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Post N° 79

Post n°79 pubblicato il 04 Novembre 2008 da erda
 

Omelia pronunciata da fra Frédéric Manns al funerale di fra Michele Picirillo ofm

Basilica di Sant’Antonio, Via merulana - Roma - 29 ottobre 2008




“Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga, che
è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutto il paese: Gàlaad fino
a Dan, tutto Nèftali, il paese di Efraim e di Manàsse, tutto il paese
di Giuda fino al Mar Mediterraneo e il Negheb, il distretto della valle
di Gerico, città delle palme, fino a Zoar. Il Signore gli disse:
«Questo è il paese per il quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a
Giacobbe: Io lo darò alla tua discendenza. Te l’ho fatto vedere con i
tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!».
Mosè, servo del Signore, morì in
quel luogo, nel paese di Moab, secondo l’ordine del Signore. Fu sepolto
nella valle, nel paese di Moab, di fronte a Bet-Peor; nessuno fino ad
oggi ha saputo dove sia la sua tomba. Mosè aveva centoventi anni quando
morì; gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto
meno. Gli Israeliti lo piansero nelle steppe di Moab per trenta giorni;
dopo, furono compiuti i giorni di pianto per il lutto di Mosè.”



Questo passaggio del libro del Deuteronomio Padre Michele lo ha
meditato tante volte mentre lavorava al Monte Nebo in Giordania. La
figura di Mosè gli era familiare a tal punto che ha marcato il suo
carattere. La sua forza, il suo dinamismo, la sua fede somigliavano a
quelle di Mosè.


Padre Michele quando si presentava ai
giornalisti ripeteva volentieri: sono un padre francescano di
Gerusalemme. Essere professore ed archeologo era per lui secondario. La
sua vocazione era di essere un francescano a Gerusalemme. In questa
definizione era contenuta la sua fede, la sua visione del mondo e la
sua teologia.

Sabato scorso il sinodo dei vescovi che trattava il
tema della Bibbia finiva i suoi lavori. La notte tra sabato e domenica,
Padre Piccirillo, che aveva finito da alcuni mesi il suo ultimo libro
sulla Nova Gerusalemme partiva per la Gerusalemme celeste.

Ho
voluto ricordare questo legame tra il sinodo sulla Bibbia e la Pasqua
di Padre Michele perché egli stesso era un innamorato della Bibbia. In
una conferenza fatta a Torino nel 2004 egli scriveva: “Esistono molti
modi per accostarsi alla Bibbia e per ricavarne il messaggio; oggi vi
parlerò di un modo tutto particolare: è quello di chi, come me, svolge
la professione di geografo – archeologo.

Secondo il punto di vista
di chi si occupa di queste discipline, la Bibbia è un libro
dell’antichità di cui si può dare una "lettura materiale", che
accantona per un momento il racconto e dà la priorità allo studio dei
luoghi e dei fatti storici: la raccolta dei dati inerenti luoghi e
fatti permetterà poi di intendere con maggiore esattezza il significato
del testo biblico.

Il testo biblico può essere studiato come storia
della salvezza, ma anche come "storia", e la storia per essere tale
deve essere legata a un territorio e a tempi precisi. Certamente questa
è la parte iniziale del discorso biblico, sul quale poi l’esegeta
lavorerà per capire correttamente il testo”.

Il sinodo dei vescovi ha trattato lo stesso problema, quello delle diverse letture della Bibbia.


C’è di più: Padre Michele era innamorato di Gerusalemme. Con il
Salmista ripeteva: “E’ mia madre, la’ sono nato”. Nonostante le
difficoltà politiche e le tensioni che esistono in quella parte del
mondo che tutti voi conoscete, Padre Michele nel dialogo quotidiano
faceva tutto quello che poteva per essere uno strumento di pace, come
lo voleva San Francesco. Dialogo con i musulmani e dialogo con gli
archeologi ebrei che conosceva e con i quali discuteva spesso. La
vocazione di Gerusalemme è di fare di due popoli un solo popolo di
figli di Dio. Essere figli di Dio significa rispettare l’altro, la sua
cultura, le sue tradizioni. Essere figli di Dio significa ricordare che
tutti saremo giudicati sull’amore concreto e quotidiano che avremo
dimostrato.


Dal 1960 Padre Michele viveva in Medio Oriente fra
Gerusalemme presso il Convento della Flagellazione, dove insegnava la
storia e la geografia biblica nello Studio Biblico, e il Monte Nebo in
Giordania. Era direttore del Museo archeologico nel quale sono
conservati importanti materiali ritrovati negli scavi archeologici
effettuati in Terra Santa. Al Monte Nebo, dove ogni anno arrivano
migliaia di pellegrini padre Michele dirigeva le opere di scavo ed i
progetti di recupero del Memoriale di Mosè. Dal Monte Nebo prendevano
avvio le campagne di scavi nel deserto della Giordania dove egli aveva
fatto importanti scoperte quali i monumenti bizantini dell’antica città
cristiana di Madaba e le rovine di Umm al-Rasas identificata con
l’antica città di Mefàa (fortezze moabita citata nella Bibbia nei libri
di Geremia e Giosuè) dove nel complesso delle chiese di S. Stefano sono
stati riportati alla luce alcuni splendidi mosaici risalenti ad un
periodo compreso fra il sesto e l’ottavo secolo. In Giordania padre
Michele aveva anche contribuito a far nascere una scuola per il
restauro del mosaico antico.

Per queste sue conoscenze padre
Michele veniva chiamato a tenere conferenze in tutto il mondo;
partecipava a numerosi congressi sull’archeologia cristiana e bizantina
della quale era uno dei massimi esperti mondiali.

Padre Michele era
autore di numerosi volumi dove vengono pubblicati i risultati dei suoi
lavori di scavo. Libri preziosi per la comunità scientifica
internazionale in quanto riportano scoperte che spesso costringono a
riscrivere la storia o confermano documentalmente fatti solo intuiti.


Nella presentazione del libro Abuna Michele francescano di Gerusalemme
di Franco Scaglia si legge: “Figura affascinante come la terra in cui
ha scelto di vivere per esplorarne i molteplici enigmi e contribuire a
trasformarla in un luogo universale di vera pace, Abuna Michele,
francescano di Gerusalemme, è la massima autorità archeologica della
Terra Santa”.


Padre Michele, da esperto archeologo, criticava spesso la falsa archeologia che cerca solo scoop televisivi:

“Ogni anno - scriveva - siamo di fronte a qualche falso ritrovamento
importante: prima la tomba di Caifa, poi quella di Giacomo, adesso
quella di Gesù. Il fatto è che quando arrivano notizie di questo tenore
dalla Terra Santa vengono subito gonfiate dai giornali. Ma sono solo
cose commerciali senza nessun fondamento scientifico”.



Duemila anni fa, un uomo, Gesù di Nazareth, figlio di un falegname,
professò “parole” di pace, dialogo, fratellanza, tolleranza… e venne
riconosciuto da molti come il messia, da altri come profeta, da altri
ancora venne messo in croce perché “rivoluzionario”. Oggi, i luoghi
della sua predicazione sono teatro di guerra, incomprensione, ostilità,
chiusura. Luoghi sacri alle tre religioni monoteiste unite e al tempo
stesso divise da quel lembo di terra così “arido” e così spirituale. In
questo contesto Padre Michele ha voluto seminare la pace di Cristo.


“Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
Da la quale
nullo omo vivente po’ scampare.
Guai a quelli che morranno ne le
peccata mortali!
Beati quelli che troverà ne le tue sanctissime
voluntati, ca la morte seconda no li farrà male.

 Laudate e benedicite
mi Signore, e rengraziate e serviteli cun grande umiliate”.

Mi
permetterete di concludere con un altra preghiera: a Gerusalemme,
quando il Signore richiama a se un suo servo, si dice questa
benedizione:

"Sia innalzato e santificato il nome del Signore, nel
mondo da lui creato secondo la sua volontà. Faccia regnare il suo regno
nella vostra vita e nei vostri giorni, e nella vita di tutta la stirpe
di Giacobbe, ora e sempre. Benedetto il nome del Signore, sulla terra e
nell’eternità. Sia benedetto, lodato, onorato, esaltato, magnificato e
glorificato il Nome del Santo, sia egli benedetto, oltre ogni
benedizione e ogni canto, oltre ogni lode e ogni consolazione che si
pronunciano in questo mondo".

Grazie, Padre Michele, per tutto
quello che hai fatto per lo Studio Biblico di Gerusalemme e per la
Chiesa madre della città santa.



Fonte:http://www.custodia.org/spip.php?article4136

 
 
 
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Data di creazione: 10/01/2008
 

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