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Post n°54 pubblicato il 08 Giugno 2016 da Callyphora


Quale s~profondo sei convinto di palpare?
Didentro quale rigo confidi di trovare
la scarica nei polsi e lo choc del cervello,
l'elettrodo confitto nella carne attraverso la lingua che pressa?
E dove auspichi di trovare il respiro?
Tra ogni lemma d'inchiostro
dove la nuca tu possa deporre per un baleno
e dove tu possa rovistare dentro ogni verso che
non ammorbi la bocca e torca lo sguardo affidandolo
alla febbrile viva forza di un dentro sprovvisto di fine e fondo
dentro quel cosmo messo in affitto in qualche dimora taciturna
o in qualche linea oblunga ove si spezza l'orizzonte,
come la sommità di una lancia tra chi verga e chi legge
tra chi vivifica e corrobora o chi vi affoga
dentro l'orifizio di un verbo, o la grafite di una lapis,
ignaro che la vita è forza e all'apicale della mano c'è quel qualcheduno
che in ombra, dalla parte non celermente raggiungibile
scrive in corvino anche un'acquaforte di benevolenza,
e brucia l'atomo che attorno al collo ruota
tra un vaso sanguifero cavo e l'arteria di un qualchiddio involato,
o alla caviglia mentre in fretta avanzi involgendomi
nella notte che viene, viene ancora
per smarrirti o per predarti,
e sperdere il baillame, gli olezzi.
Mi sono fracassata le ginocchia
e l'occhio l'ho divaricato, lacerato, esploso,
giustiziato per poter restare lungo i tuoi confini e,
giustappunto sull'attimo che avverti la soglia per uscire,
tergiversando ancora un poco,
reiterando l'ultima curva, trovi che c'è,
accomodato in terra e tra gli assi del soffitto,
c'è un amore che influisce e pesa
come i grammi di eroina che mi inoculi
senza deviazioni dentro il cuore,
e lo hai dentro quel mondo di fobie
affisso nei pensieri, tra l'era di ieri e il divario di domani,
mentre divergo le gambe al feto di oggi,
sgravato sempre prematuro, ma già cresciuto
e per questo propinquo a freddarsi, lui per te,
un tu disuguale, per essere la chiave di altre luculente plaghe,
di~te, inferno partorito dentro un paradiso senza scampo.

 
 
 
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