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Cineforum 2016/2016 | 12 aprile 2016

Foto di cineforumborgo

FOXCATCHER - UNA STORIA AMERICANA

Titolo originale: Foxcatcher
Regia
: Bennett Miller
Sceneggiatura
: E. Max Frye, Dan Futterman
Fotografia
: Greig Fraser
Musiche
: Rob Simonsen, Mychael Danna ("Valley Forge Theme")
Montaggio
: Stuart Levy, Conor O'Neill, Jay Cassidy (Jay Lash Cassidy)
Scenografia
: Jess Gonchor
Arredamento
: Kathy Lucas
Costumi
: Kasia Walicka-Maimone
Interpreti
: Steve Carell (John du Pont), Channing Tatum (Mark Schultz), Mark Ruffalo (David Schultz), Vanessa Redgrave (Jean du Pont), Sienna Miller (Nancy Schultz), Anthony Michael Hall (Jack), Guy Boyd (Henry Beck), Dave "Doc" Bennett (regista di documentari), Brett Rice (Fred Cole), Corey Jantzen (CJ), Daniel Hilt (Robert Garcia), Samara Lee (Danielle Schultz), Jesse Jantzen (Jesse), Jane Mowder (Rosie), Francis J. Murphy III (Wayne Kendall), Ben Fallon (Glenn Glass), John DeLouis (sé stesso), Zach Kriger (sé stesso), Anthony Novosel (sé stesso)
Produzione
: Megan Ellison, Bennett Miller, Jon Kilik, Anthony Bregman per Annapurna Pictures/Likely Story/Media Rights Capital
Distribuzione
: BIM
Durata
: 134'
Origine
: U.S.A., 2014
Premio per la miglior regia al 67. Festival di Cannes (2014)

Basato su fatti realmente accaduti, è la oscura e affascinante storia della singolare amicizia - segnata da un drammatico epilogo - tra un eccentrico milionario e due campioni di lotta libera. Mark Schultz, vincitore della medaglia d'oro alle Olimpiadi, viene invitato dal ricco ereditiere John du Pont che ha organizzato nella sua tenuta una palestra per formare la squadra di lottatori che dovranno concorrere alle Olimpiadi di Seul del 1988: la 'Team Foxcatcher'. Schultz accetta volentieri, cogliendo anche l'occasione per affrancarsi dalla figura di suo fratello Dave, anche lui campione di lotta libera, che si è sempre occupato di lui e dei suoi allenamenti. Per du Pont, invece, riuscire a mettere in piedi una squadra di livello mondiale è un modo per ottenere finalmente il rispetto che pensa di meritare agli occhi del mondo e, soprattutto, di sua madre. Lusingato per l'attenzione e affascinato dalla mondo dorato del milionario, Mark diventa sempre più dipendente dal suo mentore fino a quando, però, du Pont compirà un gesto estremo che porterà alla morte di Dave.
«E’ come il wrestling»: nel gergo sbrigativo degli appassionati di sport, l’espressione rimanda ad una competizione falsa, stucchevole nella sua appariscenza a buon mercato. «E’ come il wrestling» è l’epiteto che rifili alla partita di calcio dove hai l’impressione che l’arbitro abbia aiutato i più forti oltre ogni decenza, una forma stenografica buona per i momenti in cui lo sport ci appare corrotto nelle fondamenta, nei suoi valori di base: agonismo, onestà, rispetto dell’avversario e delle regole. Eppure la parola wrestling, prima che il circo dello spettacolo vi piantasse le sue tende, faceva riferimento ad una disciplina olimpica nobile e antica: due lottatori su una pedana, ciascuno proteso nello sforzo di abbattere ed immobilizzare l’altro.
Il fascino malinconico di “Foxcatcher” sta qui, nella dolorosa consapevolezza di qualcosa di puro che oggi abbiamo smarrito, che ha dovuto cedere il passo alla legge dell’istrionismo e della fascinazione spettacolare. Nel passaggio dalla lotta (olimpica) al wrestling (televisivo) è all’opera un processo di corruzione etica di cui il film di Miller prova a rintracciare l’origine, andando a riesumare una storia vera, lo strano rapporto fra un campione olimpico di lotta, Mark Schultz, e un miliardario americano appassionato di questo sport, John du Pont.
In principio il protagonista, pur avendo già vinto un oro olimpico, conduce una vita austera, junk-food e allenamenti, almeno fino a quando nella sua vita irrompe improvvisamente il miliardario, che in forza della sua sconfinata ricchezza lo trasferisce nella propria tenuta e gli sovvenziona la preparazione atletica. Lungi dall’essere un demone corruttore, du Pont vede a sua volta nella lotta qualcosa di puro, capace di riportare l’America ai quel connubio di combattività e onestà che pare avere perso per strada.
E paradossalmente è proprio questo elemento a dare forza al film: nulla di mefistofelico nel personaggio del magnate, solo una sorta di sfibrata riluttanza a cambiare il corso delle cose, ad opporsi alla dinamica del denaro e del potere, che sembra guastare le cose con sinistra e silenziosa inevitabilità, quasi a dispetto della volontà degli uomini, sopra le loro teste.
La ricchezza, nella famiglia du Pont, ha guastato la scena prima ancora che Schultz vi faccia la sua comparsa, dunque la storia non può che essere quella di una discesa agli inferi, che la regia di Miller registra con implacabile imperturbabilità, un campo lungo dopo l’altro, facendo implodere la tragedia tra le mille stanze della villa del magnate. Corroso dal denaro, lo sport si polverizza gradualmente, sino a quando l’antagonismo tra due uomini si risolve non in un combattimento leale ma con un colpo di arma da fuoco.
Messi in fila, “Foxcatcher”, “Nebraska” e “Wolf of Wall Street” formulano un trittico di agghiacciante efficacia sui guasti prodotti dalla ricchezza e dal denaro; quasi a dire che l’America non è stata ferita dal rumore assordante di un aereo che si schianta contro un grattacielo, ma dal frusciare invitante delle banconote che si accumulano l’una sull’altra.
Leonardo Gandini, Cineforum

Dopo “Moneyball - L’arte di vincere”, Bennett Miller prende ancora lo sport per raccontare gli States nella loro natura più agonistica, quella antropologica e ideologica: l’incredibile, ma vera (non sveliamo oltre) vicenda del miliardario maniaco del controllo John du Pont e dei fratelli lottatori Schultz quale metafora esibita dell’ultracapitalismo stelle & strisce, all’apogeo del declino dell’impero reaganiano. Sul tappeto Channing Tatum (non è solo manzo, è bravo!) e Mark Ruffalo (solido), a bordo ring il metamorfico Steve Carell nel ruolo della vita, un film competitivo, tosto e, sì, imperdibile, che lesina assai sui dialoghi e fa della macchina da presa un 'ferma oggetti' e 'cristallizza gli attimi', i sintagmi della relazione malata tra il miliardario e il wrestler, la mente e il braccio. Di primo acchito la glacialità geometrica della regia può raffreddare il valore esplicito del film, ma “Foxcatcher” non ti molla, caro spettatore, finché non vai al tappeto. Da vedere, anche per farci venire un po' d'amarezza: ma da noi un film così magari partendo dal calcio chi lo fa, nessuno?
Federico Pontiggia, Il Fatto Quotidiano

BENNETT MILLER
Filmografia:

Truman Capote
- A sangue freddo (2005), Moneyball - L’arte di vincere (2011), Foxcatcher - Una storia americana (2014)

Martedì 19 aprile 2016:
CHI E’ SENZA COLPA
di Michaël R. Roskam, con Tom Hardy, Noomi Rapace, James Gandolfini, Matthias Schoenaerts, John Ortiz

 

 
 
 
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Data di creazione: 29/09/2007
 

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