<<<----Marco---->>>

...come un pesce abissale fluorescente...

 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Maggio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31    
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 2
 

 

« Messaggio #10thinking about a bug »

Racconti "Big Foot" (1°parte)

Post n°11 pubblicato il 01 Dicembre 2006 da CiamMarco

Dato che oggi inizia Dicembre, che è il mese della neve, delle piste da sci che aprono, del Natale, ma soprattutto del mio compleanno, ho pensato di regalare al popolo di internet una bellissima storia natalizia!





BIG FOOT





Tom Coleman era uno sbirro da strada. Alla Centrale gli avevano affibbiato il nomignolo di ‘’Big Foot’’ per via di quei suoi piedi grossi e piatti che trascinava lungo le strade di Ocean Beach, ad ovest di San. Francisco. Tom non era mai stato capace di superare gli esami di investigatore di primo grado. ‘’Troppo tonto! - dicevano i colleghi - Tonto e piatto come i suoi piedi!’’. Così faceva la ronda, manganello e torcia, pistola e mantellina, gironzolando dalle parte di Ocean. Il quartiere era quasi un paese, lontano dal ritmo frenetico del centro. Vi abitavano un sacco di pensionati, ma anche di sposini in cerca di tranquillità. Era presenteanche una nutrita colonia di asiatici. Bianchi e gialli convivevano senza troppe frizioni. Non per questo si potevano dormire sonni angelici: ci poteva scappare la rissa col morto in uno dei tanti bar della zona o un’aggressione nelle sere di nebbia fitta che i venti gelidi dell’oceano spingevano nell’entroterra. Anche lì lo stare all’erta, ormai, era diventato un modo di sopravvivere. Tom nel suo pattugliamento era coscienzioso, soprattutto da quando aveva perso la sua Lisa per un cancro. Era solo come uno degli alberi delle colline di San Carlos dove s’era rintanato dopo la morte della moglie. I primi tempi, devastato dal dolore, non riusciva nemmeno a distinguere, all’incrocio della Great Highway, il semaforo dall’ubriaco appoggiatosi contro. Si era ripreso lentamente, ma da allora si faceva assegnare quasi tutti i turni di strada, diradando più che poteva il lavoro da scrivania che gli toccava svolgere una volta alla settimana. I rapporti se li faceva scrivere da Bill, a cui sganciava qualche dollaro che finiva sui tavoli verdi. I ricordi ogni tanto gli affollavano la mente, ma aveva imparato a conviverci come con il timore del ‘’Big one’’, l’apocalittico terremoto che avrebbe seppellito la città. Evitava di passare, però, dalle parti del ‘’Buco’’, un minuscolo bar stretto fra un banco di pegni ed una lavanderia a gettoni. Ci andava spesso con Lisa per la sua atmosfera tranquilla. Il locale era semplice: pochi tavoli e qualche séparé. Erano diventati clienti fissi. Lui sorseggiava enormi beveroni di latte scremato e lei si scolava un paio di Bud Light, una birra molto scura, sgranocchiando noccioline contenute in ciotoline rosse come ciliegie. Fu lei a scegliere il bar. Ce n’erano di molti nella zona: ritrovi per gay, per artisti spiantati, per gente di passaggio e per benestanti; quelli per rimorchiare e quelli per intellettuali e zotici. Tutti con uno solo denominatore comune: la voglia di bere. Tutti anonimi: neon e slot-machine. Eccetto il ‘’Buco’’, dove si poteva parlare, guardandosi negli occhi. A Lisa aveva incuriosito quel posto incassato fra un pegni e una lavanderia e, sovente, ci ricamava su. ‘’ In fondo, se ci pensi bene, i tre locali lavorano in società. I poveracci, che riescono a spillare qualche dollaro impegnando le cianfrusaglie di famiglia, vengono qui ad annegare i dispiaceri nell’alcool. Poi, fuori, vomitano e si sporcano. Così l’ultimo cent. lo infilano nella fessura della lavatrice e. alla fine, ritornano puliti: dentro e fuori!’’..Il vento delle colline, il giorno prima, non era riuscito a disperdere verso l’oceano le nuvole raggrumate sulle cime.



Il grande mare le aveva rispedite al mittente. Così il cielo, completamente coperto, s’era deciso di scrollarsi di dosso tutta la zavorra, rovesciandola sulla costa per tutta la notte e per tutto il giorno fino a sera. La pioggia non aveva smesso di martellare la città per un solo istante. Fitta come una barriera di pesci, era rotolata dalle colline al mare, trasformando Ocean Beach in una laguna. L’umidità aveva intriso moderni condomini bilocali e vecchie villette nerastre di muffa. I residenti erano stipati al caldo delle loro pareti e dalle finestre non filtrava una lama di luce. I bar, anche se la clientela era scarsa, funzionavano a tutto regime. Tom, infagottato nella sua mantella scura e con in testa un berretto a visiera sgocciolante, percorreva la 47esima. Nel buio spiccavano solo le luci di Rallo, l’officina-autorimessa, e quelle di ‘’Hobb’s 24 Hours’’, il market più rifornito del quartiere. Il proprietario era noto come Slim, l’insonne, perché non chiudeva mai, neppure a Natale e il 4 di luglio. In giro girava voce che s’impasticasse per non dormire. Tom, impacciato nei movimenti dalla mantella e affaticato dagli stivaloni, che gli sformavano i grossi piedi, si muoveva come un palombaro. La mazza se l’era stretta alla cintura, per avere almeno una mano libera, perché l’altra, infilata in tasca, stringeva la pistola. L’esperienza gli aveva insegnato che, nei giorni di pioggia, era buona norma tenere slacciata la mantella all’altezza della cintura per arrivare subito all’arma. Molti colleghi, non erano stati capaci neppure di aprirsi il primo bottone, colpiti in piena fronte dal bastardo di turno. Tom raggiunse l’angolo della 47esima con la Lexington Avenue, dove la strada discendeva, ripida, fino al centro, le cui luci a malapena si scorgevano nel torbido scrosciare della pioggia, e ritornò indietro, riprendendo il giro. I marciapiedi, lucidi e deserti, parevano corsie di un’autostrada. Gli vennero incontro, sbucati chissa dove, saltellando la centro della strada, per evitare le pozzanghere, due ragazzi e una ragazza, stretti sotto uno striminzito ombrelluccio. La ragazza, esile e vestita tutta di nero, aveva un ciuffo di capelli di colore rosso. Il terzetto lo sorpassò, squadrandolo distrattamente. Solo la ragazza gli sorrise con lo sguardo. Tom non li invitò a servirsi del marciapiede e li scrutò fino a quando sparirono nel market di Slim. Continuò la ‘’passeggiata’’, mentre gli stivaloni gli mordicchiavano i piedi, rallentando di parecchio la sua andatura. Mancavano molte ore alla fine del servizio, ma queste si sarebbero srotolate pigre nelle striature dell’oscurità della strada. Sostò, per qualche minuto, sotto la pensilina di Rallo, che lo chiamò dal suo ufficio annegato nel fumo dei suoi sigari messicani: ‘’Ehi, Tom, entra. Ti offro un bel caffè bollente!’’. Non si fece pregare. Si lasciò dietro chiazze scure di umidità e impronte dei suoi piedi e s’immerse nell’accogliente tepore dell’officina. Si liberò del berretto e della mantella e avvicinò alle labbra la tazza fumante. Rallo era sulla quarantina, tre anni più vecchio di Tom, corporatura robusta e radi capelli biondicci. Indossava una tuta da lavoro sudicia su una camicia sgualcita bianca con il nodo della cravatta storto. Era un gran lavoratore. Tom osservava le piramidi di lattine d’olio, le auto in riparazione, quelle in custodia e i catorci usati in vendita per pochi dollari. Rallo s’accese l’ennesimo sigaro. ‘’Tutto bene?’’ - domandò. La pioggia continuava a trafiggere l’aria come un trapano. ‘’ Alti e bassi’’ - rispose - E a te come va?’’. ‘’ Non mi lamento. Stasera avrei potuto chiudere prima, ma ho un lavoro da sbrigare’’. Indicò un’auto, una Ford con i paraurti anteriori malandati e la carrozzeria ammaccata in più punti. ‘’ Impiegherai tutta la notte!’’ - disse Tom. ‘’ Non farti suggestionare dalle apparenze. Il proprietario se ne frega delle condizioni della sua auto. E’ venuto di corsa solo perché gli accomodi i sedili: gli servono per domani pomeriggio’’. ‘’ Che cosa è questa storia?’’. ‘’ Il nostro amico se la spassa e i sedili li usa spesso in posizione orizzontale e le molle si spaccano!’’. Tom sorrise, chiuse la mantella, si rimise il berretto, saluto Rallo, fasciato dalle volute del sigaro, e ritornò alla notte piovosa. Attraversò la strada e fu allora che sentì le urla. Nella caligine piovigginosa una sagoma scomposta corse nella sua direzione, poi, d’improvviso, si accasciò, bocconi, al centro della strada. Tom la raggiunse e la rigirò: era uno dei ragazzi incontrati poco prima. L’orrore aveva dilatato le sue pupille, ma non fu quello a ghiacciare il sangue di Tom. Il ragazzo aveva subito il taglio netto dell’avambraccio destro e il sangue fluiva copioso. Si sollevò, come stimolato da una scossa elettrica, e si diresse verso l’autorimessa. Tom lo inseguì, lo afferrò per le spalle e lo colpì alla nuca, stordendolo. Poi lo trascinò sotto la pensilina e urlò a Rallo: ‘’ Accendi uno straccio imbevuto di benzina, presto!’’. Rallo si lasciò cadere il sigaro e sparì all’interno per riemergerne subito con una specie di torcia fiammeggiante. Tom rivoltò il ragazzo e lo adagiò supino. Gli bloccò le gambe con le sue e agguantò la torcia. ‘’ Tienigli ferma la testa, mentre cauterizzo la ferita!’’. Tom accostò la fiamma al moncherino e l’oscurità intorno parve contrarsi. Infilò l’asta rovente nel foro sanguinolento e l’avvitò nella carne. Il ragazzo riprese i sensi, volse gli occhi vacui verso la fonte dolorosa, forse comprese d’aver perso una parte di sé, si scosse, come invasato da brividi e svenne di nuovo. Il moncherino era diventato uno spuntone annerito e il lezzo della carne bruciacchiata dava il voltastomaco. Rallo era esterrefatto. Tom lo scosse e gli ordinò: ‘’ Portiamolo dentro e poi chiama la Centrale. Io entro da Slim’’. Trascinarono il corpo del poveretto nell’officina e lo adagiarono su una brandina. Poi Tom si proiettò di nuovo sul lucido asfalto bagnato della città. Focalizzò l’ingresso del market: da quella direzione era venuto il ragazzo. Attraversò di corsa la strada, schiaffeggiato dalle raffiche. I grossi piedi spruzzavano acqua come il motore di un motoscafo. Mentre si avvicinava a rapide falcate, le luci del locale si spensero di colpo e un clangore infernale annunciò l’abbassamento della serranda metallica. Un urlo di donna bucò il silenzio notturno. Tom si preparò ad affrontare il buio misterioso...



...continua...

 
 
 
Vai alla Home Page del blog
 
 

INFO


Un blog di: CiamMarco
Data di creazione: 17/11/2006
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

nickmartin94allanon76camara70panchita.7pisto82wcwciroAlessandra.Gurfilippo.scaiolinaoko4chiocciola740lunetta_issdettomaleerrante1965SdoppiamoCupidoreview
 

ULTIMI COMMENTI

Auguri per una serena e felice Pasqua...Kemper Boyd
Inviato da: Anonimo
il 23/03/2008 alle 16:11
 
Auguri di un felice, sereno e splendido Natale dal blog...
Inviato da: Anonimo
il 25/12/2007 alle 22:21
 
Complimenti per il post!! ...Saluti Mary
Inviato da: Anonimo
il 17/12/2007 alle 13:43
 
Buongiorno e buona domenica!
Inviato da: Anonimo
il 30/09/2007 alle 18:19
 
Tantissimi Auguri per un felicissimo Natale e ancor più...
Inviato da: Giraffetta71
il 22/12/2006 alle 12:02
 
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Tutti gli utenti registrati possono pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963