CSMinforma

Notiziario tra il serio, il faceto e pure l'ameno sulla salute mentale, la solidarietà e relativi dintorni e contorni nel territorio del Sulcis-Iglesiente (Sardegna, Italy) e, talvolta, pure Oltre.

 

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periodico di approfondimento sulle tematiche della salute mentale che prende spunto dagli argomenti del dibattito quotidiano al Centro di Salute Mentale di Carbonia.

In questo numero:

Il prendersi cura
(di Antonio Cesare Gerini)

"Corpo in azione" nella psicoterapia con il bambino
(di Magda Di Renzo)

Un modello per le dipendenze
(di Alessandro Floris et al.)
Le polarità
(di Simona Corrò)
Il gruppo Solidarietà ...
(di Ylenia Corrias)
La famiglia e la sua storia 
(di Carla Corona)
Un modello concettuale per la gestione del rischio nel nursing
(di Antonello Cuccuru)
Digitale: il futuro della radiologia
(di Carlo Saba)

 

METODOLOGIA


“IL PRENDERSI CURA”
nel lavoro del Centro Salute Mentale di Carbonia

Spesso quando si discute degli interventi svolti in favore delle persone con disturbo mentale si enumerano tali interventi, mettendoli in fila e indicandone la quantità. Si fanno tante visite psichiatrico–psicologiche, tanti interventi socio-sanitari, tanti riabilitativi o sulla famiglia e così via. Sembra che procedere in questo modo sia necessario per dimostrare l’efficacia del servizio stesso.
Qui però, in questa riflessione, non si procederà a enumerare gli interventi svolti dal CSM di Carbonia, ma si cercherà di mettere in evidenza il metodo che sta alla base degli interventi stessi.
Il “prendersi cura” è il primo momento di tale azione. “Il prendersi cura” è lo specifico del nostro lavoro. L’altro polo, cioè le modalità “teatro”, "fattoria", "laboratori", "gruppi di auto aiuto" etc, sono l’oggetto tecnico dell’intervento. La parola “cura” del “prendersi cura” non va confusa con la parola che in medicina e scienze affini usano indicare concetti simili. Ad esempio non va confusa con la parola “terapia”. La terapia è solo una delle modalità del “prendersi cura”, una modalità al fianco delle altre. Una modalità che richiama ad un intervento medico (farmaco-terapia) o psicologico (psicoterapia) o sociale (socioterapia), ma che non esaurisce mai il “prendersi cura”. Il “prendersi cura” di cui qui vogliamo parlare si coniuga con le parole “ascolto”, “condivisione”, “attenzione”, in una parola “relazione”.
All’interno del nostro lavoro nella salute mentale il “prendersi cura” è alla base di ogni altra modalità di intervento: accoglienza, volontariato, lavoro nella fattoria, inserimento lavorativo nel sociale, assistenza all’abitare, ecc.
E’ opportuno fare un passo avanti per comprendere: “chi” si prende cura di “chi”?Forse possiamo sostituire la parola “Chi” con la parola “Qualcuno”. Allora potremmo dire che “qualcuno si prende cura di qualcuno”. Entrambi i “qualcuno” del “prendersi in cura” sono delle “soggettività personali”, sono delle persone. La “soggettività personale” è composta dai due termini “soggettività” e “personale”. C’è evidentemente un accento posto sul mondo soggettivo interiore e sulla contemporanea capacità di relazione del soggetto, attraverso il suo interno sentire, col mondo esterno, col mondo degli altri e il mondo delle cose. Possiamo, senza ulteriormente approfondire, chiamare persona questa “soggettività personale”. 
Dunque:“una persona si prende cura di una persona”.La persona che pratica la psicoterapia è sempre molto di più della sua tecnica psicoterapica, come c’è sempre di più nella persona rispetto alla sua depressione, soprattutto se la depressione si declina col verbo avere (qualcuno ha la depressione). Se la depressione si declina col verbo essere, cioè è depressa, allora è depressa la persona e la depressione è personale quindi ogni depressione è diversa da un’altra in quanto ogni essere personale è irripetibile.

(l'articolo intero a cura di A.C. Gerini lo trovi al messaggio n. 111)

 

A PROPOSITO DI FOLLIA

“Deistituzionalizzare la malattia era ed è la legge 180,
deistituzionalizzare la follia è il nostro quotidiano prospettico compito.”
(Franco Rotelli)

Perché la malattia è un dis-valore?
E’ sempre più chiaro che la malattia altro non è che l’ istituzionalizzazione della follia e quest' ultima, probabilmente, altro non è che la forma parossistica dell’istituzionalizzazione dei conflitti. Come non vedere nel dilatarsi e nel restringersi dei conflitti di norme (a seconda delle situazioni di espansione e di recessione economica di un paese) la relatività di un giudizio scientifico che di volta in volta muta l’irreversibilità delle sue definizioni? Come non sospettare che esse siano strettamente collegate e dipendenti dall’ideologia dominante? Questi sono alcuni temi fondamentali della nostra ricerca teatrale. Partiamo dalla denuncia di una vita impossibile per alludere ad un’altra vita che, per ora, non ha altro luogo dove poter essere se non la scena. Lavoriamo per poter adesso porci e un giorno opporci all’incedere di quella violenza materiale, culturale, politica che anche qui, anche oggi, nega ancora i diritti fondamentali. Il problema allora non sarà quello della guarigione, ma dell’emancipazione, non la restituzione di salute, ma l’invenzione di salute, non laboratori per l’ortopedia delle libertà negate, ma laboratori per la riproduzione sociale della gente. (Accademia della Follia)

 

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PROVOCAZIONI

Discussione

Qualcuno ha scritto che un farmaco è una sostanza che viene somministrata ad una cavia e produce un articolo scientifico. Ma il processo non è così immediato: qui sulla terra un farmaco è una sostanza che viene somministrata ad una cavia, produce un articolo scientifico che riceve una commenda da almeno un docente (sempre assai noto in America e già membro dell'OMS) ed è citato in un congresso ai Tropici. Il rimedio entra quindi in produzione e viene proposto all'Autorità comPetente che - attesa la sostanziale ignoranza del funzionariato, in assenza di alcuna opposizione scientifica (naturalmente, a parte quelle eventuali delle qualificate Commissioni prePoste!) - approva.
Ora ha inizio la sperimentazione sulla popolazione e i risultati sono sempre positivi o, al massimo, discutibili e discussi, ma mai negativi. Solo in un caso - in quanto naque una popolazione di bambini affetti da gravi (ed evidenti) malformazioni e la farmaceutica non prese in tempo la stampa per il collo e un farmaco - un sedativo antinausea e antipnotico, guarda un po' -  fu ritirato con grande scandalo. Passarono somme ingenti, certo, però nessuno andò in galera.

 

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CSM2 - Villarios

Post n°161 pubblicato il 28 Luglio 2008 da csmcarbonia

L'orto

 
 
 

CSM2 - Villarios

Post n°160 pubblicato il 28 Luglio 2008 da csmcarbonia

Passeggiata in cortile

 
 
 

Per "muovere" il blog

Post n°159 pubblicato il 27 Luglio 2008 da csmcarbonia

 
 
 

RIFLESSIONI SUI SERT

Post n°158 pubblicato il 26 Luglio 2008 da csmcarbonia

di Giuseppe Mammana*
*medico psichiatra, presidente dell’Associazione per la Cura delle Dipendenze Patologiche (Acudipa)



Lettera al governo

Nella Relazione Annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze a firma del sottosegretario di Stato delegato alla lotta alle droghe, Carlo Giovanardi, propone la necessità di intervenire precocemente su chi inizia a consumare stupefacenti. Il caso drammatico della ragazzina morta nel rave di Venezia conferma questa priorità. Tuttavia, quel che meno ci convince sono invece le affermazioni, contenute nella stessa Relazione, sulla ridotta rilevanza del problema della cronicità dei tossici. Ecco perché.

La cronicità grave che caratterizza le dipendenze è un male connaturato, almeno in parte alla malattia “ tossica”, ma è affiancata anche da una cronicizzazione prodotta da cure inappropriate realizzate in servizi omnicomprensivi spesso confusi ed abbandonati a sé stessi e gravemente insufficienti.
I Sert sono ormai occupati da una popolazione cronica che invecchia e muore nella malattia e nei comportamenti antisociali e spesso rende il servizio infrequentabile da altri che non abbiano queste caratteristiche. In questi luoghi difficili, che assomigliano a gironi dell’inferno dantesco, l’eroinomane quarantacinquenne può incontrare il minore o la diciottenne consumatrice di cannabis o chi semplicemente fa i controlli tossicologici per la patente per una sbronza e magari può proporgli qualcosa di non esattamente terapeutico.
Io, specialista del campo, non porterei lì mia figlia se vedessi in lei, adolescente, un problema di inizio d’abuso. Per gli adolescenti, per i minori, per i giovani che incontrano, consumano, abusano di nuove sostanze e ne dipendono, non esistono luoghi di attenzione e cura specifici, non massificati come richiede la loro età. Sono anche rarissimi i luoghi di attenzione e cura specialistici dedicati ai giovani che si ammalano di droghe e di disturbi mentali, configurando quella grave situazione clinica che gli esperti chiamano doppia diagnosi.
Mancano i servizi sanitari specialistici che facciano osservazione, diagnosi e trattamento delle intossicazioni e delle disintossicazioni, in luoghi umani e competenti. Per gli adolescenti ed i giovani manca ogni strategia di prevenzione universale, selettiva e mirata scientificamente fondata secondo i criteri indicati dalla più autorevole letteratura. Non esiste alcuna correlazione tra gli incerti, ma significativi dati epidemiologici noti e le politiche sanitarie e sociali di settore.
Manca ogni sostegno ad interventi qualificati delle Società Scientifiche come la nostra e dell’Università nella formazione dei professionisti, nella ricerca, nella documentazione e nella valutazione.
Dico cose gravi, ma non temo smentite.
La ragazzina di Rovigo, se non fosse così drammaticamente morta, (e lo dico con grande dolore), forse avrebbe cominciato il suo calvario in servizi così fatti. La cronicità e le morti sono anche il prodotto di tutto quello che ho descritto.
Io presiedo una associazione che spesso, con voce solitaria, da anni denuncia tutto questo. Noi vogliamo ridurre la cronicità e la cronicizzazione di questa malattia e chiediamo un governo non asettico, ma impegnato autenticamente in questa battaglia. Noi chiediamo al governo che riformi radicalmente i servizi che curano coloro che si avvicinano alle droghe ed i tossicodipendenti, non vogliamo che si continui a sprecare soldi in strutture fatiscenti.
Noi sappiamo, senza false modestie, come fare una riforma del genere e lanciamo soltanto due idee sperando di essere chiamati a definirle.

1) Occorre liberalizzare le cure e fare servizi piccoli, specialistici non massificati, ma organizzati per singoli problemi (cannabis, cocaina, adolescenti, osservazione e diagnosi). Il privato sociale può gestire bene questi servizi.

2) Il pubblico deve finire di essere il vaso di pandora dove si trova di tutto e di più. Occorre attribuire al servizio pubblico (Sert) compiti prevalenti e prioritari di raccolta di dati epidemiologici, di certificazioni medico-legali, di formazione e ricerca, di monitoraggio e governo degli interventi e della spesa lasciando la gestione dei servizi ad un sistema liberalizzato e misto pubblico-privato.

Per avviare questa riforma ci vogliono risorse (non molte) ma soprattutto desiderio di rompere incrostazioni e poteri perversi come le droghe e di cambiare decisamente strada.
È un’idea bizzarra? Proviamo: il governo, se vuole, ha un’ottima occasione .

 
 
 

Il bivio

Post n°157 pubblicato il 17 Luglio 2008 da csmcarbonia
Foto di csmcarbonia

Ora mi sento come braccato dalle sostanze maledette … c’è un bivio di fronte a me … stare bene, oppure continuare a stare male per il resto della mia vita, e per giunta da solo. È come se fossi al centro della bilancia il bene e il male … il bene è la mia famiglia, i miei affetti, mia moglie e tutto ciò che mi gira intorno di positivo … lo stare male è lo sballo, i debiti, le amicizie sbagliate ecc. ecc. Ora io mi chiedo se e veramente il caso di far prevalere tutte queste cose brutte sui miei affetti.

Mi trovo nel posto sbagliato al momento sbagliato.

L’unica cosa da fare x poter uscire da questo grande casino sarebbe la comunità, ma chi mi conosce sa benissimo che a me servirebbe a poco.

Comunque vada sappiate che io non avrei voluto mai esserci in questa situazione … anche se sembra il contrario.

 

 
 
 

Visita guidata alla fattoria con prelievo di gattini

Post n°156 pubblicato il 03 Luglio 2008 da csmcarbonia

 
 
 

Cervello e cannabis

Post n°155 pubblicato il 22 Giugno 2008 da csmcarbonia
Foto di csmcarbonia

Riduzioni cerebrali

Nonostante in letteratura esistano numerose evidenze che suggeriscono come l`assunzione prolungata di cannabis sia associata alla comparsa di alcuni eventi avversi, molti utilizzatori sono convinti che questa sostanza sia relativamente pericolosa per la salute e che, quindi, dovrebbe essere legalmente disponibile.
Nei Paesi sviluppati, la cannabis rappresenta la droga maggiormente utilizzata: negli Stati Uniti, per esempio, secondo stime recenti, gli utilizzatori sarebbero circa 15 milioni in un mese e, di questi, circa 3,4 milioni assumerebbero la cannabis quotidianamente per almeno un anno.
Tuttavia, ad oggi, la maggior parte degli studi è stata condotta in modelli animali e dai risultati ottenuti è emerso come una somministrazione a lungo termine di cannabinoidi sia in grado di indurre cambiamenti neurotossici nell`ippocampo, inclusa una diminuzione del volume neuronale, della densità neuronale e sinaptica, e della lunghezza dei dendriti dei neuroni piramidali.

Volumi minori
Per questa ragione, un gruppo di ricercatori australiani ha indagato gli effetti di un consumo elevato (oltre 5 dosi al giorno) e prolungato (più di 10 anni) di cannabis in 15 soggetti con un`età media di 39,8 anni e in 16 controlli. Dal campione in esame sono stati esclusi i pazienti affetti da disturbi mentali e neurologici e chi presentava una storia di abuso di molteplici droghe.
In particolare, sono state prese in considerazione ippocampo e amigdala, due regioni cerebrali ricche di recettori per i cannabinoidi, e, tramite risonanza magnetica a elevata risoluzione, sono state misurate le eventuali variazioni volumetriche di queste aree.
I ricercatori hanno, così, osservato che i consumatori di cannabis mostravano una riduzione bilaterale del volume sia dell`ippocampo, sia dell`amigdala (rispettivamente del 12% e del 7,1%) e hanno identificato un`associazione inversa tra il volume ippocampale dell`emisfero sinistro e l`esposizione alla droga durante il decennio precedente.
Inoltre, i soggetti che assumevano la cannabis, rispetto agli appartenenti al gruppo di controllo, ottenevano una performance più scarsa per quanto riguardava l`apprendimento verbale ed erano esposti a un rischio più elevato di insorgenza di sintomi psicotici.

Conferme per l`uomo
I risultati ottenuti confermano quanto osservato in vivo, dimostrando come l`assunzione prolungata di elevate dosi di cannabis induca una significativa riduzione del volume dell`ippocampo e dell`amigdala.
Infatti, con elevata probabilità, la mancanza di effetti osservata in alcuni studi precedenti era dovuta all`impiego di tecniche di imaging caratterizzate da basso potere risolutivo o da un periodo di esposizione alla sostanza stupefacente troppo breve.
Tuttavia, resta da chiarire l`eziologia delle riduzioni volumetriche osservate, in quanto potrebbero essere dovute a una perdita di glia o neuroni, a un cambiamento delle dimensioni cellulari o a una diminuzione della densità sinaptica, come suggeriscono i dati emersi da alcune ricerche eseguite in modelli murini.

Ilaria Ponte (tratto da Doctor33.it)

(Yücel M et al. Regional Brain Abnormalities Associated With Long-term Heavy Cannabis Use. Arch Gen Psychiatry 2008; 65 (6): 694-701)

 
 
 

Là e qua

Post n°154 pubblicato il 21 Giugno 2008 da csmcarbonia

UN VIDEOGIOCO SOSTITUIRÀ PERSONAL TRAINER
tratto da Farmacia.it - 18 giugno 2008

Dal 19 giugno la
Nintendo mette in vendita una sorta di personal trainer sotto forma di gioco elettrico che si chiamerà “Il mio Coach di benessere”. Da un lato servirà a tenere informato il giocatore delle calorie che ingerisce attraverso il cibo (entrate energetiche) e dall’altro lo stimolerà a svolgere l'attività fisica per smaltire appunto le calorie in eccesso (consumo energetico). Senza diete rigide, né allenamenti infiniti, ma solo obiettivi possibili, minigiochi e quiz.

''Credo sia importante - commenta Riccardo Dalle Grave psicologo specializzato nei disturbi dell'alimentazione - perché fornisce al grande pubblico gli strumenti più efficaci evidenziati dalla ricerca psicologica per gestire il peso attraverso una modificazione salutare dello stile di vita''.

 
 
 

Qua e là

Post n°153 pubblicato il 21 Giugno 2008 da csmcarbonia

ALZHEIMER E AMBIENTE. I LUOGHI, I SENSI, LA CURA
tratto da Farmacia.it - 18 giugno 2008

Prendersi cura ogni giorno di un
malato di Alzheimer, lavorarci, raggiungere con lui dei traguardi e gioirne richiede una fatica sempre nuova, ma vuol dire anche convivere con un profondo senso di impotenza.

Partendo da alcuni interventi di accompagnamento e sostegno portati avanti quotidianamente è nata l'intuizione che l'ambiente poteva diventare uno strumento di supporto al lavoro quotidiano con il malato.
Utilizzare infatti gli spazi come elementi di cura (a perlomeno di benessere) di un disagio consente ai malati di stare meglio e agli stessi operatori di vivere una quotidianità meno caricata dalla preoccupazione che una qualunque cosa possa non andare per il verso giusto.

Nel libro "Alzheimer e ambiente. I luoghi, i sensi, la cura", Maggioli Editore, 2008, pp. 158, € 22,00 gli autori (Roncaglia Marta, Mantovani Damiano, Espanoli Letizia)hanno raccolto i diversi elementi che la medicina ha messo a disposizione compiendo lo sforzo di provare a comprendere come rileggerli in funzione di un benessere (pieno diritto del malato).

 
 
 

Appello per Cleto

Post n°152 pubblicato il 19 Giugno 2008 da csmcarbonia

 
 
 

Disagio giovanile

Post n°151 pubblicato il 19 Giugno 2008 da csmcarbonia

Venerdì 20 Giugno 2008 alle ore 10.00 nella Sala Conferenze della Provincia, in Via Fertilia n. 40 a Carbonia verrà illustrato, dalla Presidente dell’Accordo di Programma sulle dipendenze, il Progetto “Educatori di prevenzione del disagio giovanile”.
  Nell’occasione saranno presentati gli obiettivi, i tempi, i luoghi di realizzazione, il calendario e saranno forniti i dati raccolti dagli operatori che lavoreranno alla realizzazione del progetto, sui servizi e sulle strutture riservate ai giovani nei Comuni aderenti. Alla conferenza stampa sarà presente la Dottoressa Gisella Medda De Candia, Coordinatrice tecnica dell’Accordo di Programma sulle dipendenze, e gli operatori che lavoreranno nei Comuni i quali illustreranno nei dettagli il piano delle attività.

 
 
 

Morena dixit

Post n°150 pubblicato il 15 Giugno 2008 da csmcarbonia

C´era un uomo che aveva lavorato tutta la vita, aveva risparmiato tutti i suoi soldi, e quando si trattava di spenderli era un vero avaro. Poco prima di morire, disse alla moglie.... `quando muoio, voglio che tu prenda tutti i miei soldi e li metta nella bara con me. Me li voglio portare con me nell´aldilà.´ E così si fece promettere con tutto il cuore dalla moglie, che quando sarebbe morto lei avrebbe messo tutti i suoi soldi nella cassa con lui. Beh, alla fine morì. Al funerale, era steso nella bara, con vicino la moglie, vestita di nero, seduta affianco alla sua migliore amica. Quando fu finita la cerimonia, e si preparavano a chiudere la bara, la moglie disse: `Aspettate un momento !´ Aveva una piccola scatola di metallo; si avvicinò con la scatola e la mise nella cassa. Chiusero la bara e la portarono via. Quindi la sua amica le disse: `Ragazza, sapevo che non eri così tonta da mettere tutto quel denaro la dentro con tuo marito.´ La mogie fedele rispose: `Senti, io sono una persona credente; non posso tornare sulle mie parole. Gli ho promesso che avrei messo quei soldi nella bara con lui.´ Vuoi dire che hai messo tutto quel denaro li dentro con lui ?!?!? ´Certo che l´ho fatto´, disse la moglie. L´ho preso tutto, l´ho messo sul mio conto, e gli ho fatto un assegno..... .. Se riesce ad incassarlo se li può spendere tutti.´ !!!!
Tratto daGardenia Blu

 
 
 

Post N° 149

Post n°149 pubblicato il 25 Maggio 2008 da ciccio70_7

ciao.. ho inviato diverse e-mail ma non ho capito bene come funziona questo blog...volevo chiedere informazioni sull'associazione di volontariato che lavora all'interno del centro di salute mentale (sito o opuscoli) e a chi mi devo rivolgere per un eventuale iscrizione...mi hanno detto che si occupa di animali e coltivazione ma vorrei sapere qualcosa in più...... grazie  ciccio  

 
 
 

Io alcolista

Post n°148 pubblicato il 23 Maggio 2008 da csmcarbonia
Foto di csmcarbonia

Non so bene come definire la parola alcolismo, so solo che io lo sono un alcolista, non so ne perché ho iniziato, e ne perché continuo a bere. A volte prego la Madonna che mi aiuti ad uscire da questo calvario, ma ho sempre in testa la bottiglia o lo spinello. Eppure con tutti gli aiuti che ho ricevuto da dottori e operatori di comunità, io non ho ancora capito un cazzo. So che l’alcool è la droga numero 1 del popolo mondiale e occupa uno spazio importante anche fra le droghe da party. L’alcool costa poco, è reperibile ovunque, in qualsiasi momento, ed è socialmente accettato. Ovunque, dove le persone si incontrano si beve. Dove si festeggia ci si ubriaca. L’alcol è da sempre considerata una sostanza prelibata, stupefacente e nutritiva, ora io mi chiedo il perché questa sostanza deve essere per forza dannosa? (so benissimo che per me lo è) ma perché?  L’alcol ha un effetto calmante, mentre in dosi ridotte provoca invece un senso di eccitazione. Ci si sente leggeri, rilassati, caldi e a proprio agio. Si diventa euforici, disinibiti e la lingua si scioglie. Diminuisce la disposizione e la prontezza all’autocritica nel giudicarsi. La perdita delle inibizioni e dell’autocontrollo portano spesso a comportamenti aggressivi e aumentano la predisposizione agli atti di violenza. In stato di ebbrezza il coordinamento dei movimenti è disturbato, diminuiscono la prontezza di riflessi e la sensibilità al dolore. In caso di pesante ubriachezza si comincia a balbettare e a barcollare, si diventa particolarmente loquaci, si parla da soli. Se l’ubriachezza è eccessiva può provocare vomito, forte perdita dell’equilibrio e condurre a uno stato di disperazione. Infine cessano di funzionare i nervi motori, si spegne la coscienza e incombe la minaccia di un’intossicazione con conseguenze letali. E tutto questo per un bicchiere di troppo? Ma ne vale la pena? Purtroppo chi c’è dentro direbbe di si, io che ci sto solo con un piede dentro riesco a dire che non ne vale la pena... pero inconsciamente pur non facendolo del tutto volontariamente continuo a bere come un deficiente. Adesso in questo momento ho bevuto, e mi sento disinibito, sciolto, ma so che è una cosa sbagliata.

Marcello 22 05 08

 
 
 

Disagio giovanile

Post n°147 pubblicato il 20 Maggio 2008 da csmcarbonia

Siete tutti invitati al convegno organizzato dall'Oratorio Salesiano San Paolo Giovani

I volti della prevezione del disagio nell'universo giovanile

che si terrà a Cagliari presso il
Salone Parrocchiale di piazza Giovanni XXIII
dal 21 al 23 maggio 2008

Mercoledì 21 maggio ore 16.30
"Uno sguardo al disagio del mondo giovanile"
Prof. Felice Nuvoli
(Docente di Pedagogia generale e Filosofia dell'educazione, Facoltà di Scienze della Formazione, Università di Cagliari)
Prof. Pio Scilligo
(Professore di Psicologia sociale e Dinamica di gruppo, Università Pontificia Salesiana, Roma; Docente ordinario di Psicologia dinamica, Facoltà di Psicologia Università di Roma "La Sapienza"; coordinatore IFREP).
Dott. Ermanno Cortis
(Presidente regionale ANP (Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici)

Giovedì 22 maggio ore 16,30
"Gli approcci preventivi con i giovani e le famiglie"
Prof.ssa Ester Cois
(Docente di Sociologia della Famiglia, Facoltà di Scienze Politiche Università di Cagliari)
Dott. Annibale Cois
(Responsabile Comunità Terapeutica "Campu e' Luas", Mondo X
Dott. Andrea Sinis
(Vicepresidente ANEP Sardegna (Associoazione Nazionale Educatori Professionali)

Venerdì 23 maggio ore 16,30
"La prevenzione nelle politiche di sviluppo della comunità"
Prof. Vito Orlando
(Docente Straordinario di Pedagogia Sociale, Scienze dell'educazione, Università Pontificia Salesiana, Roma)
Dott.ssa Maria Antonietta Mongiu
(Assessore regionale della Pubblica Istruzione. Beni Culturali, Spettacolo e Sport, Regione Autonoma della Sardegna)
Prof.ssa Giuliana Martirani
(Docente Universitaria di Geografia politica ed Economica, Università "Federico II", Napoli, Delegato ufficiale alla Conferenza ONU sulla Criminalità organizzata transnazionale) 

PER INFORMAZIONI sandrosdb64@virgilio.it

 
 
 
 
 

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RECENSIONE DA MEDICINA E MORALE

Gerini Antonio Cesare, Il significato del ciclo mestruale. Appunti Sparsi sul femminile, Carbonia 1999, pp. 149. sguot@hotmail.com

In questo libro l’Autore, psicoterapeuta, medico psichiatra, analizza il significato del ciclo mestruale da un punto di vista medico-psicologico, con particolare attenzione alla sessualità della donna e al suo rapporto con la maternità. Intento dell’Autore è mettere in risalto come la cosiddetta tensione premestruale, accompagnata da irritabilità e tristezza, sintomi di depressione, sia dovuta al mancato concepimento: “è come se l’organismo femminile si accorgesse già prima  dell’incompiutezza del processo, di non aver raggiunto la finalità implicita, ovvero la fecondazione” (p. 51). Gerini afferma, infatti, che essendo la fecondità un bene e un valore profondamente insito nel corpo, “il suo venir meno è sempre causa di sofferenza, anche se vissuta più o meno consapevolmente” (p. 51).
  Sottolineando la finalità unitivo-generativa del ciclo mestruale (ovulazione e flusso mestruale) che la donna vive intensamente in tutte le fasi feconde della sua vita e che portano il suo corpo ad orientarsi verso una dimensione che sia soprattutto generativa e creativa, Gerini afferma che “non è nel profondo ed essenzialmente ricerca di piacere e desiderio di questo stato affettivo, ma quella di unità tra due esseri di sesso diverso che in questo incontro generano e custodiscono un’altra persona, il loro figlio” (p. 145). A questo proposito l’Autore distingue due momenti caratterizzanti il ciclo mestruale: il primo, culminante con l’ovulazione, si manifesta con una tendenza “centrifuga”, ossia orientata verso l’esterno, verso l’incontro sessuale che è un incontro unitivo e procreativo. Tutto il corpo partecipa a questa pulsione con espansioni affettive di tipo espansivo-comunicative. Se, tuttavia, il concepimento non è avvenuto, si ha la regressione del corpo luteo e la cessazione della sua attività ormonale. L’arrivo del flusso mestruale (secondo momento) ne è la manifestazione più evidente.
  Gli stati emotivi che si accompagnano al flusso mestruale sono molto diversi e possono essere individuati nella vergogna, nella colpa, nell’angoscia, nell’ansia, secondo una modalità esistenziale che ricorda alla donna il “fallimento” del progetto di fecondità insito nella natura stessa.
  Per tutti questi fattori Gerini afferma che il ciclo mestruale è la testimonianza di quanto “la sessualità sia connaturalmente legata alla generatività e il non raggiungimento di tale obiettivo è causa di sofferenza somato-psichica evidente, sebbene spesso molto sfumata” (p. 47).

Trovi il lavoro intero all'indirizzo http://www.psichiatriasirai.org/signif-ciclo-mestr-libro.htm

 

TEATRO E FOLLIA

METODO DI LAVORO

 di Claudio Misculin

Parlando di “metodo di lavoro”, mi sento in dovere da affermare che non esiste metodo in arte, esiste l’esperienza.
Io ho fatto un’esperienza alla quale ci si può riferire.
L’arte è un’apertura permanente che non si può vivere senza l’accettazione e la ricerca lucida e deliberata del rischio (Kantor)
Ebbene il fattore rischio che ho scelto per giocare all’interno dell’arte è la “follia”.

E’ una ricerca che tiene aperti, spesso faticosamente, spazi che si vanno rapidamente omologando, sfere che tendono ad automizzarsi, nella schizzofrenia del singolo e in quella più generale.
Quindi il teatro diventa anche mezzo, strumento di concreta quotidiana mediazione d’oggetto con altri soggetti, sani o malati che siano. Luogo di produzione di cultura, attività di formazione alla relazione con uomini e donne e cose.
Siccome parliamo di una ricerca tra teatro e follia, che non esclude, ma travalica il mero aspetto terapeutico, per cogliere sino in fondo nel profondo l’essenza e la validità di tale metodo di lavoro, cominceremo a viverlo e a pensarlo come strumento efficace per un buon approccio al teatro, non solo per il matto, il disgraziato, il differente, ma anche per il normale che intende cimentarsi nel teatro.
E per finire sul “metodo di lavoro” vorrei dire due parole sull’eccesso, e cioè  Viviamo nella dimensione dell’anticipazione dei desideri. Cioè i miei desideri non nascono più da pulsioni interne, ma dalla scelta delle soluzioni fornitemi.
Faccio un esempio: posso scegliere tra mille tipi di dentifricio, ma non posso scegliere l’aria pura: non c’è più.
Viviamo già nell’eccesso: eccesso di mezzi, di strumenti, di ignoranza. Il risultato è incomprensione della realtà, incomprensione di se stessi, incomprensione.
Il palco è per convenzione il luogo deputato all’eccesso. E nel mio teatro questo è.
E’ il luogo magico, il luogo del delirio che offre le valenze alla ricomposizione immediata del soggetto, mentre oggettivamente è una finestra che permette la visione delle contraddizioni.
il sistema dell’eccesso.

 

"N O R M A L I T à"

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti. Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi e' infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicita'.
Pablo Neruda

 

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