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Post n°194 pubblicato il 06 Ottobre 2012 da ciapessoni.sandro
SCIOGLI LA TRECCIA MARIA MADDALENA – dello scrittore: Guido da Verona.
Immagine: La treccia dei capelli di Maria di Magdala… Si chiamava Maria Maddalena, ed era la cortigiana di Mágdala, splendente in amore fra tutte le donne perdute, bella come la rosa che nasce nei fragranti giardini del Libano, l'intrisa di tutti i peccati, l'amica dei centurioni prepotenti, la danzatrice ignuda nei conviti ove rideva il buon vino delle vigne di Galaad... Cliccare sull’immagine per ingrandire.
*** XVII° Parte del romanzo (seguito del post 193) E nel guardarle pensavo all'infinito gregge perpetuo delle madri di famiglia, le opache femmine d'un solo padrone, sovente a lui avverse, umili e pazienti come bestie da lavoro, piegate al giogo domestico da una fredda e necessaria fedeltà. Pensavo a tutta la gioia che si disperde nella soffocante abitudine della coltre familiare, alla distruzione d'ogni poesia che governa le astiose lussurie dei talami coniugali, e mi pareva che qualcosa d'ingiusto fosse ancora nella sorte della umana famiglia, dove un uomo ed una donna, condannati a patirsi per l'intera vita, erano costretti a rifugiare nel silenzio di oscure tentazioni l'insoffocabile amore della ubriacante novità. E pensavo al triste adulterio, alle buie camere pomeridiane ove si consuma il tradimento; pensavo ai talami provvisori, dietro i subdoli usci dei quartieri senza portineria, nei calmi vicoli crepuscolari, dove l'infedeltà nasconde con paura i suoi mediocri paradisi. Ma queste che invece io guardavo, non erano forse le cortigiane sacre delle canzoni primordiali, quelle che le religioni d'Oriente custodirono nei templi scintillanti, quelle che Atene illuminò di gloria nell'apogeo del suo secolo d'oro ed Efeso fece brillare da lungi agli erranti navigatori, ed Alessandria, folle di sapienza, inghirlandò negli immortali conviti, quelle che Roma offerse alla genuflessione dei suoi Cesari e l'Impero cadente circonfuse di più alto miracolo, quando, nella fatale Bisanzio, già tutta pervasa di mollezza asiatica, gli eterni dèi mediterranei cedevano le are fumanti ai pallidi violatori dell'Ellesponto? Sì, erano ancora le medesime, ed appartenevano a quella dinastia della bellezza che diede le splendide imperatrici, le indimenticabili etere, la rossa fiamma, il sogno delle eterne peccatrici. Da esse nasce la bella poesia di cui vive il mondo, la sorgente piena di natività ove ogni labbro si disseta, ove la febbre dionisiaca del creatore attinge la sua divina inquietudine. Da esse venne la luce dei secoli; nel loro vizio immortale tramontò lo splendore di tutte le dominazioni. Fecero costruire i templi, cantare le più alate leggende, illuminarono dei loro occhi dipinti la storia delle babeliche città; con leggere dita piegarono gli scettri dei monarchi; una d'esse fu anche la più innamorata fra tutte le donne, la più vera fra tutte le amanti, - e si chiamava Maria Maddalena. Si chiamava Maria Maddalena, ed era la cortigiana di Mágdala, splendente in amore fra tutte le donne perdute, bella come la rosa che nasce nei fragranti giardini del Libano, l'intrisa di tutti i peccati, l'amica dei centurioni prepotenti, la danzatrice ignuda nei conviti ove rideva il buon vino delle vigne di Galaad, quella che diede il suo corpo al delirio di tutte le contaminazioni, la femmina bionda, coperta di gioielli abbaglianti come l'estate, la più soave di tutte le peccatrici, la fontana della bianca rugiada, il fiore della terra di Galil. E quando la portarono davanti al bel Dio, che predicava per gli umili nella purità del battesimo, davanti al pallido Viandante che appariva la sera su le rive del lago di Genezareth, ella con amore gli disse: - «Ti amo, forestiero che vieni dal paese d'oltre monte. Prendimi! la strada è bella; e tu scioglierai la mia treccia per farne il tuo guanciale profumato...». Poi andò con Lui, perdutamente, una sera d'estate. E camminarono per la dolce Galilea, nella terra dei cedri e dei carrubi, ove ridono bianche fontane fra i cespugli del mirto selvatico. La sera, presso i campi dei legionari, dormivano sotto il chiarore delle stelle. Ed un uomo era con essi, che amava la cortigiana di Mágdala e guardava con occhi sinistri la luce dei suoi capelli così biondi; un ruvido maschio di Giudea, taciturno come l'uomo che ha patito, rugginoso come il pugnale che s'insanguinò; un uomo che non trovava parole se non fra le sommosse dei suburbi, nelle tetre taverne, fra i vicoli clandestini, dietro i banchi dei mercati forensi, e là tramava le sue congiure, contro i centurioni, contro il Procuratore di Giudea, contro la moneta imperiale che intascavano i venduti a Roma, contro il peso della forza di Cesare, contro il vile Tetrarca. Ed egli da tutto il suo cuore amava la cortigiana di Mágdala, quella che i citaredi cantavano più bella fra le donne di Galil, quella che non sapeva liberarsi dall'odore delle sue fine ciprie, dal peso dei suoi fulgenti braccialetti, quella che tentava di sé il vero liberatore degli uomini, e lui guardava, ed a lui parlava con la sua voce profumata come il vento, e sempre gli diceva con amore: - «Préndimi, baciami, forestiero del paese d'oltre monte... Vieni; la strada è bella; e tu scioglierai la mia treccia per farne il tuo guanciale profumato...». Allora, nel popolo di Israele, stava per nascere oscuramente la rivoluzione cristiana. Rumoreggiava, in un mondo piegato sotto la forza delle spade, l'eterna rivolta dei miserabili. Ed era in Giuda che il rumore nasceva, nel focolare di tutte le ribellioni, nella stirpe creatrice d'ogni terribile idea. Quando, nei rossi crepuscoli, più ebbre al cielo salivano le canzoni di Tiberiade e Roma lontana esercitava il suo tirannico potere su tutto il mondo conosciuto, la più splendente cortigiana del Tetrarcato di Giudea, la figlia di Mágdala piena di rosai, la etera che negli alti palazzi dalle sale di cedro aveva udito parlare del pallido Nazzareno, scendeva per le strade maestre a camminare coi sollevatori di plebe, con l'uomo che il folle Giovanni aveva detto essere il liberatore da tutte le miserie della vita. E i credenti nel battesimo erano già mille per tutte le strade, e Roma lontana, quasi barbara, per questa gente che trascinava nella sua paziente anima tanti secoli d'incatenata civiltà, Roma costruttrice d'anfiteatri e di codici, di templi e di strade militari, non vedeva sorgere questa immensa bufera di anime, che infine soverchiò la sua medesima potenza. Ma col disprezzo che Roma aveva per il linguaggio, per le tradizioni, per il terribile Dio semitico urlante dalle bibbie decrepite, Roma ubriaca di potenza, non si fermava nemmeno ad ascoltare le innocenti parabole di fraternità, che la sera, camminando coi discepoli, narrava il pallido Galileo. Ma egli aveva con sé la bionda peccatrice di Mágdala e con sé l'altro uomo insonne, il ruvido maschio d'Israele quegli che fedelmente lo seguiva dall'alba fino alla sera e parlava sottovoce, quando parlava, ed era così perduto nel Maestro da nulla vedere né conoscere in fuori da lui, e coglieva dai rami le pesche mature per dissetare le sue labbra riarse, e gli dava il suo mantello di lana quando le rugiade cadevano dagli elevati picchi dell'Hermòn, ed era il compagno di tutte le ore, il fedele di tutte le comunioni, quegli che sapeva e taceva, l'uomo dal tetro amore, il silenzioso che più tardi parlò: - Giuda Iscarioth... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . E Litzine disse: - Crois-tu, Mad, que je puisse laisser tomber ma chemise devant ce jeune homme, dont les yeux m'inquiètent? - Voilà un cas de conscience, ma chère Litzine! Moi, à ta place, je lui dirais: «Monsieur, voulez-vous avoir l'obligeance de fermer pour un instant vos yeux?». - Ma foi, que tu as des idées intelligentes! Avoir l'esprit si éveillé, à quatre heures de la nuit, voilà ce que j'appelle être une femme supérieure! Poi si volse a me, con le mani incrociate sul petto, più nuda che se fosse nuda, nella camicia incredibilmente fina, e ripeté con la sua voce piena di un adorabile pudore: - Monsieur, voulez-vous avoir l'obligeance de fermer pour un instant vos yeux? Madlen era inginocchiata sul letto e stava per entrare sotto la coltre. Le risposi: - Mon précepteur m'a appris, lorsque j'avais douze ans, qu'il ne faut jamais éviter de rendre service à une dame. E chiusi gli occhi. Mi pareva così di essere perfettamente in pace con la mia coscienza e di poter continuare, fra me stesso, a trarre conclusioni su gli usi ed i costumi del secolo. Pensai con fervore ai benemeriti Soci e Patronesse della Lega per la Morale Pubblica, personaggi che, dovunque io vada, mai si dipartiscono dalla castigata mia memoria. Pensai con vero conforto alla timoratezza protocollare di questo secolo, nel quale non è lecito scriver libri ove bruci l'ardore dei sensi e dove l'anima dei buoni credenti non trovi pane per la propria elevazione, secolo d'innocenza e di timore in Dio, del quale soltanto un feroce umorista potrà più tardi essere il fedele dipintore. Fatta questa lieve riflessione, pensai che soltanto la giustizia è bendata, non il buon senso; per il che provvidi a riaprire gli occhi. Litzine e Madlen eransi coricate; una dolcissima coltre nascondeva l'eterna forma del peccato. Sui guanciali di pizzo, disciolte, si arruffavano le loro dissimili capigliature. Una entrava nell'altra, come il fieno scuro nella paglia bionda. Spensero il lume. Nella camera, che parve per un attimo buia, vidi la finestra divenire fortemente azzurra: mi levai e la chiusi. Il lampione ad arco del teatro Eugenia Vittoria faceva dondolare, con un lento ronzio di corde elettriche, il suo globo spento. Lasciai cadere le tende. Fra l'alba e noi ridiscese pesante la notte. Una lampadina, dietro l'uscio semichiuso dello spogliatoio, mandava nella camera torbida il suo mitigato chiarore. Sentivo in me salire a ondate, a folate, con una specie di voluttuosa lievità, il fumo del vino biondo, la spuma dorata che brilla sul vertice d'ogni pensiero della vita, quel tremore dell'anima e dei sensi che i poveri di spirito non osano chiamare poesia. Parlavano. Le loro braccia nude, libere dal peso dei braccialetti, si muovevano con lentezza, con insidia, tuffandosi nel tepore della coltre. Madlen era dalla mia parte; i suoi piedi congiunti sollevavano appena la seta leggera del piumino. Il lenzuolo delineava la sua lunga forma, come la tela umida si avvolge al rilievo d'una statua supina. Litzine, con voce un po' sonnolenta, raccontava una storia veramente noiosa: la storia d'un Commodoro Americano, ch'era giunto a Biarritz con il suo yacht, e portava al guinzaglio un certo suo giovine leopardo, che nell'atrio del Casino aveva morso non so chi... La luce nella stanza era divenuta così morbida, così trasparente, ch'io vedevo anche un piccolo neo, quasi fulgente, sul braccio sinistro di Litzine. Vedevo bene il diverso colore dei loro capelli. Quelli di Madlen erano pieni di riflessi torbidi, violastri, tessevano sul guanciale una specie di gualdrappa disordinata, nella quale passavano guizzi di oscurità, come nella foltezza di un pesante velluto; quelli di Litzine brillavano compatti, lucidi, pieni di trasparenze, quasi per avvolgere la sua perduta nudità in un colore d'innocenza. Fine della XVII° parte del romanzo Buona lettura.
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