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Evento speciale fuori abbonamento! Cineforum 2015/2016 | 11 febbraio 2016

Post n°265 pubblicato il 04 Febbraio 2016 da cineforumborgo
 
Foto di cineforumborgo

IL GRANDE DITTATORE

Titolo originale: The Great Dictator
Regia
: Charlie Chaplin
Soggetto
: Charlie Chaplin
Sceneggiatura
: Charlie Chaplin
Fotografia
: Roland Totheroh, Karl Struss
Musiche
: Charlie Chaplin, Meredith Willson - Brani di Richard Wagner, Johannes Brahms e Luigi Boccherini.
Montaggio
: Willard Nico
Scenografia
: J. Russell Spencer
Arredamento
: Edward G. Boyle
Costumi
: Ted Tetrick, Wyn Ritchie
Effetti
: Ralph Hammeras, Jack Cosgrove
Interpreti
: Charlie Chaplin (barbiere ebreo/Adenoid Hynkel), Jack Oakie (Benzino Napaloni), Reginald Gardiner (Schultz), Henry Daniell (Garbitsch), Billy Gilbert (Herring), Grace Hayle (Madame Napaloni), Carter De Haven (ambasciatore), Paulette Goddard (Hannah), Maurice Moscovich (sig. Jaeckel), Emma Dunn (sig.ra Jaeckel), Bernard Gorcey (sig. Mann), Paul Weigel (sig. Agar), Chester Conklin (cliente barbiere), Esther Michelson (donna ebrea), Hank Mann (camicia bruna), Robert O. Davis (ufficiale tedesco), Eddie Dunn (camicia bruna), Nita Pike (segretaria), Peter Lynn (comandante camicie brune), Eddie Gribbon (camicia bruna), Florence Wright (segretaria bionda), Leo White (barbiere di Hynkel), Lucien Prival (ufficiale), Richard Alexander (camicia bruna)
Produzione
: Charles Chaplin Productions
Distribuzione
: United Artists (1945), BIM (2002), Il Cinema Ritrovato-Cineteca di Bologna (2015)
Durata
: 126'
Origine
: U.S.A., 1940
Prima proiezione: 15 ottobre 1940, Capitol e Astor Theatres, New York

Un barbiere ebreo che in seguito a ferite riportate nella guerra mondiale del 1915-18 aveva perso la memoria, dopo molti anni di degenza in un ospedale ritorna nella sua città in Germania dove riapre il proprio negozio. Nel frattempo, però, il dittatore che governa il Paese ha iniziato una feroce lotta contro gli ebrei e il malcapitato deve subire una marea di soprusi. Aiutato da una povera fanciulla sua correligionaria per la quale nutre sentimenti di affetto, il barbiere fa subire spesso ai ridicoli e inumani sgherri del dittatore - tratteggiato con sapida caricatura - dei gustosi smacchi.
Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin come non si era mai visto. E’ quello che è tornato nelle sale (…), restaurato e restituito alla sua versione originale, per lingua e metraggio, grazie alla Cineteca di Bologna. In sala e in dvd, in un cofanetto che affianca al capolavoro chapliniano un intero disco di extra ricco di materiali e documentari inediti oltre a un prezioso libretto illustrato, curato con la passione e il rigore di sempre da Cecilia Cenciarelli, responsabile per la stessa Cineteca dello sterminato Archivio Chaplin che gli eredi hanno affidato più di dieci anni fa all'istituzione bolognese e da cui continuano a scaturire sempre nuove sorprese. Un doppio appuntamento davvero da non perdere, dunque. Perché da tempo “The Great Dictator” non si vedeva in condizioni cosi accurate. E nessun film forse merita un attento inquadramento storico quanto questo capolavoro del comico, concepito, elaborato e infine realizzato in mezzo alla più spaventosa tempesta del Novecento. Non tutti sanno infatti che nella laboriosa gestazione de “Il Grande Dittatore” c'è anche il progetto a lungo accarezzato di un film su Napoleone, accantonato da Chaplin per dedicarsi a quella che sulle prime sembrava una pura follia. Un film - comico - su Hitler, l'uomo che stava incendiando il mondo, basato sull'indiscutibile somiglianza fra il dittatore e l'attore, commentata sulla stampa fin dai tempi dell'ascesa di Hitler («Mi ha rubato i baffetti», sosteneva Chaplin, e altrettanto diceva - mentendo - il Führer, che per un capriccio del destino era nato esattamente 4 giorni dopo il grande cineasta inglese, il 20 aprile 1889). A suggerire l'idea di puntare sulla loro somiglianza sviluppando una trama basata sul classico scambio di persona pare sia stato il produttore Alexander Korda. Ma Chaplin non prese certo le cose alla leggera, e come avrebbe potuto? Il primo titolo, “The Dictator”, fu depositato il 12 novembre 1938, tre giorni dopo la famigerata Notte dei Cristalli. Il primo ciak, sul set del ghetto, venne battuto quasi un anno più tardi, il 9 settembre 1939, otto giorni dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Nel frattempo l'autore di “Tempi moderni” (ovviamente proibito a suo tempo da Hitler) accumulò una tale mole di ricerche, idee, spunti, gag, che il vero problema si rivelò quello di cercare una solida coerenza drammaturgica. “Il Grande Dittatore” sarebbe stato infatti il primo film di Chaplin pianificato al dettaglio. I soli momenti lasciati all'improvvisazione furono quelli da cui nacquero alcune tra le scene più celebri, come la rasatura coreografata sulle note della Danza ungherese n. 5 di Brahms, il comizio di Hynkel in grammelot. E naturalmente, almeno in parte, la danza del dittatore con il mappamondo sul preludio del Lohengrin, una delle scene più belle e insieme irresistibili della storia del cinema. Per il resto Chaplin, che prima di scrivere aveva passato mesi a visionare materiali d'attualità su Adolf Hitler/Adenoid Hynkel e Benito Mussolini/Benzino Napaloni, riscrisse, limò, rigirò, eliminò intere parti del film. Tra cui quelle, in una prima stesura molto sviluppate, ambientate in un campo di concentramento che era una specie di versione ‘al quadrato’ dei luoghi miserabili ma pieni di umanità visti in tanti film di Charlot. A film uscito Chaplin avrebbe ripetuto più volte che non avrebbe girato un metro di pellicola se avesse saputo cosa accadeva davvero nei lager nazisti. L'ingenuità di queste scene, in parte girate ma non montate (…), prova se ce ne fosse bisogno la sua buona fede. Ma anche l'inesauribile creatività di un uomo che Hollywood aveva guardato sempre con sospetto continuando a considerarlo un ‘alieno’, e non solo nel senso di straniero, come risulta dalle migliaia di pagine accumulate su di lui dal FBI fin dal 1922. Gli ostacoli da superare per realizzare “Il Grande Dittatore” non erano infatti solo di natura artistica o morale. Accanto ai tanti scrittori e registi europei antifascisti fuggiti sulla famosa linea Vienna-Berlino-Hollywood, c'era infatti una Hollywood silenziosamente ma concretamente collaborazionista che per non perdere il lucroso mercato tedesco arrivava, attraverso il Will Hays inventore del codice di autocensura eponimo, a collaborare col console di Hitler a Las Angeles. Solo l'ostinazione e l'indipendenza anche economica di Chaplin gli permisero di portare a termine un film che molti tentarono di boicottare dai due lati dell'Atlantico, magari insinuando che poteva nuocere alla causa ebraica (causa a cui Chaplin avrebbe devoluto tutti i proventi europei).
Difficile pensare, oggi, che il vibrante discorso del gran finale, in buona parte ispirato agli interventi e agli scritti pacifisti di Einstein, avrebbe potuto non impressionare mai la pellicola. Ma fa male anche pensare che, forse per ottime ragioni, Chaplin eliminò dalla sceneggiatura finale tutta la parte dedicata alla moglie di Hynkel, un'americana sfacciata, vistosa, nonché segretamente ebrea, che trattava a pesci in faccia il dittatore e avrebbe avuto il volto e la verve di Fanny Brice, la leggendaria comica anni Trenta che molto tempo dopo avrebbe ispirato il film “Funny Girl” con Barbra Streisand. La Storia probabilmente è stata buona consigliera, Ma dio solo sa cosa ci siamo persi.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero

Martedì 16 febbraio 2016:
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di Rok Bicek, con Igor Samobor, Natasa Barbara Gracner, Tjasa Zeleznik, Masa Derganc

 

 
 
 
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