alla mercèe degli attacchi furiosi degli speculazione. La crisi da finanziaria si è trasferita nell’economia reale laddove la finanza colpevole realizza indisturbata ulteriori sproporzionati guadagni. Il capitalismo al suo “minimo” (parafrasando Wall Street dixit G.Jekko: “il capitalismo al suo massimo” parlando di economia reale che produce e finanza che trasferisce ricchezza)
Ora è certo il momento, nella nostra micro-economia reale, di porre in essere dei tentativi di soluzione. Noi siamo nella spirale, Io sono nella spirale e le valutazioni  che farò potrebbero essere valide anche per altri.
Il punto raggiunto è già forse il più basso. Ora si rimbalza oppure si comincia a “scavare”…ed occorre comunque reagire. Implementare con soluzioni non convenzionali, innovative, creative. La difesa che comporta attendismo, immobilismo, accettazione, rinunce in attesa della “manna dal cielo”,  è perdente sia a livello teorico che pratico: trattasi di inutile e perdente inattività.
Occorre fare il conto di ciò che si ha rispetto a quello che non si possiede. Trattasi di oculata gestione delle risorse, valutazione del rischio, strategia non priva di “visione” ed… un salto nel vuoto. Ci è data la possibilità di scelta tra morire di stenti oppure combattendo.
Sarebbe troppo illusorio attendersi una soluzione automatica del problema: i consumi sono contratti e quindi l’unica manovra opportuna e non più rimandabile è quella riguardante la domanda.
Una sola scelta possibile: Un Keynesiano al comando ed avremmo la chance di scorgere forse la luce alla fine del tunnel.

  

 
 
 
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