Chimayra

L'armata perduta ora ritrovata

L'armata perduta di Cambise è uno dei più grandi misteri dell'antichità ed è anche il titolo di un documentario di Alfredo e Angelo Castiglioni, studiosi di etnografia ed archeologia che, da 40 anni, esplorano le aree più sperdute tra Libia, Egitto e Sudan, diventati celebri per la scoperta della città di Berenice Pancrisia.
Nel documentario i gemelli Castiglioni racconteranno come hanno raccolto le prove che gettano luce su una storia raccontata, secoli fa, da Erodoto. Fu proprio lo storico a raccogliere, dopo circa 80 anni, testimonianze su quella che sembrava essere una misteriosa sparizione. L'imperatore persiano Cambise II, figlio di Ciro il Grande, realizzò la conquista dell'Egitto sognata dal padre con una serie di campagne.
Nel 525 a.C., dopo aver sconfitto a Pelusio il faraone Psammetico, giunse a Tebe, dove divise l'esercito: una parte fu inviata a sottomettere gli Etiopi, l'altra si inoltrò nel deserto occidentale con meta l'oasi di Siwa, distante 800 chilometri. Siwa era un luogo considerato molto sacro, dal momento che era la sede dell'oracolo di Ammone, dio supremo del pantheon egizio, assimilato al dio-sole Ra. A lui erano dedicati i templi di Karnak e Luxor.
Erodoto nara che dopo 7 giorni, l'armata raggiunse una zona a 200 chilometri da Tebe, l'"isola dei Beati" (forse el-Kharga), poi puntò a nord, ma fu sorpresa da un vento insolito e potente, il khasmin, che può spirare anche per 50 giorni. Da quel momento dei soldati dell'armata di Cambise si perse ogni traccia.
Molti esploratori, nel XIX secolo, hanno cercato i resti di quest'armata fantasma, ma solo i gemelli Castiglioni sono riusciti a dare corpo e realtà a quella che sembrava sempre più una sorta di leggenda.
Ai tempi della XVIII dinastia esisteva una via carovaniera che collegava Tebe con il nord. Un percorso piuttosto lungo, ma che garantiva un attacco a sorpresa. I Castiglioni, dunque, si sono messi alla ricerca dei punti di rifornimento d'acqua. Le indagini condotte nel 1996 hanno confermato la presenza di sorgenti oggi disseccate ed hanno portato alla luce i resti di numerose anfore, sepolte ai piedi di una collina. Si trattava di un'oasi artificiale, predisposta in attesa dell'armata.
Sulle antiche mappe Siwa era indicata nel posto sbagliato, ad un centinaio di chilometri più a sud di quanto in realtà non fosse. Proprio questo errore geografico sarebbe stato determinante nel verificarsi della tragedia. Convinti di essere vicini alla meta, i soldati furono completamente presi alla sprovvista dalla tempesta di sabbia.
I gemelli Castiglioni, guidati da Gogos, un beduino che conosce bene ogni segreto del deserto, sulla strada che punta a Siwa però da un percorso mai battuto sinora, notano dei frammenti di ossa ai piedi di una falesia, trascinati, forse, da antiche piogge. Spintisi fino in una grotta, grazie al metal detector, hanno rilevato delle punte di freccia, i primi reperti persiani restituiti dal deserto.
I soldati di Cambise, bersagliati dal vento e dalla sabbia del khamsin, cercarono rifugio nelle cavità, dove morirono di fame e di sete. In una caverna lunga circa 35 metri ed alta 1,80 sono state rinvenute punte di freccia, un pugnale, parte del finimento di un cavallo, frammenti ossei e ceramici. Ad un centinaio di metri più ad est, coperti da un sottile strato di sabbia, sono emersi altri resti umani, un orecchino d'argento e le perle di una collana, sicuramente dell'epoca di Cambise.
Resta da capire perchè Cambise volesse conquistare Siwa. Forse per controllare il silphium, una pianta oggi estinta, che veniva utilizzata come farmaco. Quali che fossero le sue intenzioni, esse si risolsero in una completa disfatta e questo lo rese pazzo. Cambise morì in Palestina nel 522 a.C., in circonstanze poco chiare, durante il viaggio di ritorno in patria.