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Post n°219 pubblicato il 27 Marzo 2013 da ciapessoni.sandro
219 L'AMORE DI LOREDANA - Romanzo dello scrittore: Luciano Zuccoli
Immagine: Fra giorni sarà la Santa Pasqua di Resurrezione. … anche Loredana augura una serena festività
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... seguito PRIMA PARTE
***
... Seguito fine capitolo XIX
Clarice scese la scala, e preceduta da Piero, ripercorse tutte le sale che aveva già intravedute; nell'anticamera, scorgendo sopra una tavola un Sileno coronato di pampini, circondato da baccanti ebbre, disse a mezza voce, con tono di persona esperta: - Bello quel biscuit! - Legno policromo del seicento! - enunziò Piero, senza guardar la signora, come avesse parlato all'aria. Ella passò, a testa alta, imperturbabile, il ventaglio nella, destra, mentre il valletto, premuto il bottone elettrico per dar avviso al portiere, si piegava fino a terra.
XX.
Così fu che Loredana poté aver notizie di Filippo e dargliene. Il giorno in cui la Teobaldi si decise a varcar la soglia di casa De Carolis - quel giorno avverso ad Adolfo Gianella - Loredana fu contenta da non trovar parole per esprimersi. Partita appena Clarice, la fanciulla corse nella cameretta dove sua madre stava ricamando la quattordicesima fogliolina in seta verde, e infantilmente si mise a ballare. - Ebbene, Lori, che hai? - domandò Emma stupita. Ma Loredana seguitava a girare in tondo, gli occhi scintillanti e le labbra aperte a un sorriso di pace. Si arrestò d'un tratto, con un ultimo giro, in modo che le gonnelle le si gonfiassero d'aria, e si mise in ginocchio presso la mamma, la quale andava seguendola con l'occhio. - Oh, - disse Loredana, - che Filippo mi ama sempre, anzi meglio di prima, e che non mi sono ingannata fidando in lui, e che mi pento d'aver pensato male, e che è qui, e che è mio, e che io sono sua... - Questa bella, ambasciata è venuta a farti la signora Teobaldi? - interrogò Emma, mentre una ruga profonda, le solcava la fronte. - Sì, mamma, la Teobaldi è buona. Anche su di lei m'ero ingannata. È buona, è prudente, e non bisogna rimproverarla. Non ha che il difetto di dipingersi male, e di vestirsi peggio. Hai visto, mamma, quel suo cappellino alla cacciatora, e subito sotto, quello terribili sopracciglia al carbone? Oh che paura e che risate a Sirmione, quando la vidi la prima volta!... Si mise a ridere, a gola spiegata, e balzò in piedi, a riprendere il ballo, cantarellando l'aria di un valzer. - Lori, - esclamò Emma severamente, arrestandola con lo sguardo. - Che pensieri hai? Che cosa conti di fare? - Io? La fanciulla, ritta in mezzo alla camera, stette pensierosa un momento; poi disse: - Io? Non temere nulla, mamma! Ah come ho imparato a vivere in questi pochi mesi, come son diversa da una volta! Flopi non saprà più riconoscermi, e mi dirà con meraviglia: «Sei una donnina, sei veramente una donnina!» E tu non temere, mamma; io sarò felice... - In nome di Dio, - interruppe Emma, respingendo il lavoro, e alzandosi, - che cosa intendi con queste parola? Vuoi tornare con lui? Loredana le corse incontro, l'abbracciò stretta, le diede molti baci, dicendo: - O mamma bella, o mamma cara, non sgridarmi, ma sì, ecco, voglio tornare con lui! Ed egli vuole tornare con me, o mamma bella, perché niente gli piace senza di me, e il lusso non è il lusso, e il suo palazzo è una casupola, e le donne sono pupattole, e le abitudini sono catene... Me l' ha scritto, e l' ho imparato a memoria, e gli credo... - Povera, povera bambina! - esclamò Emma. - Tu credi tutto; ma non gli hai domandato perché non ti sposa? Loredana allentò le braccia e lasciò sua madre. - Non glielo domando, - rispose, oscurandosi in volto, - perché se anche egli volesse, io non vorrei. Ah no, non vorrei morire per tutta la guerra che la sua famiglia mi muoverebbe contro prima di cedere, e per tutte le umiliazioni che dovrei subire da quella sua gente e dai suoi amici, il giorno ch'io fossi moglie di Flopi. Vedi: io so, perché egli non mi sposa; perché non mi tormentino e prima e dopo fino alla morte. Sarò la sua amante; dunque meglio che la sua sposa. - E calpesterai anche il ritegno, e lascerai che tutti sparlino di te e di tua madre? - osservò Emma con voce dolente. - O mamma cara, non parlano male di te e di me, ora, tutti? - rispose Loredana. - E che premio ho io dunque di ciò che credono il mio ravvedimento? Hanno saputo, hanno inventato, mi hanno già uccisa nell'anima; nulla può accrescere il male che già mi fu fatto, e se io non sono morta per gli altri, gli altri sono ben morti per me. O mamma bella, tu, tu sei la bambina che crede; io non potrò mai essere tanto cattiva, quanto si è detto... - E vuoi andartene ancora, e lasciarmi sola? - domandò Emma, guardandola con gli occhi annebbiati. - Non so, mamma; non interrogarmi, non turbarmi, oggi. Oggi io sono così contenta, perché egli mi ama ancora; e non bisogna turbare chi è contento dopo un lungo dolore. - Ma come, dunque, - insistette Emma, - se ti ama tanto non è venuto più qui? - O mamma, cara, tu lo sai. Tu gli hai detto che ogni cosa doveva essere finita e che non varcasse più la soglia della nostra casa. Egli ha obbedito; non lo rimproverare; è stato lontano da me, pensando che io pure non lo volessi, temendo che io gli facessi colpa - e gli facevo colpa! - di avere svelato il luogo ove ero rifugiata... Non lo rimproverare; egli ti ha obbedita. - Poi ti ha mandato quella donna a dirti che ti vuole ancora! - esclamò Emma. - Così mi ha obbedita, il briccone! - Volevi ch'egli morisse? - domandò Loredana. - Volevi ch'egli mi lasciasse morire? - Non si muore per queste cose, bambina! - Io sarei morta, o mamma bella! Io ero già sfinita e non avevo più forza per resistere all'avvilimento! Si può essere vivi e morti, non sai? Io era viva e morta, fin che di lui nulla sapevo; ed oggi soltanto sono tutta, tutta viva!... - Oh che pazza! - esclamò Emma, andando a sedersi in un angolo della cameretta. - Che pazza è dunque diventata mia figlia? Ma non ardì continuare il lamento. Guardò Loredana e la vide, com'essa diceva, tutta, tutta viva; la fragranza di quella giovinezza s'effondeva per la camera; la fanciulla dritta, svelta, bella, sembrava una prigioniera in quel piccolo spazio; qualche voce che nessuno poteva udire, echeggiava, intorno a Loredana, chiamandola per la sua strada ampia o aspra; e nulla avrebbe potuto arrestare la forza misteriosa, che gli uomini chiamano destino, e che parlava inconsciamente per gli occhi ardenti di Loredana. Emma sentì questo in confuso; e capì che ogni ostacolo sarebbe stato travolto; si domandò se avesse diritto d'imprigionare ancora sua figlia, e del suo diritto dubitò. Riprese in silenzio il ricamo, abbassò la testa sul lavoro, non disse più nulla. Loredana, in punta di piedi, non potendo trattenersi, ricominciò a ballare il valzer chetamente.
XXI.
Essa non poté mai dimenticare quella notte, quell'angoscia, quelle emozioni. Sol per aprire la porta della camera e per discendere le scale, dovette radunar tutta la sua volontà; e ad ogni scalino le sembrava che il fruscìo della gonna fosse strepitoso, che il suo respiro fosse veemente così da destar chi dormiva; e i ginocchi le scricchiolavano. S'era avvoltolata intorno alla testa una sciarpa nera, che lo cadeva fino in grembo; ed era tutta vestita di nero; il viso bianco e i grandi occhi scuri attraevano meglio lo sguardo, per quella sciarpa che incorniciava l'ovale delicato del volto; ma Loredana credeva d'essersi mascherata, sentendosi avvampar dal caldo. Finalmente, aperto, con un ultimo brivido, l'uscio a pianterreno, si trovò in istrada, e vide Clarice. Le due donne si misero a camminare senza far parola, spaurite dalla propria audacia e pensierose. Era di poco valicata la mezzanotte; da una taverna uscirono alcuni uomini e squadrarono quella coppia frettolosa, non comprendendo di quali femmine si trattasse; e poiché l'uno diceva con parole villane la sua ammirazione per la ragazza, un altro lo ammonì sarcasticamente: - Lascia andare, figliuolo. Lì, occorrono biglietti da mille! Loredana vibrò da capo a piedi; mormorò a Clarice: - Ho paura. Torniamo indietro. - Su, su, coraggio! - disse la Teobaldi, che tuttavia non era meno inquieta della sua giovane amica. - Non siamo lontane. Ella, stentava ad agguagliare il passo di Loredana; ma correva aiutandosi con qualche piccolo salto, facendo sobbalzar tutta la sua povera carne. - Presto! - diceva Loredana quasi ad ogni passo. - Non ci segue nessuno? - Nessuno! - rispondeva Clarice, cogliendo il destro per rallentare un poco, e voltarsi. Un ubriaco, in una calle stretta, parlava e gesticolava da solo. Non gli tornava il conto della serata e nominava alcuni uomini illustri della città, dichiarando che all'indomani li avrebbe chiamati a testimoni contro l'oste e i compagni di giuoco. Vide le due donne, le lasciò avvicinare, e si rivolse a Loredana: - Dica: se io spendo sessanta per un litro e mezzo... E pencolò maledettamente; Loredana mandò un grido soffocato e si mise a correre. - Lei, la vecchia, è più ragionevole, - osservò il beone, guardando Clarice che s'allontanava a passo celere. - Non corre, la vecchia, perché ha i piedi in malora. Ma se io spendo sessanta per un litro e mezzo... - Lori, Lori, mi aspetti! - disse a mezza voce Clarice. La fanciulla si fermò, la Teobaldi le si mise al fianco, e ripresero a camminare. - Che paura, tesoro mio! - esclamò Clarice, tentando di sorridere. - Ah sì, muoio di paura! Quell'ubriaco per poco non mi cadeva addosso!... Ma quanto dobbiamo camminare ancora? - Adesso ci siamo. Volti a destra... - Non ne capisco più nulla, - mormorò Loredana. Essa stentava a riconoscere le calli, in quell'ora notturna; tutte le porte erano chiuse, le finestre chiuse, e di tratto in tratto una larga chiazza d'ombra toglieva la vista delle case, dei confini, degli angoli; poi appariva un lampione dalla luce rossastra, e, a quando a quando, un rio dall'acqua immota e nera. Nel silenzio solenne, dentro le calli più anguste, i passi delle due donne davano un rimbombo prolungato; lontanamente, per due volte in due punti diversi, risonò la voce gutturale d'un gondoliere, che s'internava con la sua gondola in un rio; e qua e là una zaffata di odore salso giunse alle nari di Loredana, che storse la bocca. - Ci siamo! - disse improvvisamente Clarice. Loredana alzò gli occhi, e riconobbe il palazzo Vagli, balzato fuori dall'ombra come per magia; largo e tozzo, ammantellato nell'oscurità, lasciava a pena intravedere le finestre bifore e le colonne patinate dal tempo; era tutto muto. Ma la fanciulla non ebbe agio a contemplare; un uomo si staccava dalla porta fiocamente illuminata, le veniva incontro, l'abbracciava con tale veemenza da sollevarla da terra e trasportarla dentro in un sol gesto. Richiuse d'un colpo lo sportello, e stringendosi la fanciulla al fianco, cingendole col braccio destro il collo quasi a difenderla da un nemico invisibile, inoltrò. Restarono per sempre impressi nella mente di Loredana il cortile buio, l'atrio buio, illuminati a sprazzi dal fanale, che l'uomo teneva nella sinistra; e la scalinata e quelle sale dove lampeggiavano fugacemente uno specchio, la doratura dei mobili, la superficie levigata d'una tavola o d'una statua. I passi risuonavano sordamente sul tappeto, e tanto silenzio era intorno, che benché nessuno vegliasse a quell'ora, i due amanti non parlavano. Loredana si volse a cercar Clarice, ma non vedendola più, alzò gli occhi a guardar Filippo, e gli sorrise. Obliata la madre, la notte, la casa, essa era felice e superba della propria audacia; il palazzo le sembrava immenso, ma sicuro, e quel braccio attorno al collo era il segno d'una protezione quasi onnipotente. Le tornava l'immagine di Filippo più forte, più audace, più fidato di chiunque al mondo, e ne fremeva di piacere. - Qui? - -ella domandò sottovoce. - Qui, - rispose Filippo, liberandola dalla stretta. Erano nella camera di lui. Loredana vide larghi e pesanti cortinaggi alle finestre, un letto ampio, una pelle di tigre, con la testa enorme e gli occhi fissi, stesa a terra; sopra un tavolino moresco incrostato di madreperla ardevano cinque candele in un candelabro di vecchio argento; a una parete scintillavano le guaine metalliche di armi stravaganti. Non vide altro, nel tumulto della gioia; pensò che il suo amore seguitava, riallacciando quella notte col giorno malinconico in cui era tornata tutta sola da Peschiera; oh, anche il suo amore gagliardo vinceva gli ostacoli, e i baci che sentiva erano più saporosi dopo tante lagrime!...
Fine capitolo XXI – Fine PRIMA PARTE DEL ROMANZO Buona lettura! Grazie.
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