Post n°143 pubblicato il 05 Giugno 2010 da Kimayra
Rudolph Kuper, archeologo tedesco, ha datato il sito ad almeno 8000 anni fa ed ha asserito che gli stupefacenti disegni possono essere stati fatti da cacciatori-raccoglitori i cui discendenti, probabilmente, sono stati i primi abitanti della Valle del Nilo. La grotta si trova a circa 10 chilometri dalla "Grotta dei nuotatori", apparsa nel film "Il Paziente Inglese", e le sue immagini sono molte di più e meglio conservate di quest'ultima. Gli archeologi, ora, stanno cercando di ricostruire l'arco temporale per confrontare le tecnologie delle due popolazioni che, in tempi lontani, abitavano questi luoghi. Il Sahara orientale ha le dimensioni dell'Europa occidentale e si estende tra l'Egitto, la Libia, il Sudan ed il Ciad. E' il più grande ed arido deserto del mondo. Le precipitazioni medie, nel centro del deserto, sono inferiori ai due millimetri l'anno. Un tempo, però, la regione era molto meno arida. Verso l'8500 a.C. il clima era nettamente più piovoso e la regione era popolata da una savana che attraeva cacciatori-raccoglitori. Intorno al 5300 a.C., però, le piogge cessarono e gli insediamenti umani si ritirarono sull'altopiano. Nel 3500 a.C. gli insediamenti umani erano scomparsi del tutto, i cacciatori-raccoglitori si erano spostati verso est nella valle del Nilo, contribuendo a creare la civiltà egizia. Kuper ed il suo team stanno svolgendo accurate indagini geologiche, botaniche ed archeologiche attorno alla grotta dai dipinti misteriosi. Oggetto d'indagine sono anche gli strumenti in pietra e la ceramica, che saranno paragonati con quelli ritrovati in altri siti della regione orientale del Sahara. "Sembra che i dipinti della Grotta delle Bestie siano precedenti all'introduzione di animali domestici. Questo significa che essi sono precedenti al 6000 a.C.", ha detto Kuper. Le pitture preistoriche coprono una superficie di 18 metri di larghezza e 6 metri di altezza. La squadra di Kuper, nell'ottobre 2009, ha rilevato e fotografato la grotta con il laser, per poter avere immagini tridimensionali ad alta definizione. Un ulteriore test di scavo ha permesso di appurare che i disegni si estendono ancora verso il basso, sino ad 80 centimetri sotto la sabbia. |
Post n°142 pubblicato il 22 Maggio 2010 da Kimayra
![]() La tomba è stata ritrovata nella zona archeologica di Chiapa de Corzo, nel sud del Messico. Autori dell'importante ritrovamento un gruppo di ricercatori messicani e statunitensi. La sepoltura risale a 2700 anni fa ed in essa sono stati rinvenuti quattro individui, due dei quali con ornamenti di giada, utensili ed altri oggetti preziosi. Questro ritrovamento, a detta degli archeologi, consentirà di rivedere la cronologia di sviluppo delle antiche culture olmeca e maya e potrebbe rivelare l'antichità dell'uso delle piramidi come recinti funerari. Per la conferma della datazione dei reperti, si attendono i risultati degli esami del laboratorio, che verranno eseguiti sia sugli scheletri che sugli oggetti. La sepoltura piramidale conteneva una camera funeraria con un vano annesso. La piramide, un tempo, doveva essere alta tra i 6 ed 7 metri, con scale in terracotta ed un tempio sulla sommità. Gli studiosi hanno scavato ventiquattr'ore di fila, riuscendo a riportare completamente alla luce la tomba di 4 metri x 3. Uno degli scheletri rinvenuti dovrebbe appartenere ad un personaggio maschile di alto rango, almeno stando alla ricchezza dell'abbigliamento con il quale è stato sepolto. Un altro individiduo sembra essere un bambino di circa un anno, sepolto con molta cura. Il terzo è un giovane che sembra essere stato scaraventato all'interno della tomba. Forse si tratta di individui sacrificati per accompagnare il dignitario. Gli esami preliminari della dentatura dello scheletro del personaggio principale hanno permesso di attribuire allo stesso un'età di circa cinquanta anni, al momento della morte. E' stato sepolto con la testa rivolta a nord, la bocca coperta da una conchiglia e alcuni frammenti di giada e di conchiglie incastonate nei denti. L'uomo era abbigliato con oltre un migliaio di conti di giada di diverse misure, un gonnellino (perizoma) incrostato di minuscole perle, pendenti in giada di varie fogge, tra i quali uno a forma di ramarro e cucchiaini di stile olmeco, cavigliere, braccialetti, una maschera che doveva avere gli occhi di ossidiana verde, uno specchio di pirite e 15 vasi, alcuni dei quali con la superficie levigata di colore nero o grigiastro. Nel vano annesso alla camera principale vi era un altro sepolcro, di metri 2x3, contenente i resti di una donna, anch'essa dell'età apparente di 50 anni, con una conchiglia sulla bocca ed i denti incastonati di giada. La donna è stata sepolta con la testa rivolta ad est e sul petto le è stata poosta una lisca di razza. Anche la misteriosa donna aveva un ricco corredo composto di giada, perle, pendenti a forma di uccelli e scimmie, due vasi, uno specchio di pirite e conti di ambra. La quantità e, soprattutto, la varietà degli elementi e delle offerte ritrovate nelle sepolture, indicano gli scambi esistenti tra la regione centrale dell'odierno Chiapas con la valle del Messico, la Costa del Golfo fino al Guatemala, dove si trovavano i principali giacimenti di giada. |
Post n°141 pubblicato il 15 Maggio 2010 da Kimayra
Quando nacque Perseo, Acrisio non credette alla sua origine divina (l'eroe era figlio di Zeus, sceso sotto forma di pioggia d'oro sul grembo di Danae), per questo aveva chiuso madre e figlio in una cassa affidata alle onde del mare. I Romani credevano che Danae e Perseo fossero finiti, in prossimità del litorale laziale, nelle reti di alcuni pescatori che li portarono al re Pilumno. Quest'ultimo sposò Danae e con lei fondò la città di Ardea. Turno, re dei Rutuli, sarebbe stato uno dei discendenti di questa stirpe. Ovidio, invece, narra, nelle Metamorfosi, dell'airone, simbolo di Ardea, che rinasce dalle ceneri della città bruciata dai Troiani, vincitori dopo il duello tra Enea e Turno. Dionigi di Alicarnasso, infine, credeva che la fondazione di Ardea fosse dovuta all'eroe eponimo Ardeias, figlio di Ulisse e di Circe. Gli antichi facevano risalire le origini dei Rutuli, una popolazione locale, agli Etruschi. Rutulus, che vuol dire "rosso", è un nome etrusco e Turno, mitico re di Ardea, era tradotto in greco con Tyrrenos. La lingua di questa popolazione, inoltre, era molto simile a quella parlata a nord del Tevere e, pertanto, i Rutuli furono ritenuti Tirreni, vale a dire Etruschi. Massimo Pallottino, noto studioso dell'antica popolazione italica, ritiene che i Rutuli siano stati di stirpe latina, sebbene abbiano subìto un notevole influsso etrusco. I villaggi rutuli erano composti da piccoli gruppi di capanne a pianta ovale o circolare, con una struttura in legno, il tetto in paglia e le pareti di rami o canne ricoperte da intonaco di argilla. La particolare posizione geografica di Ardea, permise ai Rutuli di controllare le vie del traffico e di godere dei benefici dei traffici commerciali e culturali tra l'Etruria e la Campania, tra la costa e l'entroterra laziale. Sul litorale laziale, poi, gli antichi ricordano l'esistenza del celebre Afrodisium, un santuario cosmopolita dedicato a Venere ed uno dei più grandi empori commerciali dell'epoca, che permetteva il contatto tra il mondo latino e quello greco. ![]() Tito Livio racconta che, per impadronirsi del territorio e delle ricchezze dei Rutuli, i Romani attaccarono Ardea durante il regno di Tarquinio il Superbo. I Rutuli, però, respinsero l'attacco e la guerra si concluse, dopo la cacciata dei Tarquini da Roma e la caduta della monarchia, con un trattato di pace. Per rinforzare la città e proteggerla dagli attacchi dei Volsci, nel 422 a.C. venne insediata in città una colonia di Latini. Nel IV secolo a.C., prosegue Tito Livio, la città subì l'assedio dei Galli che avevano occupato Roma. Dopo aver sconfitto i Galli, i Rutuli, guidati da Furio Camillo, liberarono Roma. Nel 348 a.C., nel trattato romano-cartaginese, Ardea è nominata tra le città alleate di Roma. Nel III secolo a.C., durante la seconda guerra punica, Ardea fu una delle dodici colonie che rifiutarono ai Romani gli aiuti militari. In età imperiale la città fu nuovamente colonizzata dai Romani. ![]() Nel 1130 l'antipapa Anacleto II donò la civitas Areae ai monaci benedettini della basilica di San Paolo fuori le mura. Successivamente il controllo feudale della città fu oggetto di contesa tra le nobili famiglie romane. Nel 1419 papa Martino V donò la città alla sua famiglia, i Colonna. Il feudo passo poi ai Borgia per tornare nuovamente ai Colonna finchè, nel 1564, venne venduto ai Cesarini Tra i monumenti più importanti della città vi è, soprattutto, il cosiddetto Tempio dell'Acropoli, un edificio sacro di epoca arcaica dalle dimensioni notevoli (metri 33,40 x 21,70), che gli archeologi ritengono sia stato dedicato a Giunone Regina. Numerose terrecotte architettoniche arricchivano il tempio, a testimonianza di una vita ininterrotta per oltre 600 anni, a partire dal VI secolo a.C.. L'altro tempio dell'Acropoli, costruito in età ellenistica, si trova dove attualmente sorge la chiesa di S. Pietro. ![]() Nell'area sacra del Colle della Noce è stato individuato un tempio il cui arco di vita va dal VI secolo alla prima metà del I secolo a.C.. L'edificio era diviso tra: il pronao (o parte anteriore, pars antica) con otto colonne su due file; la parte posteriore (pars postica), con una cella centrale e due laterali, forse destinata ad accogliere i simulacri delle divinità alle quali era dedicata. Il tempio era costruito con mattoni ma aveva un'intelaiatura lignea, come di legno erano le colonne. Era riccamente ornato con lastre di terracotta a colori vivaci (rosso, nero e bianco avorio). Sotto il piano di calpestio del tempio sono, poi, emerse delle tracce di fori di pali e canalette che permettevano il deflusso delle acque, appartenenti a due capanne dell'Età del Ferro. Una di esse sorgeva sul punto più elevato, al centro della collinetta del Colle della Noce, con ingresso ad est. Anche il tempio presenta lo stesso orientamento. Sono state ritrovate, inoltre, numerose tracce di altre capanne, finora ne sono state identificate quattro. |
Post n°140 pubblicato il 12 Maggio 2010 da Kimayra
![]() Gli esperti ritengono che l'antica città di Luguvallium sia stata un importantissimo centro dell'Inghilterra del nord. Sono stati recuperati 2662 frammenti di ceramiche (tra le quali 442 scodelle celtiche), 536 monete romane, 30.250 frammenti di ossa animali, 11 punte di lancia, 32 punte di freccia, 21 spille, 9 pezzi di braccialetti, 10 forcine per capelli e 41 perline di vetro. I resti di legno e cuoio (pali, scarpe e tende) sono, a parere degli archeologi, i più sorprendenti. Il suolo umido ha preservato una serie di oggetti organici utili per ricostruire la vita del I-II secolo d.C.. E' stata ritrovata anche un'armatura nuova per il Regno Unito, fatta di piccole lamine di ferro. Il forte romano fu costruito tra il 72 ed il 73 d.C. e poteva ospitare 500 soldati. La documentazione esistente ha permesso di ricostruire, in parte, le abitudini dell'avamposto romano. Si cacciava regolarmente il cervo, si mangiavano soprattutto montoni e si giocava a latrunculi, la versione romana del gioco degli scacchi. Sono state trovate 12 pedine di vetro nere e bianche. Tra gli oggetti spiccano lamette, pettini e frammenti di specchio. Il forte venne utilizzato durante l'alto medioevo, dal 476 al 1000, anche se non è ancora chiaro cosa sia successo realmente in questo periodo, visto che, nel 1092, Guglielmo II d'Inghilterra costruì il primo castello medioevale dentro al forte romano. |
Post n°139 pubblicato il 12 Maggio 2010 da Kimayra
![]() L'edificio religioso venne costruito con i blocchi degli antichi templi tolemaici e romani, che una volta affiancavano l'antica via. I blocchi sono ben preservati ed alcuni recano raffigurazioni di re romani e tolemaici mentre sacrificano alle divinità egizie. Nella quarta sezione sono stati ritrovati dei vasi di terracotta del Nuovo Regno (1530-1080 a.C.) ed il nilometro, costruito in arenaria, cilindrico, di circa 7 metri di diametro. Il nilometro ha i gradini a spirale. Gli archeologi credono che il viale delle sfingi, lungo 2,7 chilometri e largo anche 76 etri, ospitasse almeno 1350 sfingi. Inizialmente fu costruito da Amen-hotep III (1410-1372 a.C.), fu poi ricostruito da Nectanebo I (380-362 a.C.), che sostituì le precedenti teste di ariete delle sfinge con una riproduzione della propria. Ritrovi antecedenti agli attuali, hanno messo in evidenza delle pietre decorate con l'effige del faraone Amen-hotep III, usate per installare le statue delle sfingi e per una cappella del sacerdote Min-Kheber-Re. |
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Inviato da: chiaracarboni90
il 06/06/2011 alle 11:10