Creato da old_bear il 19/04/2007
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Giochi a somma zero.

Post n°20 pubblicato il 26 Giugno 2007 da old_bear

Tra i rischi del condurre una vita di strada, c'è quello dell'autoemarginazione.
Mi spiego meglio. Se necessariamente i tuoi contatti interpersonali
vengono limitati alla cerchia di persona che hanno i tuoi stessi
problemi, è inevitabile l'essere risucchiati in una sorta di gioco
a somma zero.
Un gioco dove la vincita di un giocatore, presuppone la perdita
dell'altro.
Vincita e perdita, sommate assieme, ammontano a zero.
Qui giocatore e avversario sono la stessa persona; si può vincere
in sopravvivenza, ma inevitabilmente si perdono cose di primaria
importanza.
Anche se ho la "fortuna" di vivere questo tipo di vita a part time,
il mio gioco a somma zero, comporta la perdita di rapporti
interpersonali cha vanno dalla vecchia cerchia di amici, a quelli
più legati ad affetti e sentimenti.
Difficile coltivare le stesse amicizie, quando una sola volta davanti
a una pizza e una birra, comporta un onere pesante.
Impensabile poi, cercare la compagnia di una femmina
della stessa specie.
Inorridirebbe al solo presentarsi ad un appuntamento con
addosso gli stessi indumenti che porti da una settimana...

Per chi, come me, ha dei figli, la situazione non è certo delle
più rosee.
Ho la fortuna, lavorando, di avere qualche soldo in tasca a fine mese.
E almeno una volta, il piacere di investire con loro qualche
banconota per una pizza e una birra in loro compagnia, fa parte
del mio gioco a somma diversa da zero. La "perdita" di un po' di
denaro, è ampiamente soverchiata dalla loro impagabile presenza.

Ho due figli. Saul ha 21 anni. E' un ribelle per natura, uno capace
di farsi venire un attacco di colite, se vede qualche cosa di storto.
In attesa di una chiamata nei Vigili del Fuoco, dove stanzia in
graduatoria aspettando che un governo qualsiasi decida gli stanziamenti
necessari, si arrangia come può tra gli ingranaggi di un precariato
sempre più precario.
Si deve purtoppo convivere con queste forme di sfruttamento.
Almeno finchè non verrà riscoperta una virtù ormai scomparsa
dalla nostra società:la capacità collettiva di indignarsi e ribellarsi a
questi meccanismi perversi.
Temo, purtoppo, che la sua colite diverrà cronica.

Sotto quest'aspetto, il fratello Aljosha, più giovane di 361 giorni,
è più fatalista e rassegnato. Ne gioverà la sua colite? Oppure la sua
stazza imperiale da lottatore greco-romano, prima o poi esploderà
in un ribelle: BASTA!, liberatorio?
Intanto frequenta i corsi universitari di Economia, e segna qualche punto
sul libretto degli esami.

Sono orgoglioso di loro, inutile dirlo. E spero non siano le uniche
anomalie di una generazione che crea dei disadattati, se solo non
hanno il bordo della mutanda Kalvin Clein, che spunta dai jeans
Richmond...

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"La vita è un gioco la cui prima regola è: essa non è un gioco, ma una
cosa seria."
Alan Watts

 
 
 
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