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Cineforum 2014/2015 | 10 marzo 2015
Post n°224 pubblicato il 09 Marzo 2015 da cineforumborgo
DALLAS BUYERS CLUB
Regia: Jean-Marc Vallée
“Dallas Buyers Club” toglie ogni dubbio: Matthew McConaughey è uno degli attori più bravi attualmente in circolazione, e uno dei pochi antieroi credibili della Hollywood di oggi. Per chi ne conosce gli esordi (“Il momento di uccidere”, “Dazed and Confused”) non deve sembrare una novità, eppure solo qualche anno fa la sua carriera aveva preso una piega pericolosa, tra commedie rosa (“La rivolta delle ex”) e ruoli macho. Una rotta felicemente invertita da “Killer Joe” in poi, con McConaughey che ha inanellato una serie di personaggi spiazzanti (“Magic Mike”, “The Paperboy”). Scelte che, se non servivano a testarne l'abilità tecnica (si conosceva già), ne hanno chiarito la vocazione a ‘vivere’ il cinema come rischio e opzione totalizzante. In “Dallas Buyers Club” questa voglia di ‘immolarsi’ e di sacrificare il proprio status symbol sull'altare della recitazione tocca probabilmente il suo punto più alto. Per far rivivere Ron Woodroof in scena, McConaughey non si è limitato a perdere una trentina di chili - la trasformazione fisica è quella che impressiona immediatamente, non maggiormente - ma ha tirato fuori ogni sfumatura possibile dalla sua ricchissima gamma espressiva, realizzando una osmosi quasi totale con un uomo mai banale, un uomo ricco di contraddizioni. Il bel film di Jean Marc Vallee (“C.R.A.Z.Y.”) ha ovviamente altri meriti, ma ci viene impossibile immaginarlo senza McConaughey. Tratto da una storia vera e dolorosa, però scritto con brio da Craig Borten e Melisa Wallack, “Dallas Buyers Club” ripercorre il calvario di Ron Woodroof, un elettricista texano che contrasse il virus dell'HIV nel 1985 (quando ancora si sapeva poco dell'AIDS), trasformandolo in cammino di speranza e redenzione. Eloquente la mutazione di Woodroof: da omofobo e bifolco, con la passione per le donne, le scommesse e i rodei, a coraggioso e solidale Erin Brockovich del virus, in lotta contro Big Pharma e FDA (Food and Drugs Administration), per permettere a malati come lui - guardacaso i transessuali e gli omosessuali prima disprezzati - di potersi curare con farmaci ‘non approvati’ ma cento volte più efficaci di quelli autorizzati da un governo troppo compiacente con gli interessi delle case farmaceutiche. Fortunatamente, il film di Vallée non si limita a gridare solo la propria indignazione e a regalarci un altro santino da appendere al muro: McConaughey non fa nulla per rendere il suo personaggio migliore di quello che è, nessuna strizzatina d'occhio o inutile mossetta; né il regista salda retorica e commozione, propinandoci un altro film da aule giudiziarie o, peggio, da reparto ospedaliero. La forza di “Dallas Buyers Club” sta invece nel saper combinare in modo avvincente cronaca e partecipazione, verismo e artificio, maneggiando più registri emotivi e stilistici. «La vita è originale», scriveva Svevo; «La vita è strana», si canta in “Dallas Buyers Club”, riferendosi alla parabola esistenziale di Ron Woodroof, personaggio vero di elettricista texano, macho e omofobo, che l'AIDS, contratto nel 1985 causa un rapporto non protetto, trasforma in un essere sensibile e umano. Con un verdetto di morte a trenta giorni che solo la determinazione del protagonista prolunga di sette anni, la storia poteva scadere facilmente in melò, ma la pellicola, in lizza per vari Oscar fra cui film e sceneggiatura originale (Melisa Wallack e Craig Borten), è troppo ben calibrata. Sullo sfondo poco edificante di un'America che sembra preoccuparsi solo di proteggere gli interessi delle case farmaceutiche, risalta in primo piano il ritratto vitalistico di un individuo non disposto a scivolare fuori scena passivamente, e deciso a giocarsi tutte le carte a disposizione: contrastando l'uso di un medicinale tossico in via di approvazione; e smerciando nel club per malati di HIV da lui fondato trattamenti alternativi illegali. Woodroof non è un santo, è un uomo che lotta per sé, ma la disperazione, mettendolo in contatto con paure e fragilità recondite, pian piano lo induce a smantellare difese e pregiudizi, a caricarsi della sofferenza altrui. Fondamentale in questo il rapporto prima repulsivo, poi d'affari e quindi di affetto con il travestito e drogato Rayon. Pulita ed essenziale, la regia del canadese Jean-Marc Vallée non indulge mai al patetico, rivelando occhio felice per l'ambientazione e affidandosi agli attori (entrambi candidati) per far emergere le emozioni: semplicemente straordinario Matthew McConaughey, non perché per incarnare Woodroof è dimagrito di venti chili, ma per la profondità e ricchezza di sfumature dell'interpretazione: non gli è da meno Jared Leto, toccante, vibratile, intenso Rayon.
JEAN-MARC VALLÉE
Martedì 17 marzo 2015:
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