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Cineforum 2015/2016 | 12 gennaio 2016

Post n°254 pubblicato il 08 Gennaio 2016 da cineforumborgo
 
Foto di cineforumborgo

WHIPLASH

Regia: Damien Chazelle
Sceneggiatura
: Damien Chazelle
Fotografia
: Sharone Meir
Musiche
: Justin Hurwitz
Montaggio
: Tom Cross
Scenografia
: Melanie Paizis-Jones
Arredamento
: Karuna Karmarkar
Costumi
: Lisa Norcia
Effetti
: Jamison Scott Goei, Ingenuity Engine
Suono
: Lauren Hadaway (montaggio), Craig Mann, Ben Wilkins, Thomas Curley (missaggio)
Interpreti
: Miles Teller (Andrew Neiman), J.K. Simmons (Terence Fletcher), Melissa Benoist (Nicole), Paul Reiser (Jim, padre di Andrew), Austin Stowell (Ryan), Nate Lang (Carl), Chris Mulkey (zio Frank), Damon Gupton (sig. Kramer), Suanne Spoke (zia Emma), Charlie Ian (Dustin), Jayson Blair (Travis), C.J. Vana (Metz), April Grace (Rachel Bornholdt), Henry G. Sanders (Red Henderson), Sam Campisi (Andrew a 8 anni)
Produzione:
Jason Blum, Helen Estabrook, David Lancaster, Michel Litvak per Bold Films, in coproduzione con Blumhouse Productions/Right Of Way Films
Distribuzione: Warner Bros. Entertainment Italia
Durata
: 105'
Origine
: U.S.A., 2014
Golden Globe 2015 a J.K. Simmons come miglior attore non protagonista; Oscar 2015 per: miglior attore non protagonista (J.K. Simmons), montaggio, missaggio sonoro.

Andrew Neiman ha 19 anni e sogna di diventare uno dei migliori batteristi jazz della sua generazione. La concorrenza al conservatorio di Manhattan, però, è feroce e lui si allena duramente, anche per non ripercorrere il fallimento di suo padre, aspirante scrittore la cui carriera non è mai decollata. Il suo primo obiettivo è quello di entrare a far parte dell'orchestra diretta da Terence Fletcher, insegnante crudele e intransigente, che non si ferma di fronte a nulla pur di esaltare il potenziale di un suo studente...
È probabile che questo film vi lasci con molte domande in sospeso. È giusto, se il fine giustifica i mezzi, martirizzare un giovane aspirante musicista? È giusto rischiare la propria incolumità psicofisica per inseguire un sogno di bravura? Domande a cui ovviamente non è il caso di rispondere in questa sede, ma di sicuro possiamo dire che l’atroce, sofferto, quasi demoniaco rapporto tra l’aspirante batterista Andrew Neiman (interpretato con ottima perizia tecnica da Miles Teller) e Fletcher, il sadico insegnante di conservatorio jazz (magistralmente interpretato da J.K. Simmons) lascerà un’inquieta traccia nei vostri pensieri dopo aver visto “Whiplash”, il film indipendente, candidato a sei Oscar, che miete successi a partire dalla presentazione al Sundance festival del 2014. Benché si parli sostanzialmente di musica il film non indugia troppo nei piaceri del gioco sonoro. È scarno, essenziale, drammaticamente realistico. Tutto è sofferenza, scarnificazione psicologica, duello, sopraffazione, umiliazione, ribellione, ai confini kubrickiani di “Full metal jacket”, in cui la batteria del povero Andrew sembra metafora di molte altre cose. Allo stesso tempo questa batteria è protagonista, ossessiva, onnivora, divoratrice di talento e aspirazioni, una vera batteria suonata con sudore e sangue, e posta sempre in primissimo piano dal regista Damien Chazelle. E la batteria, com’è noto, è strumento di sofisticata complessità, ma anche il più primitivo che esista, quello che riporta ai ritmi basilari del corpo umano, a funzioni addirittura ancestrali che si perdono nelle origini remote del genere umano. E per questo il film vive sul doppio binario di una straziante urgenza fisica e di una guerra psicologica la cui posta in gioco è diventare il miglior batterista in circolazione, oppure soccombere. A differenza della vasta serie di film sull’immaginario jazzistico e musicale in generale, spesso vittime di iconografie leggendarie e ingombranti, “Whiplash” scava nella normalità della musica qualunque, quella che aspira a diventare qualcosa e non è ancora niente, quella di chi studia musica, di chi fatica per emergere, per trovare ragioni e identità, per capire se la musica possa essere davvero la giustificazione di una vita ed è quindi crudo, spietato, a tratti squallido, scoraggiante, ma proprio per questo finisce per essere un fantastico omaggio al lavoro della musica, piuttosto che alla sua scintillante dimensione divistica. Peccato che il maestro, buono o cattivo lo decideranno gli spettatori, sia convinto che l’unico modo per allevare bravi musicisti sia non dirgli mai: «Good job!» che è invece l’alimento necessario per ogni aspirante musico, e che sia ossessionato dall’idea di scovare un nuovo Charlie Parker. Il suo aneddoto preferito è quello in cui il batterista Jo Jones lancia un piatto addosso a un imberbe Parker che si era permesso di suonare in jam senza esserne ancor all’altezza. Parker sparì si mise a studiare, tornò e lasciò tutti a bocca aperta. Ma c’è davvero un potenziale Charlie Parker in ogni malcapitato studente di conservatorio jazz? Tutto questo potrebbe portare indifferentemente alla più cupa delle tragedie, così come alla palingenesi finale. Per scoprirlo bisogna vedere il film. Se vi regge il cuore di arrivare fino alla fine scoprirete che dietro la musica suonata c’è tanta sofferenza, sacrificio, duro lavoro e forse, ma solo forse, un premio finale.
Gino Castaldo, La Repubblica

Fino a che punto è giusto che un insegnante possa spingersi per far esplodere, o ridimensionare, il (presunto) talento di un suo allievo? La violenza psicologica e l'umiliazione sono strade praticabili e percorribili per cavar fuori quel quid che differenzia, spesso, un genio da un onesto mestierante? Il politicamente corretto è un limite nelle arti? “Whiplash” prova a rispondere a questi quesiti, ma senza giudicare, lasciando allo spettatore l'onere di farsi una propria idea e di discuterne con il vicino di poltrona. Ma è anche un film che parla di scelte drastiche di vita (depurarsi da ogni vincolo affettivo e sociale esterno, consacrandosi al solo coronamento della propria ambizione), di amore maniacale per la propria professione. Una pellicola che esalta l'individualità esasperata, il ‘mors tua vita mea’ sublimato da un ‘duello’ cinematografico, tra insegnante e studente, tra i più belli e riusciti del grande schermo, accompagnato da una colonna sonora che tocca l'anima.
Andrew (Miles Teller) studia batteria jazz nella scuola di musica più importante e prestigiosa di New York. Pur essendo al suo primo anno, viene subito notato, per il suo talento, dal temuto professore Terence Fletcher (una sorta di sergente istruttore Hartman di “Full Metal Jacket”, figura magnificamente resa da un J.K. Simmons da Oscar) che lo fa entrare nella sua prestigiosa band, ovvero nel meglio del meglio. La gioia per una simile inaspettata conquista si tradurrà ben presto in lacrime e sangue (nel vero senso del termine). Varcare la porta dell’aula è come fare un passo verso l'inferno, dove nulla è perdonato e ogni occasione è buona per umiliare. Per essere all’altezza dei livelli richiesti da Fletcher. Andrew rinuncia a tutto, ma non al suo sogno. Il crollo, però, è dietro l'angolo. Un film che regala inaspettati colpi dì scena, come fosse un thriller. Invece, è il miglior film musicale degli ultimi anni.
Maurizio Acerbi, Il Giornale

DAMIEN CHAZELLE
Filmografia:
Guy and Madeline on a Park Bench (2009), Whiplash (2014)

Martedì 19 gennaio 2016:
TORNERANNO I PRATI di Ermanno Olmi, con Claudio Santamaria, Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti, Andrea Di Maria

 
 
 
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