Creato da NudaParola il 03/04/2011

Due volte vent'anni

Parole nude alla soglia dei 40 anni. E stavolta ho deciso di vuotare il sacco... Per farmi un regalo.

 

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La puttana del sabato sera

Post n°4 pubblicato il 05 Aprile 2011 da NudaParola
 

L'amore disinteressato. Qualuncuno sa cosa sia? Io l'ho vissuto come regola naturale (non indotta) ogni qualvolta ho iniziato una relazione. Con Maurizio, brillante ingegnere cui la società per cui lavoravo, ci siamo amorevolmente detestati fin dal primo burrascoso incontro. Quando osservandolo smanettare al mio computer, ho realizzato che non poteva esserci uomo più lontano dal mio ideale di presunto stereotipo di maschio in grado di sortire in me il più blando interesse. Non era altissimo, avrà avuto una cinquantina d'anni ed ostentava una sicurezza fastidiosa almeno quanto l'ironia sagace e cinica nascosta dietro le sue battutine mordaci ed allusive. Seduta al centro della scrivania, le braccia distanziate dal corpo e le gambe piegate, ben aperte mentre la sua lingua armeggiava con il mio clitoride, ho riversato la testa indietro sorridendo al ricordo di quel primo impatto un po' ruvido. La lunga gonna nera dal tessuto morbido era risalita fino ai fianchi e drappi fruscianti lambivano le caviglie, fluttuando morbidamente. Indossavo ancora le autoreggenti e le scarpe in raso dal tacco dodici. Ho iniziato ad aprire i primi bottoni della camicetta, insinuando una mano alla ricerca di quel calore che si diffondeva al palmo della mia mano attraverso il tessuto traforato del reggiseno. Un gemito voluttuoso e mi sono inarcata spingendo il bacino contro la sua bocca. Ho puntato i tacchi sul piano della scrivania fino a quasi sollevarmi quando ho sentito il clitoride risucchiato dalle sue labbra e più volte inumidito dalla sua lingua. Le contrazioni sono diventate sempre più violente e il respiro ha cominciato a farsi affannoso: sapevo che non avrei retto ancora a lungo a così pressanti sollecitazioni. Ho gridato straripando nella sua bocca. Quando ho sentito due dita allargarmi piano l'ano e spingere avanti e indietro, simulando l'azione di un fallo, ho visto i miei umori schizzare sul suo volto impetuosi e la mia voce spezzarsi in un urlo liberatorio. Le mie dita affondate nei suoi capelli, mi sono umettata più volte le labbra disegnandone il contorno con la lingua, inarcata verso la fonte del mio piacere.

"Succhia, troia!", mi ha detto ficcandomi due dita in bocca e muovendole avanti e indietro mentre leccavo via i miei umori, rapidamente piegata contro la scrivania mentre, alle mie spalle, lo sentivo armeggiare con la cintura dei suoi pantaloni.

"Sei un bastardo", ho protestato ansimando, "dovevamo andare a cena fuori, e invece mi tieni chiusa in questo stramaledetto ufficio anche il sabato sera! Sei proprio un bastardo...".

Con uno scatto brusco l'ho sentito arrotolare la gonna lungo i miei fianchi ed insinuare un dito sotto l'elastico del perizoma, spingendone dentro un secondo che ha preso a disegnare movimenti sferici intorno al clitoride, esercitando una pressione che mi ha fatto urlare. Percepivo la sua presenza, la sua erezione contro l'apertura aveva iniziato a premere e spingeva, spngeva... Mi ha penetrata con un grugnito quasi animalesco. Lo sentivo pulsarmi detnro mentre gridavo arcuando la schiena, le sue dita a tirarmi i capelli e gli affondi a susseguirsi concitati e inesorabili, uno via l'altro. Vedevo, sotto i suoi colpi, la scrivania muoversi e il suo cropo sbattere contro il mio per un numero infinito di volte. Fino a trasformare le mie proteste in incitamenti lussuriosi, ormai adattata alle dimensioni di quel pezzo di carne durissimo che stava straziandomi le viscere.

L'ho sentito uscire dal mio corpo avvertendo subito una sensazione di vuoto, lambiata da copiosi rivoli orgasmici lungo le cosce. Il rumore di un cassetto che si apriva e si richiudeva e un fallo di gomma a troneggiare sotto il mio naso.

"Vai sul divano", mi ha intimato in tono perentosio. "Voglio che ti masturbi".

"Me l'hai fatto tornare duro", il tono eccitato della sua voce mi ha di colpo riportata alla realtà mentre tornavo a rivolgergli uno sguardo distratto, invogliata dall'erezione svettante che faceva scivolare nella sua mano.

Ancora stravolta, ho fissato l'arnese rosa prima d'impugnarlo: sembrava allettante, appetibile... Un meccanismo lo faceva vibrare e, facendomi largo tra i cuscini, a gambe larghe ho iniziato a muoverlo seguendo movimenti circolari prima d'immergerlo nel mio lago bollente.

"Oddio, questo mi fa godere subito!", ho imprecato in un gemito soffocato, arcuando la schiena e scivolando in avanti con il bacino.

"Lascialo dentro", mi ha intimato lui con voce roca, avvicinandosi con il suo membro turgido stretto in una mano, un attimo prima di spingermelo fra le labbra e attirare la mia testa contro il suo bacino. L'ho ingoiato tutto, subito, costretta a tenerlo in gola fino alla base per un tempo incredibilmente lungo. Ho creduto di soffocare mentre l'ingegnere pronunciava epiteti osceni ed esortazioni volgari alla vista dei miei umori che schizzavano in ogni direzione, con le cosce aperte ed il vibratore a strapparmi orgasmi multipli che sembravano quasi accavallarsi con un'intensità insostenibile. Un cocktali di saliva e sperma è scivolato ai lati della mia bocca quando ha estratto il suo grosso membro. solo il tempo di lasciarmi riprendere fiato, per tornare a spingerlo giù fino alla gola, stavolta muovendolo avanti e indietro, uscendo e rientrando nella mia cavità ad intervalli quasi regolari ma febbrili. Mi sono sollevata per un attimo sulle braccia e ho roteato i fianchi, adattando quel grosso fallo di gomma alla mia vagina insaziabile e ormai fradicia e, trovata la posizione più efficace a stimolarmi, mi sono lasciata montare cavalcando le vibrazioni che mi trafiggevano il ventre godendo senza più ritegno. La cappella appoggiata lel mie labbra, ho sentito un primo fiotto raggiungermi il viso e riempirmi la bocca che mi ha intimato di aprire, lasciando colare sulla lingua tutto lo sperma che ad ogni contrazione del sesso marmoreo fuoriusciva copioso e denso. Non riuscivo ad inghiottirlo tutto, in parte scivolava in rivoli lattiginosi ai due lati della bocca, fino a quando non mi ha spinto ancora la testa contro il suo grambo, lasciando che la mia bocca lo avvolgesse mentre eiaculava nella mia gola, dove ha riversato fino all'ultima goccia con un colpo di reni che lo ha portato all'orgasmo.

Mentre lui si accasciava sul divano, sprofondando ansimante tra i cuscini, io continuavo a farmi masturbare da quell'affare meccanico incapace di arrestarlo. Mi sono portata sulla sponda, lungo il perimetro del sofà, prendendolo tutto dentro: ogni volta che tornavo ad abbassarmi e avvertivo il movimento vibrante raggiungermi il ventre, vedevo fuoriuscire dal mio corpo lunghi schizzi impazziti, in ogni direzione, e più mi sentivo venire, più avevo voglia di godere. I gemiti trasformati in grida, le grida in frasi scosse e sconnesse e Dio menzionato in ogni manifestazione estatica, al centro di un ludibrio senza precedenti.

Ho estratto il vibratore dalla vagina ancora grondante di umori e, in ginocchio sul divano, ho schiuso le gambe intorno al bacino dell'uomo, puntando la cappella contro l'apertura della vulva e abbassandomi piano, fino a prenderlo tutto dentro con un lungo gemito voluttuoso.

La testa reclinata all'indietro, ho sentito le sue mani che facevano saltare i bottoni della camicetta e mi strappavano con foga il reggiseno, prendeno a succhiarmi prima un capezzolo, poi l'altro... fino a farmi urlare mentre ero intenta a cavalcarlo con foga. Ha manovrato i miei fianchi in preda a una veemenza impetuosa, lasciando che il mio corpo si sollevasse e tornasse a ricadere sul suo corpo, impalandomi contro quel turgore che ad ogni affondo sentivo crescermi dentro fino ad esplodere. Ho continuato a muovermi in preda ad una frenesia che ha trascinato anche lui in quel vortice di sensazioni violente, anticipando l'orgasmo che abbiamo sentito esplodere dentro con la potenza di una deflagrazione incontrollabile. Ho sentito le sue unghie conficcarsi nellle mie natiche mentre godeva e, serrando le cosce intorno al suo sesso, ho roteato i fianchi accogliendo ogni sua contrazione nel divenirmi effluvio d'immacolato piacere acre che dalla punta delle dita ho portaro alle labbra mentre, al culmine del piacere, lo sentivo gridare il mio nome.

Con Maurizio siamo stati insieme due anni e mezzo. Non ho mai saputo se fosse sposato. So che aveva una figlia, studentessa unviersitaria, perché ho ascoltato - un giorno, per caso - una sua conversazione telefonica. Non mi ha mai portata a casa sua. Abbiamo sempre fatto sesso in ufficio da lui... o da me. In macchina o dentro qualche cinema. Mi scopava da dio. E' per questo che l'ho lasciato. Il rischio di andare a letto con uno che ti scopa da dio è sempre quello di innamorartene. Forse un po' innamorata di quell'ingegnere caustico e pragmatico lo sono anche stata, ma era giusto - per l'equilibrio dei rispettivi ruoli - che lui vedesse in me solo la sua troia da fottere e riempire. Non era necessario che sapesse altro, giacché a me non interessava nient'altro che essere fottuta e riempita. Mi ha fatto godere moltissimo. In fondo, ero solo la sua troia...

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