Creato da Discriminare il 20/05/2012
 

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LA TEORIA DI EINSTEIN

Post n°10 pubblicato il 18 Giugno 2012 da Discriminare
 
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La Meccanica Quantistica, scienza moderna, non predice un singolo risultato ben definito per una determinata osservazione, bensì un certo numero di diversi esiti possibili, indicandone la probabilità per ciascuno di essi; ma con ciò non assolve al suo dovere basilare, perché pone nell’incertezza ogni risultato scientifico, mettendo in discussione qualsiasi consistenza del vivere ordinario dando troppa importanza alla Statistica che, per una sana scienza ritenuta da sempre “scienza esatta” è, a dir poco, assurdo. Nello stesso madornale errore è caduta anche la Medicina, con un aggravante: essa ha in mano non la Fisica Nucleare o la struttura molecolare di una nuova ricerca, ma la salute della società umana, delle persone che si fidano ciecamente della scienza accademica!

Questa incertezza riflette ciò che cova nella mente umana: incapacità di autoanalizzarsi e discriminare ciò che è, da ciò che appare ma non è!

Verso la fine del XIX° Secolo la scienza si trovava ad un bivio: c’era da una parte la concezione del pieno eterico, che spiegava gran parte dei fenomeni, specialmente quelli astronomici, e dall’altra la concezione del vuoto assoluto. Prima che entrasse nella discussione Albert Einstein, si riteneva certa la esistenza dell’etere e si era incerti sulla sua immobilità o mobilità, quest’ultima intesa come moto in senso opposto alla rivoluzione della Terra attorno al Sole; dunque c’era solo il dubbio se la Terra venisse investita da un “vento di etere” contrario al suo moto rivoluente oppure l’etere fosse del tutto immobile, come un macigno che pesasse, avvolgendo il nostro pianeta passivamente, influendo in tal modo ponderalmente sulla gravità, sullo spazio e sul tempo, come ipotizzato nel 1895 dal grande matematico Lorentz, che su tale ipotesi formulò quattro equazioni dette di “trasformazione di Lorentz”, adoperate poi da Einstein per spiegare la sua relatività ristretta.

Per spiegare la relatività generale egli scrive:

«… la teoria della relatività ristretta si riferisce a domini galileiani, ossia a quelli in cui non esiste alcun campo gravitazionale, e si assume come corpo di riferimento un corpo galileiano RIGIDO il cui moto è rettilineo uniforme dei suoi punti materiali isolati. Se tali domini galileiani si riferiscono anche a corpi di riferimento non galileiani, allora è presente rispetto a quei corpi un campo gravitazionale di tipo speciale. Nei campi gravitazionali però non esistono corpi rigidi con proprietà euclidee, perciò nella teoria della relatività generale non ci si può avvalere della finzione del corpo rigido di riferimento. Anche l’andamento degli orologi è influenzato dai campi gravitazionali, in modo tale che una definizione fisica del tempo eseguita direttamente col sussidio di orologi non possiede assolutamente lo stesso grado di plausibilità che essa aveva nella teoria della relatività ristretta. Per questa ragione si ricorre a corpi di riferimento NON RIGIDI i quali non soltanto, se considerati come un tutto, si muovono in qualsivoglia maniera, ma subiscono altresì deformazioni arbitrarie durante il loro moto. Per la definizione del tempo servono orologi, per i quali la legge dello andamento è di qualunque tipo, comunque irregolare.

Dobbiamo immaginare ciascuno di questi orologi fissato a un punto del corpo di riferimento non rigido. Essi soddisfano soltanto l’unica condizione che le “letture” simultaneamente osservabili su orologi spazialmente vicini differiscono infinitamente poco l’una dalla altra. Questo corpo di riferimento non rigido che potrebbe appropriatamente venir denominato Mollusco di Riferimento, risulta in sostanza equivalente a un sistema di coordinate gaussiane quadrimensionale arbitrariamente scelto. Ciò che dà al “mollusco” una certa intuibilità, confrontato con il sistema di coordinate gaussiane, è il perdurare formale (propriamente ingiustificato) della esistenza a sé stante delle coordinate spaziali rispetto alla coordinata temporale. Ogni punto del “mollusco” è trattato come un punto dello spazio, e ogni punto materiale che sia in quiete relativamente a esso è trattato come in quiete, finché il mollusco è considerato quale corpo di riferimento. Il principio generale di relatività richiede che tutti questi molluschi possano venir usati come corpi di riferimento con uguale diritto e uguale successo nella formulazione delle leggi generali della natura; le leggi stesse devono essere del tutto indipendenti dalla scelta del mollusco. La grande forza direttiva posseduta dal principio generale di relatività risiede nella stessa limitazione che viene imposta alle leggi della natura in seguito a quanto visto.»

Non volendo evidenziare troppo il lato squisitamente comico che, da buon napoletano, mi verrebbe da fare, a me pare che tutto il discorso sulla relatività generale si riduca ad un campo gravitazionale dovuto a un corpo “molliccio tipo mollusco”, come dire “dovuto a un corpo Fluido Eterico” peraltro sempre negato dallo stesso Einstein. Questo mi fa pensare che il caro Albert abbia buttato fuori dalla porta di quella famosa “stanza” l’etere, per ritrovarselo camuffato da mollusco intrufolato con molta efficacia dalla “finestra”.

L’insostenibilità di tutto il discorso, diciamo così “molluschiano” di Einstein, sta nella influenza troppo forzata delle linee gaussiane e sulle relative coordinate, ovviamente anche la temporale; mi riferisco non alla loro giusta curvatura (i piloti di aerei sulle linee intercontinentali la conoscono molto bene!), quanto al suo ipotetico, indimostrabile, assurdo accorciamento delle coordinate pur di non contraddire la sua stessa relatività ristretta riguardante la costanza della velocità della luce C (vero!), rispetto a qualsiasi riferimento e l’insuperabilità di C da parte di qualsiasi ente fisico (non vero!), anche se le sue teorie furono ottenute con un ammirevole e grande sforzo matematico.

Per meglio chiarire la questione, la cosa migliore da fare mi è sembrata quella di andare a casa del mio amico Ing. Prof. Marco Todeschini, espertissimo in materia, e parlare direttamente con lui dei problemi irrisolti della scienza, o addirittura risolti ma interpretati erroneamente e quindi ancora alla base di quella scienza detta moderna, ritenuti da molti pilastri intoccabili e inamovibili, senza che questi “molti” si accorgano che invece tali pilastri sono traballanti, e le sue fondamenta poggiano su un terreno sabbioso che l’accademia dominante “non vuole vedere” per una sua evidente convenienza:

 
 
 
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