Creato da NudaParola il 03/04/2011

Due volte vent'anni

Parole nude alla soglia dei 40 anni. E stavolta ho deciso di vuotare il sacco... Per farmi un regalo.

 

Traslocando emozioni...

Post n°26 pubblicato il 16 Maggio 2011 da NudaParola
 

Nuova vita qui:

http://cameredalbergo.blogspot.com/


 
 
 

Sto traslocando...

Post n°25 pubblicato il 15 Maggio 2011 da NudaParola
Foto di NudaParola

 

Mi appresto a questo nuovo viaggio, nella mia casetta fatta di parole.

Naturalmente sarete i benvenuti!

Spero di riuscire a venirvi a trovare in questi giorni, anche se sarà un po' dura (non avete idea di quanta roba si riesce ad accumulare in pochi mesi...) e trasferire tutto il materiale che qui dimora sulla piattaforma di blogspot (luogo più appartato, evoluto e molto meno puritano-bacchettone) richiede più tempo e lavoro di quanto pensassi.

Ma a breve riallacceremo i contatti esattamente da dove si erano interrotti.

Grazie per la pazienza... e vogliate scusare la mia (forzata) latitanza...

Vostra Eva

 

 
 
 

Erotika Kaotica

Post n°24 pubblicato il 04 Maggio 2011 da NudaParola

eriction:  ass

A breve porterò in questo luogo qualche rivoluzione positiva! Mi dispiace non avere molto tempo da dedicare al Blog, ma sto scrivendo con due case editrici e collaboro con una terza ad un progetto di scrittura digitalizzata. Per tutto ciò che ho in mente in relazione a questa pagina virtuale (ma neanche tanto, credetemi!), mi servirebbero almeno 72 ore full immersion. Ma il tempo è quel che è e bisogna certamente ingegnarsi, organizzarsi... e pazientare! Non sono il tipo, è vero, sono una che "scalpita" parecchio... Mi ritrovo spesso a scrivere di notte, ma dividendo il letto e la mia vita con un'altra persona, comprenderete che nelle ore notturne ci si aspetta un altro tipo di attività dalla sottoscritta!

Nell'attesa di più cheti tempi, vi lascio una parte di me in esclusiva assoluta che, mi auguro, apprezziate. Volendo perdonare le sporadiche incursioni e i prolungati - e non voluti -  periodi di distacco temporale.

Non fate pensieri sconci e qualcuno sia così gentile da farmi (sempre) sapere come adottare le caute misure ed opportuni accorgimenti volti a non ferire la sensibilità di qualche moralista delatore o la puzza sotto il naso di qualche frigida frustrata. 

Non ho neanche il tempo di sfrugugliare tra le aplicazioni di Libero in questi giorni, ma sarò generosa con chiunque volesse o sapesse "illuminarmi"

 
 
 

Libera... su "Libero"!

Post n°23 pubblicato il 02 Maggio 2011 da NudaParola
Foto di NudaParola

Buon pomeriggio, mes amis!

     Urge la Vostra cortese collaborazione perché nella mia testolina svaporata prendono corpo, giorno dopo giorno, una serie di idee relative allo sviluppo di questo Blog che mi piacerebbe potesse coinvolgere il maggior numero di entusiasti possibile, atti a dare alla sottoscritta anche suggerimenti, consigli, spunti, idee... Mi piacerebbe approfondire temi che vorrei però rendere accessibili solo a coloro i quali, consapevolmente, decideranno di accedervi, trattandosi, per l'appunto, di contenuti riservati ESCLUSIVAMENTE ad un publico adulto. La prima difficoltà è sorta proprio nel momento in cui, cercando di rintracciare nelle opzioni una qualsiasi opzione che segnalasse la natura del Blog a chiunque si trovasse per caso o per scelta, a visitare queste pagine, non ho trovato niente che assomigliasse neppur vagamente a quello che stavo (e sto) cercando.

Possibile che Libero non contempli la possibilità di un "avviso" da allertare nel momento in cui si decide di far presente a cosa si va incontro acconsentendo di accedere a dei determinati contenuti? Io sono qui da neanche un mese, chiunque avesse l'"illuminazione" che alla sottoscritta, manca, Vi prego, fatevi avanti!

Mi piacerebbe trasformare questo luogo in un'alcova intima senza incorrere in censure, divieti... o ritrovarmi, dalla sera alla mattina, bannata! Voi mi capite... Non posso usare un certo tipo di immagini (anche private e personali), non mi sento libera di muovermi liberamente sulla piattaforma di Libero!

Nei commenti pubblici a questo post o in forma privata, siate gentili, attendo un vostro segnale di fumo!!!

Baci affettuosi dalla Vostra Eva.

 

 
 
 

Intimissimi!

Post n°22 pubblicato il 02 Maggio 2011 da NudaParola

Inutile dire come per la sottoscritta la lingerie sia sempre stata una mania, l'ebbrezza di ritrovarsi in un'immagine da portare come una seconda pelle, il brivido di piacersi e la certezza d'essere desiderata. I miei cassetti sono pieni di corpetti, body in pizzo, corset in broccato o in latex, sottovesti, coordinati, guepiere, autoreggenti, reggiseni dai tessuti più disparati, spesso impreziositi da perline, strass, piume o decorazioni in Swarowsky.

Inutile altresì sottolineare che il mio rappresenti un vero e proprio investimento. La biancheria intima e le scarpe sono degli investimenti per quanto mi riguarda. La corsetteria è il biglietto da visita per qualunque uomo. Così come io trovo estremamente eccitante annodare la cravatta al mio partner, allo stesso modo - è appurato - gli uomini amano della lingerie [al di là del gusto edonistico per il bello] l'attimo in cui questa verrà sfilata via per lasciare esposta la pelle, l'intimità bagnata e nuda tanto ambita da mani e bocca. 

In un cassetto ripongo la lingerie che indosso solitamente sotto i tailleur destinati all'ufficio; in un altro quei capi che consentono di essere indossati durante i giorni del ciclo; nel terzo cassetto in basso, corpetti e bustini da femme fatale, da sfoggiare rigorosamente ogni qualvolta esco di casa con la voglia di una sana scopata.

Amo la trasgressione e l'ironia del Burlesque. Amo gli Anni Trenta. Le acconciature, il trucco, i vestiti... la classe ed il fascino intramontabile dello stile di Dita Von Teese. Un'icona nel suo genere. Unica. Bellissima. Mi piace il raso, amo i pizzi e le trasparenze, la seta ed il broccato. Una chiccheria. Talvolta mi ritrovo, davanti allo specchio, a contemplare la mia figura armoniosa e mediterrane, il seno florido, l'armonia dei fianchi, la vita sottile, le cosce tornite... e sospirando penso: "Che peccato che un solo uomo possa godere di tanto ben di Dio!". Ma, da Femmina ribelle, anticonformista e fedele (solo se innamorata), preferisco chiudermi in bagno e masturbarmi piuttosto che permettere al sesso di uno sconosciuto di violare la mia carne. Prima di godere la mia passerina, deve liquefarci il mio cervello. O non mi bagno nemmeno.

Spesso, anche quando faccio sesso, mi piacere tenere indosso le mie autoreggenti, i tacchi a spillo e il mio filo di perle al collo. A molti uomini - frequentati in passato - piace venirmi sulla fascia elastica di pizzo o, più semplicemente, si eccitano alla vista del bordo nero del tessuto in contrasto con la pelle diafana e delicata dell'interno delle cosce. I tacchi aiutando a spingersi più in alto con il bacino durante l'atto della penetrazione e mi consentono di sentirmi riempita fino in fondo, mentre le perle diventano una sorta di sexy toys con cui intrattenere i capezzoli, portarli in bocca, farli scivolare intorno ai seni... 

Mi raccomando, donne: state attente a non far uscire il sesso dal vostro rapporto a due, ché quella è sempre l'anticamera dell'inizio della fine. Io, prometto di impegnarmi a non far entrare mai il matrimonio nel mio rapporto di coppia

 
 
 

Alice nel Paese delle pornovoglie

Post n°21 pubblicato il 29 Aprile 2011 da NudaParola
 
Tag: Alice

 

Mi piace vestirmi da Alice nel paese delle meraviglie. Colori pastelo, maniche a palloncino, ampie gonne color ciclamino o rosa confetto a nascondere raffinatissime calze autoreggenti dal bordo in pizzo. Bianche o color champagne. In ogni caso colori neutri. Ho una pelle diafana, un viso di porcellana e grandi occhi cerulei. Sono stata anche bionda una volta. E rossa. Adesso la mia chioma fluente sotto i raggi del sole assume riflessi ramati. All'ombra hanno la corposità del mogano e l'intensità di certi frutti di rovo... Mi sono iscritta per gioco a uno di quei social network che consentono di conoscere gente nuova, allacciare rapporti d'amicizia, d'amore o, semplicemente, consentire d'evadere per una sera o una notte.

Sono una scrittrice freelance. Uso la gente per scrivere. Sono curiosa, coltivo l'attitudine alla mente umana e alla provocazione velata: non tutti abbiamo le stesse reazioni posti nello stesso contesto. A me non interessano le circostanze, ma come l'animo umano si pone in determinati frangenti. E scoprire in quanti modi diversi io riesco a pormi o rivelarmi a seconda dei soggetti con i quali interagisco. 

Giulio era un libero professionista con la passione per i vini. La sera in cui ci siamo conosciuti, mi ha portata in un ristorante discreto: pochi sfarzi e cibo delizioso. Ho ordinato del filetto di salmone affumicato, un'insalata mista e fragole innaffiate da tanto limone. 

Lui ha scelto dal menu della carne grigliata, patate novelle e un tiramisu.

Abbiamo consumato un vino rosso particolarmente corposo, delle olive e della bresaola con dei crostini di pane come antipasto. 

Anche quella sera indossavo un vestitino blu cielo. Modello ampio in stile collegiale di Vivian Westwood. Guance e bocca di fragola e il mio immancabile Trésor.

Giulio aveva l'aspetto da manger nel suo completo blu. Camicia bianca e cravatta bordeaux completavano l'abbigliamento inappuntabile, forse un po' troppo rigoroso. 

Senza troppi giri di parole, mi ha fatto notare di apprezzare particolarmente il modo in cui passavo la lingua intorno alle labbra, rigirando in bocca le fragole per succhiarne l'essenza prima di inghiottire il boccone.

Inutile, d'altra parte, negare che anche per me si è trattato quasi di un colpo di fulmine. Per carità, non parlo dell'uomo sul quale ti ritrovi a fantasticare un matrimonio e due o tre pargoli da sfornare giurandosi amore eterno. No, non sarebbe da me... Quando incontro un uomo che mi piace, io penso subito a come vorrei succhiarglielo, alle varianti che potremmo adottare per godere l'una dell'altro. A questo penso, tutto il resto sono sbadigli e favole che lascio alle novelle principesse dai sogni non ancora infranti. 

"Ce l'ho duro. Potresti prendermelo in bocca e fare con me quello che stai facendo con quelle fragole", mi ha detto serafico sorseggiando del vino.

Mi sono guardata intorno con circospezione e ho sorriso nervosamente.

"Qui?", ho chiesto attonita.

Lui ha scrollato le spalle e ha risposto con disinvoltura: "Perché no?".

Ho raccolto il tovagliolo appoggiato sul grambo e ho fatto sì che scivolasse ai piedi del tavolo, sotto il quale sono scivolata per raccoglierlo. Ho notato che nessuno badava a noi, così come nessuno si era soffermato su quel gesto. Alzando lo sguardo ho notato la sua mano che armeggiava con la cintura dei pantaloni e si apriva la patta, liberando dai boxer l'erezione che ora svettava sotto il mio naso. Limitandosi ad appoggiare il suo tovagliolo sul grembo, per non destare attenzione. 

L'ho sentito trasalire quando la lingua ha iniziato a sollecitare la punta del pene, attraversato da uno spasmo quando, con una mano ferma alla base del suo prezioso gingillo, ho spinto la testa in avanti, lasciando che si spingesse fino in gola. 

L'ho leccato, mordicchiato, succhiato voracemente... portandolo sul punto di venire e riprendendo placidamente il mio posto per godermi la sua espressione stravolta dal desiderio e dalla frustrazione.

"Non vorrai lasciarmi così!", mi ha bisbigliato digrignando i denti.

"Torna a finire il lavoro che hai iniziato, troia!".

"Perché non paghi il conto?", ho suggerito senza guardarlo.

"Credo che dovremmo uscire da qui".

Non si può certo dire che abbia perso tempo in convenevoli.

Il parcheggio era pressoché deserto dopo mezzanotte. Ricordo che Giulio si è fermato davanti al codano della sua Porshe e ha tirato fuori il suo sesso marmoreo: sembrava volesse esplodere mentre si faceva una sega, guardandomi alzare l'ampia gonna e abbassare le mutandine.

L'ho raggiunto voltandogli le spalle e offrendogli le mie due sfere perfette mentre, leggermente piegata in avanti, con le gambe ben aperte, spingevo due dita nel mio lago bollente, torturando il clitoride durissimo. 

Ho soffocato un gemito, mordendomi il labbro inferiore quando l'ho sentito forzare la mia apertura, spingere contro lo sfintere ed entrarmi dentro implacabile. 

"Hai un cazzo enorme", mi sono lamentata cercando di adattarmi, più che alle dimensioni, in realtà alla consistenza virulenta dei suoi affondi ripetuti, mentre mi spingeva contro il cofano dell'auto e con le mani mi allargava ulteriormente le natiche, sbattendo con forza contro il mio corpo con una sequenza di colpi forsennati.

Abbiamo gridato all'unisono, in un fiotto di umori corposi che hanno schizzato rivoli d'impeto e piacere a colarmi fra le cosce. 

Che meraviglia quando non c'è amore. Quell'inutile sentimento a castrare impulsi e mediare istinti. Quelle disperanti attenzioni, la mediazione disperante tra voglia e decenza. 

Riversa, supina, con la schiena contro il metallo freddo della macchina, sono rimasta immobile mentre mi strappava con forza il corpetto del vestito e mi spingeva il grosso membro pulsante tra i seni, masturbandosi affinché l'erezione si rinvigorisse. Aprivo la bocca solo per leccarlo o suggerlo un po' quando la punta s'accostava alle mie labbra. La stessa che disegnava arabeschi di vizioso piacere intorno ai capezzoli e che riprendeva, un attimo dopo, a spingere tra le due grosse bocce che con le mani premevo intorno alla sua virilità nuovamente turgida e bagnata. 

"Voglio che fermi una di quelle macchine", mi ha intimato roco ed eccitato, indicandomi con uno sguardo la strada lungo la quale sfrecciavano auto in entrambe le direzioni.

"Non importa chi. Ferma uno e scopatelo".

"E perchè dovrei farlo?", ho replicato in tono di sfida.

"Perché te lo dico io, troia!", ha risposto strattonandomi con veemenza per i capelli.

"Ti piacciono le situazioni al limite, eh? Ti piace giocare... Beh, stasera ci divertiremo: hai trovato pane per i tuoi denti!".

Non potrò mai dimenticare la sensazione dell'aria pungente della notte risalire l'orlo della mia gonna ed insinuarsi tra le pieghe della mia ininmità. Così come non scorderò mai il lungo brivido che, passo dopo passo, sull'eco dei miei tacchi sull'asfalto, ad ogni metro percorso mi restituivano la sfrontatezza e la voglia di spingermi oltre ogni limite mai varcato prima d'allora. 

Quando ho visto lampeggiare i fari di un'auto che dopo qualche metro mi ha accostata e il braccio di un uomo ha abbassato il finestrino, per un attimo ho trattenuto il respiro.

"Quanto prendi?".

Quella domanda mi ha riportata gelidamente alla realtà.

"Cosa?", ho chiesto con voce incerta, studiando l'aspetto anonimo ma distinto dell'uomo che sfoggiava una grossa fede all'anulare della mano sinistra.

"Non lo so... Quello che vuoi", ho farfugliato aprendo la portiera perché l'uomo potesse sistemarsi sul sedile accanto alla guida.

Senza troppe cerimonie ho schiuso le gambe intorno ai suoi fianchi e sono scivolata sul suo grembo, aprendogli i calzoni con pochi gesti freddi e meccanici. 

Giulio, oltre l'avvallamento d'erba e terra battuta che si frapponeva fra la strada ed il viale scosceso che conduceva al parcheggio esterno al locale, stava masturbandosi vigorosamente, senza mai distogliere l'attenzione da ogni mio passo. 

"Non metterlo subito dentro", mi ha detto lo sconosciuto, eccitandosi quando ho iniziato a muovere la mano sul pene tozzo e gonfio.

"Strusciatelo un po' fra le cosce", mi ha istruita con una risata fastidiosissima e un'aria da porco assatanato.

"Mi piacciono le tue cosce... sembri una bambola". 

Le luci della macchina continuavano a lampeggiare e altre auto seguitavano a sfrecciarci accanto. Sentivo sotto le dita il sesso dell'uomo bagnarsi e spingere contro il mio inguine mentre si contorceva ansimando di volermi prendere sulle scale, contro la ringhiera, masturbandosi fra le mie cosce mentre mi apriva le natiche e lo spingeva tutto dentro. 

La voce gli si è spezzata in gola mentre schizzava sperma sul mio ventre, tra le dita e sulle mie gambe, continuando a venire con fiotti ravvicinati e violenti, masturbandosi con foga contro la mia coscia. 

Non ho provato niente. Non ho sentito niente. Solo tanta tristezza per quel piccolo uomo dal piccolo sesso tozzo, incapace di far godere una donna e in grado di godere solo immaginando situazioni che non avrebbe mai saputo vivere davvero. E anche nel suo immaginario erotico, l'orgasmo arrivava sempre fuori dal corpo di una donna. 

Ha fatto scivolare una banconota di cento euro all'interno della mia borsa ed è ripartito di gran fretta.

Mentre m'incamminavo lungo la via del ritorno, riassettandomil vestito alla meno peggio, un'altra macchina mi ha fiancheggiata, spegnendo luci e motore.

Dall'abitacolo sono usciti due ragazzi visibilmente alticci e una donna. Una bella donna. Vent'anni, forse venticinque. Biondissima e scosciata.

"Mica vorrai andartene proprio adesso?", ha esordito uno dei due, palpandomi pesantemente il culo.

"Domani il mio amico si sposa con questa gran gnocca. Vogliamo fargli un bel regalo di addio al celibato?".

"Tanti auguri", ho risposto gelida e cortese. "Per me però si è fatto un po' tardi, mi dispaice".

"Per favore", ha esordito la ragazza mentre voltavo loro le spalle.

"Ci tengo tanto a fare un regalo al mio fidanzato. E tu gli piaci molto... Sarò molto generosa con te", ha aggiunto mentre la sua voce mi sfiorava i capelli come una carezza lieve. 

"E' ubriaco", ho constatato rivolgendo uno sguardo freddo e distratto all'uomo che, appoggiato alla macchina, sorrideva senza che ve ne fosse ragione.

"Domani non ricorderà più niente". 

E' avanzata verso di me inducendomi ad indietreggiare fino al lampione. Mi ha aperto il vestito scoprendomi i seni e mi ha schiuso le gambe non una carezza gentile, insinuandosi tra le pieghe della mia intimità senza che riuscissi tentare la minima resistenza.

Era diverso dal toco di un uomo. Aveva mani affusolate e dispensava lente carezze che, muovendosi davanti e dietro, ritmicamente, facevano sì che ondate di calore intenso divenissero piacere nel progressivo languore che mi faceva cedere le gambe. 

Anche il modo in cui intrecciava la sua lingua alla mia ed il suo sapore erano diversi da quello di un uomo. E per me era tutto nuovo. Una vertigine. La giovane donna ha iniziato a strusciarsi pesantemente contro il mio corpo mentre l'amico del suo fidanzato la prendeva da dietro e le dita di lei si adoperavano alacremente per portarmi all'orgasmo mentre stringeva una mano intorno al mio seno e, piegandosi, portava la testa più vicina al mio pube, immergendo la lingua negli umori colavano dalle mie cosce, leccandomi e succhiando più volte il clitoride, procurandomi un piacere intenso.

Quando mi slegata da quel contatto intimo, lei si è aggrappata al lampione e l'uomo alle sue spalle ha continuato a possederla furiosamente, strappandole gridolini d'assenso e voluttuosi gemiti di piacere. 

E' incredibilmente eccitante vedere due corpi che si penetrano e il corpo dell'uomo sbatteva contro quello della teutonica bionda con un impeto dal quale era impossibile non lasciarsi coinvolgere. 

Il suo fidanzato, più che dal mio corpo che cavalcava il suo enorme sesso vigoroso, sembrava eccitato dalla visione della sua futura moglie inculata dal suo amico e ame, del resto, poco importava di come o quanto avrebbe goduto. Ero eccitata, fradicia, con la voglia di qualcosa di duro fra le cosce, capace di sbattermi e farmi godere. Finalmente godere. 

Mi sentivo piena e più lui continuava a riempirmi, più i miei fianchi sbattevano contro i suoi, il bacino si alzava e tornava a scendere sul suo vigoroso palo di carne, schizzando umori e rantoli spezzati dalla foga con cui, al culmine dell'amplesso, mi ha afferrata, impalandomi ripetutamente sul suo membro ingrossato da contrazioni che culminavano in fiotti intensi di sperma che m'inondavano il ventre, la vagina, la parte interna delle cosce e, ogni volta, mi trattenevano sempre più a lungo, fino al culmine dell'orgasmo che ci ha uniti nello stesso grido liberatorio. 

Mi sentivo troia come non mai mentre tornavo verso il parcheggio. Troia e appagata, fiera della mia libido, della soglia oltre la quale mi ero spinta. 

Una banconota da cento euro e una da cinquecento. Ben arrotolate, strette nella mano che ho trasferito in quella di Giulio, guardandolo con aria trionfante, piena di disprezzo ma in fondo grata.

"Questi te li sei meritati, tesoro".

L'ho zittito sfiorandogli le labbra con due dita mentre stava per replicare, l'erezione nell'altra mano e l'espressione smarrita.

"Ma si, tu sei stato la mia puttana per una sera. E hai ragione, mi sono divertita molto... E' stato illuminante".

Appoggiato contro la portiera, lui non ha resistito all'impulso di masturbarsi più vigorosamente, ormai prossimo a godere per l'ennesima volta. 

E, in un inutile quanto infantile gesto di pudore, si è voltato allargando le gambe e spingendo il bacino in avanti mentre il membro si contraeva e spingeva nella sua mano, frenetica lungo l'asta, cacciando un grido soffocato quando fiotti di sperma hanno raggiunto la fiancata e la sua voce e diventata poco più di un suono gutturale. Mentre stringeva nell'altra mano le due banconote ridotte qusi a cartastraccia nell'atto supremo di quel tristissimo assolo. 

Non sono tornata a casa con lui. Non si è nemmeno accorto che io sia andata via. 

Lungo la strada che dai Castelli scendeva verso Roma, ho fermato un'auto e ho chiesto un passaggio fino a casa. 

Abbiamo fatto solo una breve sosta nel piazzale di un autogrill. Abbiamo imboccato la porta della toilette e, in piedi, con la faccia sprofondata contro la mia spalla, abbiamo scopato.

E' stato tutto molto veloce, ero già dilatata e lubrificata, con i postumi degli orgasmi multipli colllezionati nelle ultime ore e in quel posto squallido, anonimo e maleodorante, più che di quel sesso che si muoveva fuori e dentro di me, stantuffandomi l'ano e facendo sbrodoloare la mia passerina, ho goduto della donna che avevo scoperto di saper essere. Forse d'esser sempre stata.

Preferendo, in cambio di un passaggio, dare il culo piuttosto che tante spiegazioni a uno sconosciuto. L'anima, come l'intimità di una persona, sono qualcosa si privato e non accessibile: ci vuole tempo e testa per capirmi, per entrami dentro. Nell'anima, appunto.

Per penetrarmi il corpo basta un pene che sappia adoperarsi per riempire tutti i buchi fatti apposta per essere riempiti. Un pene: non serve poi molto per fottere una donna. Almeno fra le cosce. E poi avevo bisogno di scrivere un altro capitolo del mio libro: mi serviva altro materiale e ho fottuto, io, chi - lasciandosi fottere - ha reso possibile la stesura della pagina che state leggendo, con il vostro sesso a smaniare nei pantaloni e la mano che cercherà d'arrecarvi un po' di sollievo, mentre sognate della vostra Alice nel paese delle pornovoglie... 

 
 
 

Casta e pura

Post n°20 pubblicato il 27 Aprile 2011 da NudaParola
 
Tag: Ines

<untitled> (4)Mi chiamo Ines. Nome spagnolo che corrisponde ad Agnese e significa "casta e pure". Furono gli spagnoli ad introdurre il nome in Italia durante la loro permanenza durata molti secoli, ma Ines divenne di moda nell'Ottocento quando ebbero un certo successo opere letterarie e teatrali ispaniche. In particolare, la storia tragica di Inés de Castro, una dama castigliana vissuta nel XIV secolo, ha contribuito a rendere il nome molto popolare. lnés de Castro andò in Portogallo come dama di onore della principessa Costanza di Castiglia erede al trono. Divenne però l'amante di Pietro e poi, dopo la morte di Constanza, sua concubina. Il padre di Pietro, il re Alfonso IV, tentò di persuadere il figlio a cessare la relazione illecita, costringendo Inés all'esilio. Pietro preferì raggiungerla; Alfonso allora decise di recarsi al castello di Albuquerque, dove si trovava Inés, e la fece decapitare. Un'altra lnés celebre è la protagonista del Don Giovanni Tenorio di Tirso de Molina, a cui si sono ispirate poi tutte le opere dedicate al celebre libertino. La dolce figura di Donna lnés ha contribuito nei secoli scorsi a diffondere il nome in Spagna, dove è molto frequente, e poi, di conseguenza, in Italia con l'arrivo degli spagnoli. 

Mi chiamo Ines e in questa camera d'albergo trascorro un paio d'ore, tutti i martedì e tutti i venerdì da sedici mesi a questa parte. Incontro sempre lo stesso uomo che ho rimorchiato l'ultima sera di Carnevale. Allora portavo una maschera e un sontuoso abito veneziano del Seicento. Lui fuori dal locale era mezzo ubriaco e molto infelice. E' scattato qualcosa che abbiamo percepito entrambi. Non ci siamo presentati, io ho tenuto la mia maschera di piume e paillettes, lui in un vicolo buio, stretta contro un muretto, ha voluto che mi masturbassi ed io, senza batter ciglio, ho fatto scivolare una mano sotto l'ampia gonna a balze, ho scostato l'rlo delle mutandine di seta color champagne e ho iniziato a muovere le dita fuori e dentro la vagina che pian piano s'inumidiva: ho giocato con il clitoride, mi sono penetrata a lungo mentre lui mi palpava un seno attraverso il prezioso corpetto del vestito. 

Non ha voluto conoscere il mio nome, così come io non ho mai chiesto il suo. Mi ha bloccata quando stavo per venire, inchiodandomi al muro e scivolandomi tra le gambe ansimando d'impazienza mentre strusciava il suo membro eretto sul Monte di Venere, appoggiando la punta del pene sull'apertura della vulva, facendomi solamente pregustare il turgore del sesso che spingeva impercettibilmente tra le gambe saldamente ancorate intorno ai suoi fianchi. 

E' stato il nostro primo ed unico alvergo. La nostra prima stanza. La nostra prima notte. 

A cosce spalancate sulla sua faccia. mi sono offerta oscena alle scrupolose attenzioni della sua lingua, muovendomi in modo da consentirgli di penetrarmi ogni anfratto aperto e disponibile, e più mi sentivo venire, più lui leccava e succhiava, e più io godevo, più alla lingue e alle labbra aggiungeva un dito, poi due... nell'ano. Il terzo torturava il clitoride intorno al quale si muoveva frenetica la mia mano, accelerando le contrazioni. Ho cominciato a schizzare sulla sua faccia e lui avido beveva i miei umori. Con l'altra mano si masturbava il grosso pene eretto. Chinandomi in avanti, mentre la sua lingua mi esplorava l'ano, l'ho preso in bocca, ingoiandolo fino alla base. Era bagnato e lui gemeva piano, intensificando l'intensità della sua lussuria rivolta ai miei due buchetti ben lubrificati.

Appoggiando i denti intorno alla cappella, ho passato più volte la lingua sulla parte più sensibile, ho percorso l'asta in tutta la sua lunghezza e, lentamente, ho cominciato a leccare e suggere i tesiccoli, mentre una mano si muoveva avanti e indietro, masturbandolo vigorosamente.

Mi piaceva venire in quel modo. E volevo farlo godere per ricominciare ad eccitarlo. 

Ho sfregato il pene gonfio e duro contro il seno, facendolo passare tra le tette, l'ho poi imprigionato, stringendo la perfezione delle mie due sfere di carne intorno al suo sesso traslucido e pulsante. 

Gli ho offerto la bocca quando qualche goccia di sperma ha iniziato a schizzarmi addosso, fino ad ingoiarlo completamente un attimo prima che esplodessero, ravvicinati e violenti, i primi tre fiotti, incalzata dalle sue spinte e pressata dalla mano che m'inchiodava alla sua erezione.

Le continue sollecitazioni della sua lingua avevano allargato l'ano in modo osceno e con due dita piantate nel mio lago bollente, ripetutamente e vigorosamente penetrata, ho sentito in un attimo il ventre contrarsi e liberare un fiume in piena di sensazioni umorali. 

Ho gridato mentre lui aveva un orgasmo che l'ha fatto aggrappare alle lenzuola e flettere il bacino perché il suo membro mi raggiungesse la gola nell'attimo in cui raggiungeva l'apice del piacere. 

E' così che ci siamo conosciuti. E da quando abbiamo iniziato a scoparci e abbiamo scoperto che ci piaceva come non era mai accaduto con altri partner, non siamo più stati in grado di smettere. E' diventata una specie di droga, una dipendenza reciproca. 

Spesso cominciamo a baciarci e a toccarci sulla porta. Una volta sono inciampata cpn il tacco nella moquette e sono caduta: lui dietro me, riverso sul mio corpo. Abbiamo riso tanto. Poi, d'un tratto, abbiamo iniziato ad ansimare. La sua mano fra le mie cosce aperte. Una spinta soltanto. brusca. Poi, lui immobile dentro di me: un lungo gemito mentre m'inarcavo accogliendolo nel ventre. Siamo rimasti così, vigili e abbandonati alle reciproce contrazioni che, come onde calde, s'infrangevano tra i nostri corpi incastrati. Ci siamo posseduti e penetrati con una flemma esasperante, con le mutandine abbassate appena sotto le cosce, la sua stretta intorno ai fianchi e i suoi affondi sempre più concitati e rapidi. Abbiamo goduto quasi subito. 

"Voglio fotterti, Ines", gemeva roco muovendo il suo corpo febbrile sul mio, nudo ed esposto, scosso da fremiti e sospiri mentre mi penetrava.

"Sei bella e le cose belle si ha voglia di fotterle".

In questa camera d'albergo, con una gamba sollevata sul bordo del lavandino, poco fa lui mi ha scopata con la furia di un animale in calore. Stavolta mi ha fatto male perché non mi aspettavo d'essere ragginta alle spalle mentre, ancora nuda e gocciolante, cercavo un asciugamano intorno al quale avvolgermi dopo una doccia rigenerante. Aveva una strana febbre addosso, mi ha piegata sul marmo freddo e il suo sesso turgido si è fatto largo tra le mie natiche con un solo colpo, strappandomi un urlo di stupore misto a sofferenza. 

Ho dovuto inumidire due dita ed immergerle nella vagina, dandomi piacere per lenire il dolore che ogni suo affondo mi procurava. L'ho sentito trasalire sulla mia schiena e stringermi una coscia contro il lavandino mentre mi penetrava con incontrollabile foga. E' venuto gridando il mio nome, colando copioso tra le natiche e inondandomi di rivoli caldi l'interno delle cosce. Su una delle quali mi è rimasto un livido viola. 

Sdraiati sul letto l'ho pregato di parlarmi.

"Dimmi qualsiasi cosa, basta che mi parli", gli ho chiesto scivolando lungo il suo corpo, sostando sui capezzoli che ho leccato, succhiato, eccitato con i denti e con la lingua; poi sono scivolata verso l'addome, inumidendo ogni centimetro di pelle che incontravo durante il tragitto che mi ha portata al suo sesso rilassato.

Ho soffiato sulla peluria bruna e rivolgendogli uno sguardo, gli ho restituito il sorriso complice. 

"Che cosa fai?", ha domandato con la voce impastata d'eccitazione. 

"Dimmi cosa provi se faccio così...", ho sibilito appoggiando le labbra sulla punta che ho bagnato con qualche goccia di saliva.

"Cristo, Ines...", ha imprecato scosso da una contrazione che ho avvertito attraversargli il pene sensibile e reattivo ad ogni più piccola sollecitazione. 

"Adesso te lo prendo in bocca", ho sussurrato ricambiando il suo sguardo lussurioso.

"Dimmi se ti piace".

Ho schiuso le labbra testandone la consistenza, l'ho bagnato ancora con la lingua e la testa ha preso ad andare avanti e indietro, ma piano, per non perdere nessuno degli spasmi, nessun dettaglio della tensione che lo faceva crescere e spingere smanioso nella mia bocca.

Lui, roco, si lamentava, mi pregava, gemeva di piacere, illanguidito nel suo stato di erezione mentre lo cospargevo di saliva e muovevo la mano lungo l'asta turgida, imprimendogli un ritmi sostenuto, alternato alle mucose della bocca, alla lingua, alle dita... 

Lo eccitava più di quello che gli facevo, forse vedere come mi adoperavo per eccitarlo .

"Vienimi sopra", mi ha intimato in un rantolo eccitato.

"Ho voglia di venire... Fammi venire".

Mi ha stretto le mani intorno ai fianchi mentre allargavo le cosce, sistemandomi sul suo grembo.

"Lo sai che mi fai bagnare?", mi sono lasciata sfuggire in un gemito voluttuoso, sfregando il membro caldo sulla vagina.

"Lasciami giocare un po'...".

Ho iniziato ad accarezzarmi un seno, passando più volte il pollice sul capezzolo turgido, abbassandomi impercettibilmente sul sesso di lui ed estraendolo quando il piacere s'intensificava. 

Lo sentivo ansimare e ansimavo con lui, agognando l'attimo in cui l'avrei avuto dentro. Ma l'attesa era più dolce... era snervante, perché io  amo la tensione che pervade i nostri corpi quando sanno che da lì a breve si penetreranno fino a fondersi l'un l'altro. 

Ho lubrificato l'apertura dell'ano con due dita e ho guidato il pene gonfio e durissimo tra le natiche, scendendo a prenderlo fin nelle viscere. I nostri gemiti all'unisono, sempre più concitati e sostenuti, il suo respiro affannoso e la mia schiena che si fletteva all'indietro mentre con una mano mi masturbavo la vagina. Sono venuta così, portandolo all'orgasmo con la semplice visione del mio corpo che risaliva e scendeva sul suo sesso, offrendosi a lunghe penetrazioni, ondeggiando i fianchi, tenendolo dentro mentre sentivo le sue contrazioni pulsare tra le mie pareti fradice di umori. 

L'ho sentito gridare il mio nome, emettere un suono gutturale d'appagamento intenso mentre il suo sperma mi allagava le viscere, colando inarrestabile ed insinuandosi a fiotti tra le natiche, mentre lo facevo uscire guidandolo fra le cosce che ho serrato intorno alla sua virilità attraversata da spasmi e contrazioni sempre più violente. Ha continuato a venirmi dentro mentre avvertivo il sopraggiungere di un altro orgasmo, fragoroso, sullo scemare del primo. L'ho cavalcato selvaggiamente, offrendo i seni alla sua bocca avida, spingendo i fianchi contro i suoi mentre incollavo le labbra alle sue, facendomi penetrare da un bacio languido e lussurioso. 

Siamo esplosi insieme, sopraffatti da un orgasmo potente, violento. bellissimo. al culmine di un amplesso estenuante. 

Il mio nome è Ines. Ho una rosa bellissima che si sfoglia petalo dopo petalo fra le cosce. Casta e pura, lei. Ho un uomo innamorato della mia rosa. E' sempre bagnata. In questa stanza d'albergo c'incontriamo tutti i martedì e i venerdi da sedici mesi a questa parte. L'ho già detto, lo so. Da sedici mesi, durante il tragitto in macchina, aspetto che scatti il rosso di un semaforo per frugarmi sotto le mutandine, eccitata e vogliosa. Mi procuto orgasmi violenti. Quando il piacere si fa implacabile, accosto in qualche stradina secondaria e mi masturbo sul cambio. Lo muovo avanti, dietro... vengo.

Mi piace penetrarmi, mi piace sentire un corpo estraneo che mi entra dentro, che mi attraversa la carne fino a farmi grondare di piacere. Voglio che lui trovi la mia rosa già bagnata quando deciderà di immergervi le dita e io le leccherò. Non resisto all'idea di lui che non resiste dalla voglia di mettermelo dentro. 

Il suo stelo dentro la mia rosa.

Quale immagine più poetica di due corpi che si scopano? 

Nell'ardore ci si scambia i vestiti, ci si spoglia dell'anima che ci si alterna, indossandola nell'atto supremo, il più intimo ed estatico. Mentre ci si fotte a vicenda.

L'anima. Anche quella.

 
 
 

Lolita, disperazione mia...

Post n°19 pubblicato il 26 Aprile 2011 da NudaParola
 
Tag: Viola


Guardavo il suo sesso lucido e duro uscire dal mio corpo e tornarmi dentro fino alla base del pene, la mia schiena che si fletteva inarcandosi  e un gemito che sfuggiva alle mie labbra socchiuse mentre lui badava a tenermi le gambe ben divaricate lungo il perimetro del tavolo. Era enorme ed io così piccola ed esile, riuscivo a prenderlo tutto... Vedevo i muscoli della vagina contrarsi e dilatarsi e intanto, sotto la camicia di seta sbottonata sul seno, inumidivo le dita con della saliva e bagnavo un capezzolo, testandone il turgore sotto i polpastrelli premere e smaniare, come l'altro esercitava una pressione evidente contro il tessuto serico della camicetta. 

"Avanti, voltati", mi ha intimato a un certo punto la sua voce roca tra i capelli, leccandomi il lobo di un orecchio.

"No...", la mia debole protesta.

"Ti piacerà. Voltati", la sua insistenza febbrile e spazientita m'inquietava e, al tempo stesso, mi faceva bagnare ancora di più.

"Vuoi che finisca di spogliarmi?", incerta la mia voce ansimante.

"No. Voltati e resta immobile. Ferma. Non fiatare".

Piegata a novanta gradi sulla grande superficie del tavolo, le gambe ben distanziate e la mia intimità esposta, mi sono sentita trasalire al contatto delle sue dita che si muovevano avanti e indietro, sollecitando vagina ed ano. 

Mi sono inarcata gemendo.

"Oddio...", mi sono lasciata sfuggire ad occhi chiusi quando il clitoride ha preso a pulsare violentemente.

Alle mie spalle, il suo ghigno compiaciuto.

Fingeva autocontrollo, ma riuscivo a percepire l'acuirsi della sua eccitazione dal sesso che avvertivo premere insistentemente contro una natica.

Mi sono sollevata sulle braccia, ho allargato ancora un po' le gambe e sono rimasta immobile, senza respirare; l'aria tutt'intorno la si riusciva a tagliare con il solo silenzio pregno di tensione ed attesa che s'insinuava tra i nostri corpi avvinghiati, nell'istante esatto in cui mi è scivolato dentro, forzando lo sfintere per insinuarsi madido e gonfio di voglia... e contro ogni mio timore infondato, ho scoperto che mi piaceva quell'aternanza di battere e levare, spingere, ritrarsi, affondare... Mi sono sentita ansimare più forte mentre con una mano guidavo la sua fra le cosce, facendomi penetrare, offrendogli il clitoride gonfio e dolorante mentre all'unisono vibravamo urtando ripetutamente contro il tavolo scosso dal nostro amplesso forsennato. 

"Davvero sono il primo?", mi ha chiesto arrochito all'orecchio mentre mi penetrava con una serie di colpi profondamente assestati.

Ho annuito, deglutendo a fatica.

"Sei dolce... mi piace", ho sibilato riversando la testa nell'incavo della sua spalla, languida e ormai vicina all'orgasmo.

"A nessun altro avevo mai permesso prima di prendermi così...".

"Godi... così poi vengo anch'io", ha mormorato la sua voce parlandomi sulla bocca.

Ho sentito la sua lingua inumidirmi le labbra ed insinuarsi in cerca della mia, creando un groviglio di splendide sensazioni che hanno raggiunto il loro acme unitamente al grido che le sue dita mi hanno strappato sfregandosi più volte sul clitoride, mentre la sua erezione pulsava febbrile al centro delle mie natiche, facendomi cedere le gambe, una contrazione dopo l'altra. 

La più violenta mi è esplosa nel ventre come una deflagrazione incontenibile: mi sono sentita sommergere da umori che hanno iniziato a grondare copiose. Un effluvio ormonale paragonabile allo straripare di una diga troppo a lungo sottoposta ad argini castranti ma non invalicabili. Non riuscivo a smettere di gridare e contorcermi nella sua mano. Sentivo il suo membro lacerarmi la carne e, quello che avrebbe dovuto essere dolore, mi faceva invece godere ed implorare. Lo sentivo enorme dentro di me, mi riempiva tutta e tutta volevo riempirmi del suo seme.  Ormai mancava poco. Davvero poco. Dopo qualche rantolo a precedere l'atto finale sublime e potente, la sua mano tra i capelli mi ha tirato la testa indietro, dopo avermi riversata sul tavolo supina: da quella posizione riuscivo a vedere i miei umori raggiungere il pavimento schizzando in ogni direzione e, per un lasso di tempo brevissimo, la mia vulva aperta e gocciolante. Dilatata, calda, così sensibile...  Lui continuava ad andare dentro e fuori, muovendosi avanti e indietro, dall'ano alla vagina e viceversa, ha gridato raggiungendo il culmine del mio stesso orgasmo. 

Ho gridato e sono venuta più volte, in successione rapida. Una vertigine caleidoscopica.

"Scoperai così solo con me", il suo tono concitato mentre si muoveva ancora nelle mie viscere.

"Lo capisci anche tu che non puoi scopare così con chiunque, vero? Tu sei la mia bambina".

Ho annuito, ottenebrata dagli effetti post orgasmici.

"Mia madre non ti fa godere, è così?".

Un ghigno trionfante mi ha schiuso le labbra inumidite dalla lingua.

"Non parlare così di tua madre", il suo tono severo a riprendermi.

"E tu non permetterti di darmi lezioni di moralità mentre mi stai ancora fottendo il culo, paparino".

L'ho baciato a lungo, voluttuosamente, fino a strappargli un mugolio d'eccitazione.

"Sei così troia...", ha mormorato palpandomi un seno sotto la camicetta aperta.

"Mi fai perdere la testa...". 

"Allora perché stai con lei?".

"Perché potresti veramente essere mia figlia".

Ha sospirato mentre cercava di ricomporsi.

"Invece sono la tua amante", gli ho rammentato raccogliendo con le dita qualche goccia del suo sperma dai rivoli che mi rigavano le cosce, cui le labbra hanno reso onore, suggendo avidamente un dito, poi due... 

"Smettila!", mi ha strattonata afferrandomi per un braccio.

Aveva il fuoco negli occhi. E io amo giocare con il fuoco: è un'attrazione irresistibile, è più forte di me. Abbassarmi e, contro ogni sua protesta, cercarlo con le labbra, testarne la consistenza e l'odore acre, la ruvidezza tenera e la pressione violenta del suo spingersi nella mia bocca mentre la sua carezza tra i capelli si fa pressione sempre più coercitiva e inappellabile. 

Con la lingua masturbargli la cappella lucida, con le dita stimolare il glande piano, fino a che una contrazione non porta un po' del suo liquido caldo dulle mie labbra. Poi chiudere gli occhi e percorrere l'asta interamente. Muovere la testa a un ritmo sempre più sostenuto, avanti e indietro, sollecitando più volte e a lungo la zona intorno al perineo, poi lì, insinuare piano un dito frattanto che m'inchiodo al suo grembo e lui mi spinge il suo sesso in gola, riversandomi fiotti di sperma che mi raggiungono a distanza ravvicinata e che mi cola in parte agli angoli della bocca. Lui esce e mi viene sul viso, sul seno... Mi strofina sul volto il membro lucido di umori. Sta ancora eiaculando. Lo ripeendo in bocca, lo succhio più forte e lui gode. Con un grido liberatorio che invano cerca di soffocare, mi viene in bocca.

E gode.

E godo...

 
 
 

L'infedele

Post n°18 pubblicato il 26 Aprile 2011 da NudaParola
 
Tag: Laura

Mentre si faceva succhiare un dito, insinuava la lingua, spingendola nella mia bocca. Con l'altra mano si stringeva intorno ad un seno, palpandolo pesantemente attraverso il golfino di cashemire. Con una mano, immobile sulla patta dei suoi pantaloni, sentivo la sua erezione lievitare e premere smaniosa contro il mio palmo.

Ero fidanzata con suo figlio da quasi tre anni. Scopavamo, sì... e mi piaceva la delicatezza dei suoi modi, la dolcezza con cui sapeva prendermi, le attenzioni che mi riservava... Il padre di D. era d'altro stampo. Era un uomo vero, amava sodomizzarmi e a me piaceva lasciarlo fare. Dettava lui le regole e io mi applicavo diligentemente per non contraddirlo, per eccitarlo. La mia faccia da troia gliel'ha sempre fatto diventare duro. Bastava un solo sguardo. Ci chiudevamo spesso in un portone o nel cesso di qualche bar e, seduta sul water e lui in piedi tra le mie gambe aperte, glielo tiravo fuori e lo spompinavo un po'. Mi piace quando un uomo mi viene in bocca. Mi fa sentire potente perché deciso io del suo piacere. tempi e modalità. O, dentro a un portone, mi stringeva in un angolo, girata di spalle, faceva risalire l'orlo della gonna fino all'inguine e me lo metteva dentro con un colpo secco. Da togliere il fiato. Mi piace farmi sbattere, mi fa impazzire quando gode dentro di me. Suo figlio è troppo attento, troppo cortese, troppo apprensivo... Pensa di conoscermi, ma non sa niente di me. Non sa che Laura si porta regolarmente a letto il marito di sua madre; ignora del tutto che la dolce Laura sia la stessa donna che frequenta insieme a suo padre i club privéè, che masturba altri uomini a luci soffuse mentre, piegata su un tavolo, si fa inculare dal suo focoso amante.

Con D, non potrò mai farli certi giochi. Non capirebbe, moralista com'è. Così borghese, perbene, a modo. Gli voglio bene, ma dopo aver fatto l'amore con lui mi chiudo in bagno e comincio a masturbarmi. La scorsa notte ho chiamato il mio amante, gli ho detto che non avevo goduto, che avevo voglia di farlo insieme a lui. Gli ho detto che avevo il vibratore tra le natiche, che lo stavo spingendo dentro e che mi stavo bagnando. Gli ho descritto le mie dita, fradice di umori, che avevo portato alle labbra e che stavo succhiando pensando al suo cazzo. Ho capito che si stava toccando dai gemiti soffocati e dal respiro sempre più affannoso. 

Mentre con il clitoride in fiamme, iniziavo a schizzare umori incandescenti sul tappeto ai miei piedi. Immergendo la faccia contro la spugna dell'asciugamano per soffocare l'orgasmo che mi strappava ansimi amplificati dalle viscere. 

Sono venuta mentre lui godeva e, gemendo, con la voce rotta dall'orgasmo, chiedeva di vedermi. L'indomani alle sei, davanti al garage di casa sua.

Non era ancora giorno e la consapevolezza che la moglie potesse svegliarsi o magari il figlio sorprenderci a scopare in macchina, ha alimentato la frenesia ed il piacere, portandoci più volte al culmine dell'amplesso, rapidamente, cambiando più volte posizione, lasciandomi penetrare ovunque il suo sesso riuscisse ad attraversarmi e a riempirmi. 

Con le tette trabordanti dal reggiseno e la camicetta aperta, la figa bagnata e le sue dita a masturbarmi mentre mi prendeva da dietro, contro il cofano della sua macchina, riflessa nello specchietto retrovisore posto in alto, all'interno del garage, mi sono vista e sentita troia come mai in vita mia. 

Mi fa venire continuamente, mi prende di testa... Per quasi un'ora mi ha tenuta a cosce spalancate, immobilizzandomi mentre mi contorcevo sollecitata dalla sua lingua, risucchiata dalle sue labbra. Un orgasmo multiplo di oltre cinquanta minuti. Lui sa che quando mi fa godere a lungo, poi lo scopo meglio. Tenendolo in erezione, con il cazzo che vorrebbe esplodere per poi rallentare, per posticipare il suo orgasmo e riprendere daccapo a torturarlo. 

Quando infine raggiunge lo zenit del piacere, lo sperma schizza violento, fiotti caldi e vischiosi m'imbrattano il viso, mi raggiungono le labbra e il seno... Spesso mi piace prenderlo in bocca e lasciarlo venire nella mia gola. Lo ingoio avidamente, lecco ogni goccia del suo piacere e spesso la sua mano mi trattiene con fermezza la testa incollata al suo grembo per un tempo così lungo da respirare in apnea per non soffocare. 

Una volta l'ho lasciato spiarmi mentre nuda, avvinghiata ai fianchi di suo figlio, lo cavalcavo furiosamente. Era stato lui a chiedermelo. E ho lasciato che guardasse mentre D. emetteva suoni gutturali feroci eiaculandomi nel ventre. 

"Facciamo un gioco... resta così, immobile", ho ansimato all'orecchio del mio fidanzato, legandogli una benda nera intorno agli occhi.

Mi sono voltata giusto un attimo, lanciando un'occhiata d'intesa all'uomo alle mie spalle e mi sono allungata sul corpo di D., scosso da intense contrazioni mentre ondeggiavo sopra di lui spinendo il busto in avanti per portare in alto le natiche. 

Ho sentito le sue mani che mi afferravano per i fianchi e, con un solo colpo di reni, un altro membro insinuarsi e riempirmi le viscere del suo turgore prepotente e furioso.

E' una sensazione che non saprei neanche descrivere: sentirsi riempire da due uomini contamporaneamente, manovrarne uno ed essere dominata dall'altro. 

Mi piace la tensione. Amo il rischio. Fa salire l'adrenalina a mille. 

Il mio amante mi ha graffiato la schiena, soffocando un grigo di piacere tra le pieghe del mio collo. Ma ansimava fortissimo, solo il mio ansimare rumoroso risciva a coprire il crescendo dei suoi rantoli mentre si svuotava dentro di me. 

Sono una donna immorale, ma traggo il massimo del piacere da ogni situazione che, quando non c'è, è eccitante creare. E' stimolante per qualsiasi rapporto sano.

Quella volta D. non si accorse di nulla e noi fummo bravi a godere senza che suo figlio notasse niente di strano.

Non ripetemmo mai più quell'esperienza: mi eccita l'imprevisto, l'eccezione. Se diventa una regola, oltre ad essere molto stupida e rischiosa, la trovo anche particolarmente noiosa. 

Tradisco il mio amante con suo figlio e quest'ultimo con tutti gli uomini che suo padre mi spinge ad incontrare, ai quali mi cede per una sera perché, anche quelli, fanno parte dei nostri giochi erotici. 

Anche D., in fondo, non è che uno strumento del mio piacere. Se lo lasciassi non avrei più ragione di continuare a frequentare suo padre. verrebbe meno la tensione nervosa ed emotiva che ci fa godere e ricercare appuntamenti nei luoghi e alle ore più impensate solo per scambiarci liquidi umorali, mucose e fluidi corporali. Io traggo il piacere da cose e persone, assorbo lussuria, lascio dietro di me scie di languore, marco il territorio con la voluttà dei sensi.

Non credo nella fedeltà, sono un'anima randagia, un essere lascivo che ha bisogno, come si nutre una pianta di luce, d'essere nutrita costantemente, annaffiata da quel seme che mi sboccia in grembo facendo di me una dea. Io vivo di quel pezzo di carne che brama l'appartenenza delle mie labbra e che fa di me quella troia che apre le cosce o si fa scopare in bocca...

 

 
 
 

Passioni Pasquali

Post n°17 pubblicato il 24 Aprile 2011 da NudaParola
Foto di NudaParola

Si chiama body paint l'arte del disegnare/si addosso.

Tutta la mattina non ho fatto che imbrattare e imbrattarmi ché, si sa, non si può certo dire ch'io sia il tipo da festeggiare secondo riti canonici ogni benedetta (?) festa comandata (termine che genera in me qualche malcelata insofferenza...).

Non amo le ricorrenze. Mi sono divertita a dipingere le uova, ma non mi divertivo abbastanza... sicché sono passata a ben altra duttile materia. Divertente, si... ma dovrò inventarmi qualcos'altro nel pomeriggio. Un'amica (che evidentemente mi conosce bene) mi ha regalato un nuovo vibratore, di quelli computerizzati... una chiccheria! Penso che gli renderò onore nelle prossime ore, mentre molti di voi saranno ancora a tavola a rimpizzarsi di uova di cioccolato e colombe mandorlate, glassate, ipercaloriche.

Io, per mia fortuna, odio i dolci e preferisco imbandire ben altre tavole in cui godere. In maniera decisamente esponenziale rispetto ai vuoti che in tanti penseranno bene di riempire abbuffandosi. Occhio alla cioccolata: tra le controindicazioni per chi ne abusasse, è previsto uno spiacevole effetto lassativo con annesso arrossamento di tanti culetti...

Vado a sollazzarmi un po' di là... Se qualcuno volesse seguirmi, non lo faccia

Buona Pasqua gentili e annoiati navigatori!

  Il finto buonismo (a tutti i costi) delle feste comandate e gli orgasmi multipli (festivi e feriali!).

 
 
 
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