Creato da FrammentiDellessere il 15/06/2011

Caos ed Essere

Un viaggio, sette emozioni: l'essere e i suoi frammenti.

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Non si scappa da se stessi...

 

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L’abilità della labilità

La giostra, il manicomio, muri bianchi e poi imbrattati, tinte stinte di un funerale ilare in cui il cadavere in rigoroso livor mortis pronuncia la blasfemia del suo trapasso...full immersion nei pensieri viandanti arrendevoli ma battaglieri, apnea costante di un istante in cui il verbo cambia sembiante...riemergere dal flutto, rielaborare il lutto, essere messia e sinestesia col virtuosismo monco di chi arranca a respirare...

 

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« abitudineUna vita sotto controllo »

tratto da "Frammenti - dell'essere e dei suoi mali"

Post n°9 pubblicato il 28 Giugno 2011 da FrammentiDellessere

Un senso di impotenza mi scivola rapace sui muscoli, nervosi, contratti all’istante per l’amplesso abortito in petto. Il respiro affanna, lo avverto penetrarmi, ed è l’unica cosa che riesco a percepire, mentre indolenzito navigo i meandri di una ragione vacillante. La maschera si rapprende sul viso, tra carne e cera scende una lacrima che scava rabbia sugli incostanti confini della mia labilità. La sento esplodere nel profondo, divorando la  percezione dello spazio intorno. Marcio…marcio…marcio…lurido marcio elettrizzato nel disperato desiderio che mi prude rovine tra le mani. Mortifico l’impeto con la viscida incredulità della stasi. Catatonico nell’adimensionale attimo in cui mi cibo del mio veleno, sento parole. Non è la mia voce, no non lo è. Eppure lasento provenire dal cervello, roca, ovattata, strisciata sul malessere di questa sensazione. Mi ipnotizza, fissando sui miei occhi la vista del mio ospite. Avverto il fiato sul collo, inquietante come un ghigno sadico graffiato nel silenzio dei propri perché. Mi bracca. Lungo la nuca sento la sua lingua corrodere la pelle. Impietrito mi avvinghio alle mie paure, implodendo in gola l’urlo con cui diradare il manto denso del suo sudore. Sono io a sudare. Lui è me. Ingombra il mio essere con la sua perversione, è dentro, tra i ricami della mia psiche, metastasi di ragno sulle tele del pensiero. 

 

Nonsi scappa da se stessi...

 

ed io soffoco, compresso dalla sua presenza in uno spazio senz’aria, la succhia lui, anestetizzandomi fumo sulla volontà. Ottenebrata la ragione, un solo senso scorre nelle vene, e represso si perde tra i cocci di quell’urlo strozzato.Vomitare, questo occorrerebbe, vomitare! Vomitare le parole che fomentano lo stupro col quale mi autopunisco, vomitare la cappa opprimente sputando fuori tutto il veleno, che si condensa in gocce di follia con le quali mi lecca i pensieri. Fuori dalle righe, in una reazione che trascende la decenza, simulo nell’ipotesi potenziale l’azione con cui pugnalare il demone nel momento in cui mostra il suo viso, lasciandolo stramazzare a terra, inerme tra i suoi umori. 

Ma perdo, puntualmente perdo, necessariamente perdo. 

Debole,trascino i passi sulla sagoma delle sue impronte. Mi rassegno alla sconfitta, e mi detesto, e mi insulto, e mi squarto i pensieri, mentre i pensieri squartano me…

 

non si può scappare da se stessi... 

 

e di sbieco mi soffermo con lo sguardo sull’ombra deforme di ogni mia pulsione.

 
 
 
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Ingoio la notte

Nella sua prospettiva dissonante

Placo la sete

Sotto le palpebre

Socchiuse

In quell’istmo inconsistente

Che tremula il desiderio

Di respirare luce..

Il fiato divarica le cosce

Sul bivio dell’insinuazione

Gocciola malinconia

Sull’altare profanato della luna

 

 

La purezza apre le cosce agli insulti della frustrazione, scabrosa la copula con i limiti dell’insoddisfazione in cui ritrovarsi immacolata e puttana, col ventre gravido di speranze consumate.

 

 

 

 

Barcollo

Estraneo ai miei stessi passi

Instabili

Come pensieri

In equilibrio

Sulla traccia del tuo abbandono

Annuso

La pelle dell’assenza

Tenera

Come la placenta

Di una patologia in travaglio

Che geme il respiro

Del suo incostante ritorno

Sbalordito

Il nonsenso

Naufraga ancora

Tra le vertigini delicate

Della memoria

 

 

Sull'incanto delle sue grazie scivola il piacere di un'euforia languida che taglia il silenzio col suono della sua pelle...dolce è la caduta nell'immagine di un profilo che diventa lare e venerazione...

 
 
 
 

prego 

la bestemmia 

di un giorno inesistente...


infinito 

il tempo 

che travalica l'istante...


l'attesa 

preme la sua vagina 

madida 

di promesse disattese 

sul palmo della frustrazione

e intanto fotto ogni attimo 

in un respiro 

che muore, 

per ogni sogno 

che muore...

 

 

 
 
 

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