Creato da FrammentiDellessere il 15/06/2011

Caos ed Essere

Un viaggio, sette emozioni: l'essere e i suoi frammenti.

AREA PERSONALE

 

Per acquistare i Frammenti

clicca qui

oppure contatta l'autore.

 

Non si scappa da se stessi...

 

CONTATTA L'AUTORE

Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 45
Prov: RM
 

L’abilità della labilità

La giostra, il manicomio, muri bianchi e poi imbrattati, tinte stinte di un funerale ilare in cui il cadavere in rigoroso livor mortis pronuncia la blasfemia del suo trapasso...full immersion nei pensieri viandanti arrendevoli ma battaglieri, apnea costante di un istante in cui il verbo cambia sembiante...riemergere dal flutto, rielaborare il lutto, essere messia e sinestesia col virtuosismo monco di chi arranca a respirare...

 

ULTIME VISITE AL BLOG

aliceparlallalunaPolvereRugiadagradiva1940smigol.ilmiotessorooColazioneda_Tiffanyalpa.italiawoodenshipOssimoro_Tossiconeko26att.infostradaonly4wordsmauafelLa_Cura_dglporca.pu.pazza
 
Citazioni nei Blog Amici: 5
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 

I MIEI BLOG AMICI

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 

 

« Lontano dall'oltretratto da "Frammenti - ... »

abitudine

Post n°8 pubblicato il 23 Giugno 2011 da FrammentiDellessere

Eterno ritorno dell’uguale. L’abitudine respira sulla mia pelle ovattando la percezione della luce.  Calpesto le mie stesse impronte perdendo pensieri sull’asfalto della ridondanza. Mi sfuggono, come se il loro scorrere appartenesse ad una dimensione parallela nella quale la clessidra è regolarmente posta nella sua fierezza verticale che ingoia la sabbia, e con essa il moto rettilineo degli eventi. Cammino, ma la scenografia intorno resta immutata. Ho l’impressione di percorrere un enorme tapis roulant che impedisce al passo l’ardore dello spazio. Il sole di rimpetto,  coricato sull’asse trasversale della terra, allunga le ombre dietro le mie spalle, ed un mondo oscuro inscena con maestria la sceneggiatura, emulando il palcoscenico ed il mio movimento. Maledetto sole! Per quanto io possa camminare resta sempre equidistante dal mio affanno, amplificando la sensazione ossessiva di un dinamismo apparente che in realtà - pur avvertendolo sui muscoli - è simbiotico alla stasi. Avanzo ma sono immobile, mi logoro ma invano, porto un piede davanti all’altro, con costanza e un po’ di inerzia, ma la mattonella calpestata è identica a quella precedente. È un demone l’abitudine. La ritrovo nell’odore di urina all’angolo del marciapiede, la scruto tra le saracinesche a mezz’asta e quelle già totalmente sollevate, la interrogo mentre mi ripropone per l’ennesima volta l’occhio magico in cui guardare distratto il solito carosello di cemento e verde avvelenato, ne riconosco l’espressione sul ritorno regolare di volti immersi nello stesso giogo . Abitudini che si legano in un complesso gioco di spinte centrifughe, ma prevedibili, che costruiscono la rete di connessioni con cui plasmare il prototipo da riprodurre in serie, ridicolizzando i giorni ed il pianto della luna. Osservo il mio riflesso nel vetro opaco del treno. Lo guardo attentamente e con estrema tenerezza perché ho come la certezza che quell’immagine, a tratti talmente evanescente da proiettarsi verso l’interno del vagone successivo, sia in realtà tutto ciò che in questo momento riesco a possedere. Fuori dal finestrino il paesaggio scorre, non troppo velocemente, ma quanto basta per renderlo un disegno amorfo dimenticato dal tocco dell’istante successivo. Eppure dovrei conoscere a memoria quella successione regolare di stradine e stazioni – e probabilmente la conosco per davvero – ma credo che l’abitudine funzioni proprio in questo modo: appiattisce il flusso fino a renderlo un unico ed insopportabile loop, che non avendo termini di paragone con i quali raffrontarsi, congiunge l’essere tutto con l’essere niente, perdendo la propria consistenza fino quasi a diventare l’apparizione incerta di un sogno in cui svanire. Mi domando se dovrei fermarmi, forse semplicemente sarebbe sufficiente questo: (forse) quando il dinamismo diventa stasi, la stasi potrebbe tornare vita…



 
 
 
Vai alla Home Page del blog

 

Ingoio la notte

Nella sua prospettiva dissonante

Placo la sete

Sotto le palpebre

Socchiuse

In quell’istmo inconsistente

Che tremula il desiderio

Di respirare luce..

Il fiato divarica le cosce

Sul bivio dell’insinuazione

Gocciola malinconia

Sull’altare profanato della luna

 

 

La purezza apre le cosce agli insulti della frustrazione, scabrosa la copula con i limiti dell’insoddisfazione in cui ritrovarsi immacolata e puttana, col ventre gravido di speranze consumate.

 

 

 

 

Barcollo

Estraneo ai miei stessi passi

Instabili

Come pensieri

In equilibrio

Sulla traccia del tuo abbandono

Annuso

La pelle dell’assenza

Tenera

Come la placenta

Di una patologia in travaglio

Che geme il respiro

Del suo incostante ritorno

Sbalordito

Il nonsenso

Naufraga ancora

Tra le vertigini delicate

Della memoria

 

 

Sull'incanto delle sue grazie scivola il piacere di un'euforia languida che taglia il silenzio col suono della sua pelle...dolce è la caduta nell'immagine di un profilo che diventa lare e venerazione...

 
 
 
 

prego 

la bestemmia 

di un giorno inesistente...


infinito 

il tempo 

che travalica l'istante...


l'attesa 

preme la sua vagina 

madida 

di promesse disattese 

sul palmo della frustrazione

e intanto fotto ogni attimo 

in un respiro 

che muore, 

per ogni sogno 

che muore...

 

 

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963