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L'AMORE DI LOREDANA - romanzo dello scrittore: Luciano Zuccoli.

Post n°220 pubblicato il 03 Aprile 2013 da ciapessoni.sandro
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L’AMORE DI LOREDANA – Romanzo dello scrittore: Luciano Zuccoli

 

 

Immagine:

Sala da pranzo…

 

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SECONDA PARTE.

 

Capitolo I.

 

Giselda Fioresi, al braccio di Berto Candriani, s'era fermata innanzi alla tavola del buffet, in casa della contessa Lombardi.

La lunga tavola era tutta occupata da piatti colmi di pasticcini e di dolci; due grandi samovar d'argento fumavano, e da un'enorme zuppiera un servo scodellava nelle tazze il punch freddo, mentre altri versavano lo sciampagna gelido dalle caraffe di cristallo e distribuivano i sorbetti rosei e bianchi.

- Se lei non fosse venuto a salvarmi, - continuò Giselda, accennando con la testa a un signore tozzo e rubicondo, che sorbiva adagio una granita di caffè, - gli sarei caduta fra le braccia...

- Oh Dio! - singhiozzò comicamente Berto Candriani.

- Per la noia, per la noia! - disse Giselda ridendo. - Non sa parlare che della sua automobile, e s'atteggia a disdegnare i cavalli...

- Così le ha fatto sapere che ne ha...

- Ne ha dieci, nelle scuderie della sua tenuta di San Polo; ma vuol venderli...

Nuove coppie, gli uomini in marsina, le donne in abito scollato e grande cappello, erano sopraggiunte e facevano coda, incalzando, alle spalle di Berto e di Giselda.

- Vuole sciampagna? - domandò Berto, prendendo una coppa dalle mani d'un servo e passandola a Giselda, che vi bagnò appena le labbra.

- Datemi due gelati, - ordinò qualcuno che stava dietro il Candriani.

- Aspetta, - disse questi al marchese di Spinea, che aveva al braccio la contessina Cafiero, - ti lasciamo il posto.

E avviandosi con Giselda, seguitò ad alta voce:

- Bada, che c'è molto punch bollente, che non si beve, e poco sciampagna freddo che si berrebbe volentieri.

- Zitto, maldicente! - gli disse il marchese di Spinea. - Vedremo che cosa ci offrirai quando verremo da te.

- Bravo, stai fresco! - esclamò Berto. - -Resto scapolo apposta per non avere seccatori in casa!

Sul limitare, Berto e Giselda dovettero fermarsi. La duchessa di Torrecusa e la contessa Osvaldi, tenendo ciascuna una coppa di sciampagna, s'esercitavano a portarla alle labbra, dopo aver fatto col braccio destro alcuni giri a spirale. La duchessa vi riuscì, versando dall'orlo metà del contenuto, e la contessa Osvaldi, che rideva a gola spiegata, vuotò la coppa intera sul tappeto, e rinunziò alla prova, perché i cavalieri intorno la facevano ridere troppo.

Berto Candriani s'aprì un varco tra i gruppi, traversò con Giselda un lungo corridoio, poi la sala pei fumatori, dove sedevano alcuni uomini, timidi o annoiati, che si scambiavano gli astucci delle sigarette o i gravi propositi d'una più energica politica internazionale; passò oltre la sala rossa, tutta rossa fiammante per le tappezzerie e pel colore dei mobili dorati, e si fermò nella sala rosea che precedeva la sala da ballo.

- Andiamo laggiù! - disse, accennando un alto e lungo paravento sul quale erano trapunte in oro parecchie grosse cicogne, brillanti sopra uno sfondo color chiaro di luna.

- Dietro il paravento? - chiese Giselda, lasciandosi trascinare senza troppa resistenza.

- Sieda, - ordinò Berto. - Io siedo qui di fronte; lei metta fuori le punte dei suoi piedini, così quelli che passeranno per andare a saltar come pere secche, capiranno che qui c'è qualcuno.

- Ma no, ma no, è sconveniente! - osservò Giselda. - E poi, lei ha l'abitudine di parlar male di tutti, e potrebbe sparlare proprio di quelli che passano...

- Ingenua fanciulla! - esclamò Berto Candriani. - C'è l'occhio della cicogna!

- Che cosa vuol dire? - domandò la contessina Fioresi con un sorriso, che pregustava qualche strana storia.

- Vuol dire che son forati gli occhi d'una cicogna, e di qui vedo benissimo senza essere veduto. Guardi che bei buchi!

Giselda si alzò a guardare, appoggiandosi lievemente alla poltrona di Berto; attraverso due fori, che corrispondevano dall'altro lato agli occhi d'una gigantesca cicogna, si vedevano benissimo il resto della sala e la porta dalla quale dovevano passare le coppie. Giselda diede in una risata.

- Ma quando ha fatto questo lavoro? - domandò.

- Badiamo: è un segreto che si rivela a una gentildonna; i buchi li ha fatti Silvestrelli, il capitano di corvetta, due anni or sono, e prima di partire per il giro del mondo li ha confidati a me.

Io sono l'unico erede di questi buchi, e nessuno se n'è mai accorto. Spero che lei apprezzerà tutto il valore della mia rivelazione.

- Sono utilissimi, - dichiarò la Fioresi solennemente, - Non dirò parola ad anima viva.

Berto fece un cenno con la mano; qualche coppia passava, dirigendosi al salone da ballo e chiacchierando; alcuni cavalieri sopraggiunsero, diedero un'occhiata, videro la sala vuota e se ne andarono di nuovo.

- Ha notato, contessina, che stasera non c'è Flopi? - riprese Berto con la sua voce più melliflua, piano piano.

- Non ho notato nulla! - rispose Giselda bruscamente. – Perché dovrei notare queste inezie?

- Inezie? Non ci sono inezie per chi ama.... Si vorrebbe sapere dove è Flopi a quest'ora, che cosa fa, che cosa dice.... Non è vero?

- Non è vero; io non voglio sapere nulla. Il conte Vagli non m'interessa più di quanto sia lecito, e io non ho l'abitudine di amare chi non si occupa di me.

- Non dico sia un'abitudine, - osservò Berta. - Può essere una fatalità... Zitta! - soggiunse, dopo aver dato uno sguardo ai buchi della cicogna. - C'è lo zio!

Il conte Roberto Vagli entrava in quel punto con un altro vecchio signore; il conte Roberto era dritto e magnifico, il largo petto inquadrato dal panciotto della marsina, all'occhiello della quale era fissato un superbo garofano bianco; tra le mani il conte teneva il gibus, alla maniera antica.

- Io ti assicuro, - egli seguitava, - che è una corbelleria, questa di voler tanti treni fra Venezia e Milano; treni diretti, treni direttissimi, o, come si dice ora, treni-lampo! Sai che cosa avverrà?

L'amico sedette in una poltrona, e il conte ripeté , standogli innanzi:

- Sai che cosa avverrà? Avverrà che Venezia fra pochi anni sarà un sobborgo di Milano, e le nostre civette andranno a far le compere a Milano, e i nostri giovanotti si vestiranno a Milano, e tutti i nostri quattrini ingrasseranno Milano, e il nostro commercio e la nostra industria rimarranno quel che sono ora, una povera cosa. Non mi diceva un momento fa il Cavenaghi, sai, quel mercante di carbone, che si pensa d'attuare un treno per tempissimo, cosicché si possa andare a Milano, starvi sei o sette ore, e tornar la sera, medesima? Io ti domando!...

L'amico si alzò, e tutt'e due s'avviarono.

- Io ti domando se questo si chiama far l'interesse di Venezia...

- Che bella mente! - esclamò Berto Candriani, quando fu sicuro che i due se n'erano andati. -

Non vuole i treni i diretti; bisognerà offrirgli un servizio di muli. Dopo la battaglia di San Martino, non ha capito più nulla. E Flopi deve lottare con questi suoi parenti, i quali, nonché l'amore, non sanno intendere nemmeno la ferrovia!...

- Ma io non comprendo perché Flopi debba lottare coi parenti, - osservò Giselda. - Lotta per che, per chi?

- Bah, - esclamò Berto Candriani, arricciandosi i mustacchi con studiata, espressione di mistero. - Affari riservati! Non dimentichiamo che lei è una signorina.

Giselda si sentì avvampar la faccia: aveva ventitre anni, molta voglia di vivere, fors'anco molta violenza contenuta dall'abitudine e dalla educazione; e nulla più l'irritava che l'ignoranza e l'espressione di candore che dovevano formare la sua maschera sociale.

Ella crollò il capo e risposo con voce dura:

- Quali sciocchezze! Ma se so tutto!...

- Tutto? – ripeté Berte, sicurissimo che non sapeva nulla, ma contento d'essere esonerato dalla discrezione. - Lei sa che Flopi ha un'amante?

- Ma certo!

- La quale è bellissima?

Giselda esitò un attimo.

- Ciò non importa. Chi la dice bellissima, - rispose, - chi mediocre, chi brutta!

Berto sorrise fugacemente, e incalzò:

- Bellissima; e lei sa che Flopi l' ha rapita, l' ha sedotta, la tiene con sé , e che ora ha sulle braccia tutti i parenti?

- Di lei; è naturale, - osservò Giselda.

- No, di lui; i parenti di lui sono spaventati, perché non capiscono che cosa voglia farne, e temono che la sposi....

- Ma i parenti di lei perché non intervengono? - domandò Giselda quasi con impazienza.

- Per una ragione ottima, contessina, mia, - rispose Berto ridendo. – Perché sono nel regno dei cieli, ad eccezione d'una madre, la quale se l'è ripresa una prima volta, ma se l'è vista ripartire con Flopi; onde la povera donna ha rinunziato a lottare e a discutere.

- E dove sono ora? - chiese Giselda con aria distratta.

- Chi? I parenti? Lo zio era qui poco fa, a parlar di treni...

Giselda interruppe, battendo un piede a terra, spazientita.

- Ma no, mio Dio! Flopi e quell'altra!...

- Ah!... Sono a Venezia; anzi ho pranzato oggi da loro. Bisogna dire che se qualche cosa d'irregolare è in quella casa, non lo si vede certo nella disposizione dei mobili, nella scelta delle vivande, nella qualità degli oggetti che adornano l'appartamento. Tutta roba squisita.... Credo che Flopi verrà stasera a salutar la contessa, sul tardi.... - Lei è molta addentro nella confidenza di Flopi! - osservò ironicamente Giselda, alzandosi.

- Sì, sono dei pochi che frequentano la casa, - disse Berto drizzandosi in piedi e offrendo il braccio a Giselda.

- No, grazie, - rispose questa, freddissima. - Devo dire una parola alla Torrecusa, che vedo seduta laggiù, nella sala da ballo.

E s'avviò sola, ma sì fermò di repente:

- Quale casa? - -domandò sottovoce.

- Sì, la casa di Flopi. Egli vive solo, ora; voglio dire non vive a palazzo. Ha un bellissimo appartamento sulle Zattere...

- Con la bellissima compagna! - concluse Giselda, che si lasciò sfuggire una risatina troppo stridula per essere sincera.

Berto s'inchinò, girò sui tacchi, e perfettamente sicuro d'aver fatto il bene di Giselda, di Flopi, e fors'anco di Loredana, passò nella sala rossa, e si mischiò a un gruppo di dame che ridevano in piedi con alcuni ufficiali di marina.

L'orchestra attaccò un valzer; i cavalieri traversarono la sala, s'incrociarono, ricomparvero con le dame al braccio, s'avviarono alla sala da ballo; fu una sfilata rapida di coppie, un'ondata di profumi.

Il valzer diceva: «Queste gioie fallaci, tutte simili all'invisibile onda delle mie note, si dissolvono nel tempo, e nulla più rimane quando l'alba livida vi richiama alle case. Abbandonatevi a queste gioie malinconiche, a quest'onda invisibile, e sognate tutti i vostri sogni, prima che l'alba vi risvegli....»

 

Fine prima parte Capitolo 1

Buona lettura.

 

 
 
 
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