di Claudio Risè
Tratto da Il Giornale del 23 settembre 2008
Non è vero che oggi in Occidente comandano le donne, ma è vero che
stanno male tutti: il maschio temuto come violento, la femmina
spodestata dal ruolo tradizionale. Il fatto è che il padre non è più
capace al liberare i figli dalla simbiosi con la madre
La
«società femminilizzata» è una grandissima fregatura per tutti, uomini
e donne. Le donne perché sono state spodestate anche della loro
«regalità» domestica, ormai contesa da maschi petulanti, che sanno
tenere la cucina spesso meglio di loro.
I maschi perché
ricacciati dal circo politico-mediatico (del resto ancora in gran parte
maschile) nel girone dei violenti, gente da sottoporre a schedature di
massa del Dna, come propongono le Commissarie Europee, o da non lasciar
viaggiare accanto a bambini soli, come prevede British Airways. Donne
spregiudicatamente sfruttate sul lavoro, come i maschi, e uomini
controllati e tenuti in permanenza sotto lo stigma del pregiudizio
sociale: questo, e non altro, è la «società femminilizzata»
sviluppatasi in modo accelerato dagli anni Settanta in poi. Non a caso
donne e uomini attenti a cosa accade e dotati di buonsenso, dalla
filosofa e leader femminista Luce Irigaray, al poeta e terapeuta
americano Robert Bly denunciano da molti anni questa «società degli
eterni adolescenti» che, sollecitando vanità di potere nelle donne poi
regolarmente frustrate nelle loro ambizioni, ha svillaneggiato il
principio di responsabilità e deriso l’amore tra uomini e donne,
mettendo in una miserabile competizione tutti contro tutti. Per
comandare con più ampi consensi e sottrarre il potere (ancora
massicciamente maschile) a ogni controllo. La società femminilizzata ha
persino avuto il suo banchiere centrale: Allen Greenspan, il
governatore della Fed di Bill Clinton, il controllore «soft» che
teorizzava l’inutilità dei controlli; sotto il suo lungo regno è nato
il delirio della finanza «derivata», e si è preparato il grande crash
che ha divorato miliardi di risparmi da un anno a questa parte.
Se non comandano le donne però, e anzi ci stanno malissimo (basta
guardare le liste dei presidi psichiatrici, o le statistiche sullo
sviluppo dell’alcolismo, o dei disturbi alimentari) perché si parla di
«società femminilizzata»? È un altro modo, più spostato sul versante
degli orientamenti culturali, per descrivere la «società senza padri»,
come psichiatri, antropologi, e sociologi della politica chiamano già
da quarant’anni la società occidentale. L’Occidente viene così
identificato perché i padri non svolgono più la loro funzione
nell’aiutare durante l’adolescenza i figli ad uscire dalla simbiosi con
la madre.
Il cuore di questa faccenda non è però questione di
pannolini e di principio d’autorità, di costrutti culturali, e di
velleità di potere dell’uno o dell’altro sesso. Il fatto è che i
bambini stanno per nove mesi nella pancia della madre, e non nel padre,
e quando nascono non è ancora costituita una soggettività psichica, e
affettiva, differenziata. Sono nati biologicamente, ma non ancora come
soggetti psicologici. Perché questo accada occorre che la simbiosi
istituita nella gestazione continui per un periodo abbastanza lungo,
durante il quale, nella fondamentale relazione madre-figlio, nasce il
soggetto umano. In un gioco di sguardi, di scambi affettivi, di
riconoscimenti reciproci, nella quale la madre non è sostituibile dal
padre, semplicemente perché il bambino non è mai stato nella pancia
paterna, né ha mai respirato coi suoi polmoni. Naturalmente il padre
quella simbiosi, dovrà poi interromperla, perché altrimenti il bimbo
non riuscirà mai a distaccarsi da quella figura amata e potente,
rimanendone dipendente.
Tutti i fenomeni che Alain De Benoist
elenca nel suo articolo, dall’onnipotenza terapeutica all’«ideologia
vittimista, alla moltiplicazione dei consulenti familiari, allo
sviluppo del mercato delle emozioni e della pietà» non sono
manipolazioni di un’occulta congiura femminile per la conquista del
potere, ma in realtà risposte che il «mercato sociale», guidato
prevalentemente da uomini, offre a degli individui (la gran parte degli
occidentali adulti), che solo parzialmente si sono staccati dalla
madre, e fanno quindi una gran fatica a reggersi in piedi da soli.
Il cuore del malessere della femminilizzazione è questo. Non c’è
proprio nulla di male nel femminile; senza di esso la vita diventa
molto triste. Solo che ogni essere umano, per esistere pienamente e
liberamente, deve rendersi autonomo dalla madre. E può farlo solo
quando un padre presente e amorevole l’aiuta a farlo; altrimenti ne
rimane dipendente per tutta la vita, magari trasferendo questa
dipendenza sulla moglie, sul marito, o sulla società. Per questo, la
società femminilizzata è una colossale fregatura. Per tutti.
Inviato da: maryrose.ms
il 28/08/2008 alle 14:18
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il 28/08/2008 alle 13:40
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il 20/05/2008 alle 16:53
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il 19/05/2008 alle 20:14