Creato da old_bear il 19/04/2007
vite border line
 

 

L'intervista

Post n°25 pubblicato il 10 Agosto 2007 da old_bear

Un mercoledì
di febbraio umido e uggioso, il telefonino squillò.


“Si, pronto?”


“Ciao Gaetano,
sono Roberto!”


“Heilà,
don! Come va?”


Vi ho già
parlato di don Roberto, un'amicizia nata tra un panino, due
chiacchiere e molta simpatia.


“Senti Gaetano,
mi hanno chiesto un'intervista per il Secolo XIX sulle nuove povertà.
Ho pensato a te... accetteresti?”


Ci pensai un poco,
poi risposi.


“Sì don.
C'è troppa gente che fa finta di non vedere il problema. Spero
possa servire a quelli che vivono in strada come me. Con me.”


“Ci contavo!
Allora stasera a Brignole, va bene?”


“Bene don, ci
vediamo stasera!”


La mia giornata
sul lavoro, trascorse con un po' di agitazione legata alle
aspettative di quella sera.


C'erano così
tante cose da dire, che mi sembrava scrupolo personale il farne mente
locale, cercando di non dimenticare nulla.


La sera a Brignole
arrivò, col suo rito consueto della distribuzione dei panini e
la sua consueta marcia dei poveri cristi con gli stomaci rumorosi.


In un attimo di
calma, il don mi presentò due ragazzini, fino a quel momento
rimasti in disparte.


Un ragazzo con una
macchina fotografica formato magnum, probabile regalo di un fresco
diploma, la cui vendita avrebbe risolto un bel mucchietto di problemi
miei e di quanti mi stavano attorno.


Assieme a lui, una
graziosa ragazzina sua coetanea, con regolamentare taccuino e penna
per gli appunti. L'ennesimo tributo ad un precariato, che vuole –
tra l'altro – spiccate doti di fantasia per inventarsi un lavoro.


“Piacere signor
Gaetano, io sono Roberta del Secolo XIX. Lui è Francesco,
fotografo...” l'interruppi subito.


“No, niente
fotografie per favore. La mia scelta di parlare con voi, è già
abbastanza onerosa, anche senza apparire con una fotografia.”


“Capisco, signor
Gaetano. Niente foto.”


Il ragazzo con
l'aria delusa, spense la macchina e mise il tappo sull'obbiettivo.


Mi spiacque per
lui, con tutta probabilità quella sera non avrebbe guadagnato
un centesimo, con la mia faccia.


La ragazza
riprese: “ Don Roberto ci ha già accennato della sua storia,
ma vorremmo sentirla in prima persona... Vuole che usiamo un nome di
fantasia?”


“Ma no! Qui la
fantasia c'entra ben poco, e comunque anche con uno pseudonimo, la
storia è facilmente riconducibile a me. Va bene Gaetano.”


“Bene. Inizi
pure, allora!”


“Beh, la mia
storia personale, tutto sommato, è piuttosto banale...
Considerando che, secondo la CEI, ci sono circa 7 milioni di persone
nel nostro paese, che vivono in stato di povertà, e almeno
altrettanti border line. Persone a rischio di finirci... Ma sono dati
molto più bassi della situazione reale.”


“Perché
dice così? Su che dati si basa?”


“Semplice: mi
baso su ciò che vedo. I dati della CEI, si riferiscono a
persone che, in qualche modo, si rivolgono ai centri di ascolto o
alle varie associazioni legate alla CARITAS.


Ma ce ne sono
molti che non lo fanno per svariati motivi: perché si
vergognano; perché provano a uscire da certe situazioni,
magari finendo in mano agli strozzini; perché ricorrono
all'aiuto di parenti e amici... E poi tutta l'area degli
extracomunitari clandestini, per cui sarebbe rischioso comparire.


Questo vuol dire
che, con un calcolo approssimativo, un terzo dell'intera popolazione
del nostro paese se la passa nella m... hem!, molto male.”


“E le cause,
secondo lei?”


“Anche qui, di
cause ce ne sono molte. Le principali sono l'avvento dell'euro,
avvenuto senza un controllo serio sulla levitazione dei prezzi, e che
ha di fatto dimezzato il potere d'acquisto di tutti; una selvaggia
precarizzazione del lavoro, che porta i giovani a lavorare per 5 o
600 euro al mese, e che serve come un'arma nei confronti di tutti gli
altri lavoratori, un' arma di ricatto per tenere bassi i salari,
credo i più bassi della comunità europea; un'esaperata
sottocultura dell'apparire...


Pensi che solo 10
o 15 anni fa, la famiglia tipo: due persone con lavoro fisso e due
figli, erano il nucleo portante di questa società. Riuscivano
a pagare un mutuo per la casa, ad allevare e permettere l'istruzione
dei figli, ad acquistare un'automobile a rate, a concedersi un po' di
vacanze, e al fine, ad avere qualche risparmio da parte. Oggi lo
stesso nucleo famigliare, con due stipendi medi di 1000-1200 euro, è
un soggetto a rischio povertà!”


“Il quadro è
chiaro... Ora vuole raccontare la sua storia?”


E da lì
iniziò il mio racconto, ormai trito e abusato, delle mie
vicende, i miei bivi sulla strada, e le mie scelte spesso sbagliate.





Due giorni dopo
l'intervista venne pubblicata. O meglio, in un rettangolo 13x10,
venivano riportati stralci delle mie disavventure, condite in salsa
pietistica. Di tutto il resto: nulla.


La mia delusione
fu tale, che non ebbi neppure la forza d'incazzarmi. Ormai il sasso
era stato tirato nello stagno. Impossibile ritrattare.

 
 
 

Lezione di economia spicciola

Post n°24 pubblicato il 19 Luglio 2007 da old_bear

Quella sera tornai tardi al Grand Hotel delle Palme. Trovai Sandro stranamente introverso e scontroso. Neppure mi salutò.
Conoscendo da tempo il suo carattere gioviale e la sua disponibilità, pensai non stesse bene.
"Cos'hai Sandro? Stai bene?" chiesi, dopo qualche manovra di avvicinamento.
"Sono troppo leggero! Ecco cos'ho!" rispose lui con un tono di voce tra l'incazzato e il preoccupato.
"Leggero? Hai freddo?" chiesi preoccupato.
"Ma non dire fesserie! La colletta oggi è andata male, ho raccolto pochi spiccioli. Sono troppo leggero... e domani è domenica!".
Sandro faceva "colletta" davanti ad un supermercato nella zona. Tutti ormai lo conoscevano e gli lasciavano qualche monetina.
Occasionalmente rimediava un extra portando le sporte della spesa a qualche nonnetta, senza contare i contributi in "natura".
Qualche scatoletta o una bottiglia di vino buono, sempre da dividere con gli amici.
I suoi affari, però, da qualche tempo erano in trend negativo.
Decisi di buttarla sullo scherzo, tentando di sollevargli il morale.
"Belin! Ma Sandro, se qualcuno ti allunga 10 euro che fai? Vai di corsa a cambiarli in monetine, perché è troppo leggera?"
"Ridi, ridi... Il problema è più grande di quanto immagini, amico mio. Fino a poco tempo fa tutti davano poca importanza alle monetine.
Vorrei vederli al mio posto, quando ti mancano 10 centesimi per comprare le sigarette, e il tabacchino te le nega... Oppure quando ti servono per un panino, e ti tocca pregare per avere uno sconto...". Si accese l'ultima sigaretta, scagliando via il pacchetto con rabbia.
"...Ora la gente comincia a starci più attenta. Sono tempi difficili per tutti, e soprattutto per chi vive di colletta." disse fumando.
Poi continuò.
"Sentire il peso delle monetine in tasca ti dà la consapevolezza di quello che puoi o non puoi fare. Senza contare che mentre cammini cantano, e ti tengono compagnia. Io sono troppo leggero, e le mie tasche non cantano. E domani è domenica  e sarà difficile comprare le sigarette.".
Alla fine spense il mozzicone, si avvolse ne sacco a pelo e dopo pochi minuti già dormiva.
Io riflettei come al solito sulle sue parole, fumando la mia sigaretta della buona notte. Poi dal mio borsellino presi qualche moneta, le lasciai scivolare dentro le sue scarpe e dopo un po' mi addormentai anche io.
Meglio un po' più leggeri in due, che troppo leggero da solo... 

 
 
 

Ospiti indesiderati.

Post n°23 pubblicato il 06 Luglio 2007 da old_bear

27 giorno di paga, ricco di promesse.

Andai alla cassa della Civica Tesoreria a cambiare il mio assegno, e decisi di festeggiare l'evento con una colazione da re, in un lussuoso bar di via XX Settembre.

Uno di quei locali che somigliano più a stroboscopiche discoteche, che a luoghi dove consumare un piccolo break in santa pace.

Per una volta non badai a spese, e mi concessi una sontuosa brioche ripiena di cioccolato e un latte macchiato. Mi auguro che, prima o poi, Piero Angela ci sveli il mistero del perché, a parità di ingredienti, un latte macchiato costi meno di un cappuccino...

Sopraffatto da quella beatitudine, mi concessi anche una visita al WC, stimolato dal relax e dal latte macchiato.

In un trionfo di specchi, luci e ottoni, porcellane grandi firme, annessi e connessi, per una volta decisi di soprassedere alle mille precauzioni necessarie a chi, come me, è costretto a servirsi di gabinetti pubblici. Mal me ne incolse!

Già nel pomeriggio, le prime fastidiose avvisaglie. La notte poi, fu un vero incubo.

Pensai, ridendo tra me: ho dormito in posti più improbabili, usato sanitari che, di quello, avevano solo il nome... ma le piattole me le sono prese in un bar extralusso, nella via più "in" di Genova!

E meno male che, con i soldi in tasca, potevo fare gli acquisti del caso.

Al mattino seguente ci misi un po', prima di trovare una farmacia che facesse al mio caso. Non che non ne trovassi nel tragitto, ma la ritrosia ad esporre il mio problema ad una donna farmacista, era troppo forte da sconfiggere.

Finalmente entrai.

La farmacia era piuttosto gremita, e aspettai il mio turno. Al dunque, chiesi al farmacista davanti a me di scostarsi un po' in disparte, e lo misi al corrente delle mie necessità.

Lui mi squadrò con un sorrisetto sardonico e, rivolgendosi alla commessa nel retro, ordinò ad alta voce: "Una confezione di XX, polvere antiparassitaria per il signore!".

Il mio rossore non fu certo attenuato, alla visione delle persone che si scostavano di un paio di passi attorno a me...

Presi il mio pacchetto, pagai, e mi avviai con tutto il mio imbarazzo verso l'uscita.

Cos'è l'intuizione delle grandi idee? Difficile dirlo, ma questa è ben rappresentata dalla lampadina che si accende nella testa dei personaggi dei fumetti. Un attimo sublime e fuggevole. Ma io l'afferrai assieme alla maniglia della porta.

Mi girai ed esclamai rivolto al farmacista: "...e mi raccomando, dica a sua moglie di lavarsi bene!".

I passanti che mi videro sghignazzare da solo per un lungo tratto di strada, credo non si fecero una buona opinione di me...

Ma da ogni esperienza c'è da trarre qualche insegnamento. Due, in questo caso.

Primo: mai fidarsi delle apparenze;

secondo: se devi salire su un autobus strapieno, nell'ora di punta, tieni una confezione di XX in mano e in bella vista. Troverai anche posto a sedere!

 
 
 

Un bel dì vedremo, levarsi un fil di fumo?

Post n°21 pubblicato il 27 Giugno 2007 da old_bear



I miei turni di lavoro non sempre mi permettono di fruire una cena calda in una mensa pubblica.
Capita perciò, di dover aspettare nella stazione centrale di Brignole, la distribuzione di qualche panino e un bicchiere di té caldo, da parte di qualche associazione di volontariato. Una lodevolissima iniziativa.
Peccato che gli orari siano piuttosto flessibili...

Quella sera arrivarono ben oltre le 22,30, e l'ultimo treno per Nervi e l'agognato Grand Hotel, era andato già da un pezzo.
L'idea di affrontare un lungo viaggio in autobus, non mi sfagiolava granché. Decisi, come fanno molti, di dormire su un treno in sosta.
M'incamminai tra scambi e binari morti, verso il poco distante scalo di Terralba, attento a non farmi scorgere dai sorveglianti.
Lì sostano i treni in attesa di manutenzione e pulizie.
Non lesinai sulle scelte, e mi concessi un bellissimo Intercity. Vagone di prima classe, naturalmente!
Era caldo e i sedili soffici. Srotolai comunque il mio sacco a pelo sul sedile, e pregustai una dormita con tuti i comfort.

Venni svegliato da una pedata. Due agenti dela Polfer, la polizia ferroviaria, mi puntavano addosso le loro torce.
"Ce li hai i documenti?" ringhiò uno dei due.
Mezzo rintronato, tirai fuori la carta d'identità dal portafogli, e gliela porsi. Mentre lui riportava diligentemente i miei dati su un taccuino, l'altro ringhiò a sua volta.
"Qui non si può stare! Prendi la tua roba e vieni con noi."
Guardai l'orologio: le 2.
"Ma agente, che fastidio dò? Voglio solo dormire un po'... e poi a quest'ora dove posso andare?"
La risposta non la capii. Sono ancora incerto adesso, se si trattasse di un pugno o di un manrovescio.
"Te lo debbo ripetere?"
"Ma che cavolo! Io vi denuncio entrambi!". Questa volta lo capii al volo: manrovescio.
"Mai sentito parlare di resistenza a pubblico ufficiale? E adesso muoviti, se non vuoi il resto!"
Ricomposi velocemente il sacco a pelo e lo zaino, presi il mio documento, e li precedetti a passo veloce nell'atrio della stazione.
Da lì "invitato" a uscire, perché la stazione è chiusa dalle 2 alle 5 del mattino.
Passai il resto della notte su un autobus, andata e ritorno da un capolnea all'altro, senza chiudere occhio. Quello non tumefatto.

La sera dopo tornare al Grand Hotel fu una liberazione.
Raccontai l'accaduto a Sandro, ormai mio confessore di fuducia.
"Ma perché fanno così?" chiesi.
"Perché sono dei frustrati." mi rispose "Magari sono entrati in Polizia per necessità, sognando di fare come Starsky e Huch, e si ritrovano a fare un lavoro di merda, per uno stipendio da fame."
"No, no... Intendevo dire: perché non ti lasciano dormire sui treni? Cha si fa di male?".
"Tu magari non te lo ricordi, non eri ancora in giro. Due anni fa un vagone a Terralba prese fuoco. Completamente distrutto. Ci trovarono dentro uno di noi, carbonizzato. Pare avesse un fornelletto da campeggio, e volesse scaldarsi una latta di minestrone. Un incidente."
"Cazzo!".
Poi riflettei meglio e chiesi ancora:
"Ma scusa... I materiali con cui li costruiscono, 'sti treni, non debbono essere per legge ignifughi, in caso d'incidente?"
Sarò tardo, ma non capii neppure la risposta di Sandro. Credo stia ancora ridendo.

 
 
 

Giochi a somma zero.

Post n°20 pubblicato il 26 Giugno 2007 da old_bear

Tra i rischi del condurre una vita di strada, c'è quello dell'autoemarginazione.
Mi spiego meglio. Se necessariamente i tuoi contatti interpersonali
vengono limitati alla cerchia di persona che hanno i tuoi stessi
problemi, è inevitabile l'essere risucchiati in una sorta di gioco
a somma zero.
Un gioco dove la vincita di un giocatore, presuppone la perdita
dell'altro.
Vincita e perdita, sommate assieme, ammontano a zero.
Qui giocatore e avversario sono la stessa persona; si può vincere
in sopravvivenza, ma inevitabilmente si perdono cose di primaria
importanza.
Anche se ho la "fortuna" di vivere questo tipo di vita a part time,
il mio gioco a somma zero, comporta la perdita di rapporti
interpersonali cha vanno dalla vecchia cerchia di amici, a quelli
più legati ad affetti e sentimenti.
Difficile coltivare le stesse amicizie, quando una sola volta davanti
a una pizza e una birra, comporta un onere pesante.
Impensabile poi, cercare la compagnia di una femmina
della stessa specie.
Inorridirebbe al solo presentarsi ad un appuntamento con
addosso gli stessi indumenti che porti da una settimana...

Per chi, come me, ha dei figli, la situazione non è certo delle
più rosee.
Ho la fortuna, lavorando, di avere qualche soldo in tasca a fine mese.
E almeno una volta, il piacere di investire con loro qualche
banconota per una pizza e una birra in loro compagnia, fa parte
del mio gioco a somma diversa da zero. La "perdita" di un po' di
denaro, è ampiamente soverchiata dalla loro impagabile presenza.

Ho due figli. Saul ha 21 anni. E' un ribelle per natura, uno capace
di farsi venire un attacco di colite, se vede qualche cosa di storto.
In attesa di una chiamata nei Vigili del Fuoco, dove stanzia in
graduatoria aspettando che un governo qualsiasi decida gli stanziamenti
necessari, si arrangia come può tra gli ingranaggi di un precariato
sempre più precario.
Si deve purtoppo convivere con queste forme di sfruttamento.
Almeno finchè non verrà riscoperta una virtù ormai scomparsa
dalla nostra società:la capacità collettiva di indignarsi e ribellarsi a
questi meccanismi perversi.
Temo, purtoppo, che la sua colite diverrà cronica.

Sotto quest'aspetto, il fratello Aljosha, più giovane di 361 giorni,
è più fatalista e rassegnato. Ne gioverà la sua colite? Oppure la sua
stazza imperiale da lottatore greco-romano, prima o poi esploderà
in un ribelle: BASTA!, liberatorio?
Intanto frequenta i corsi universitari di Economia, e segna qualche punto
sul libretto degli esami.

Sono orgoglioso di loro, inutile dirlo. E spero non siano le uniche
anomalie di una generazione che crea dei disadattati, se solo non
hanno il bordo della mutanda Kalvin Clein, che spunta dai jeans
Richmond...

§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

"La vita è un gioco la cui prima regola è: essa non è un gioco, ma una
cosa seria."
Alan Watts

 
 
 

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