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Cineforum 2018/2019 | 19 marzo 2019

Foto di cineforumborgo

 

DOGMAN

Regia: Matteo Garrone
Soggetto: Ugo Chiti, Massimo Gaudioso, Matteo Garrone
Sceneggiatura: Ugo Chiti, Massimo Gaudioso, Matteo Garrone
Fotografia: Nicolaj Brüel
Montaggio: Marco Spoletini
Scenografia: Dimitri Capuani
Costumi: Massimo Cantini Parrini
Suono: Maricetta Lombardo (presa diretta)
Aiuto regia: Paolo Trotta
Interpreti: Marcello Fonte (Marcello), Edoardo Pesce (Simoncino), Nunzia Schiano (madre di Simoncino), Adamo Dionisi (Franco), Francesco Acquaroli (proprietario Videolottery), Alida Baldari Calabria (Alida), Gianluca Gobbi (proprietario ristorante), Laura Pizzirani (madre di Alida), Giancarlo Porcacchia (Gasparone), Aniello Arena (ispettore di Polizia), Mirko Frezza (pusher), Marco Perfetti (pusher), Vittorio Russo (commerciante), Gennaro Iannone (commerciante), Emanuele Barbalonga (padrone cane), Daniele Saliceti (presentatore Fiera), Nelly Oliva (presentatrice Fiera), Miriam Platano (angelo night)
Produzione: Matteo Garrone, Jean Labadie, Jeremy Thomas, Paolo Del Brocco per Archimede Film/Le Pacte, con Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 100'
Origine: Italia, Francia, 2018
Data uscita: 17 maggio 2018
Premio per la migliore interpretazione maschile (Marcello Fonte) al 71. Festival di Cannes (2018).

In una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l'unica legge sembra essere quella del più forte, Marcello è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l'amore per la figlia Sofia, e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino, un ex pugile che terrorizza l'intero quartiere. Dopo l'ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta dall'esito inaspettato.
Matteo Garrone conferma il suo valore con uno dei film più potenti e compatti del festival. (……). Una vicenda che poteva essere semplicemente un compendio delle sue ossessioni legato al versante ‘nero’ di “L'imbalsamatore” e “Primo amore”, ma che diventa qualcosa di più, come se il senso dell'opera scaturisse dalla forza allucinata dello stile. Lo spunto iniziale è la vicenda del ‘canaro’, fattaccio di cronaca della Roma anni ‘80: un toelettatore per cani torturò e uccise il bullo di quartiere che lo vessava, facendo scempio del cadavere. Qui Marcello (Marcello Fonte), separato dalla moglie e con una figlia, è una specie di ultimo tra gli ultimi, che nel suo negozietto in un ecomostro (il set è il villaggio Coppola, lungo la via Domitiana, ma l'ambientazione non è specificata) cerca di tirare aventi facendosi accettare dagli abitanti del quartiere, e subendo le prepotenze di Simoncino (Edoardo Pesce), energumeno violento di cui molti si vorrebbero liberare. Ma il rapporto tra i due, e di Marcello con il prossimo in genere, non è schematico: piccole sfumature lo arricchiscono di una dimensione sottile, anche se il film è in apparenza tutto fatti e cose. Chi cerca la morbosità resterà deluso. “Dogman” è una fiaba nera angosciante, cupissima, in cui il compiacimento è evitato grazie a una dote primaria, che Garrone possiede in sommo grado: il trasporto sensuale per ogni ambiente osservato, fosse pure il più abbrutito; la promiscuità con cui aderisce ai propri personaggi. La cosa sorprendente del film è proprio l'amore del regista per i suoi personaggi, mai guardati dall'alto in basso; a cominciare dal protagonista, che alla fine, nella sua miseria, è quasi un paradossale Cristo di oggi, capro espiatorio di colpe altrui che all'inizio fa in pratica resuscitare un cadavere (non diciamo altro), e che alla fine trascina sulle spalle un peso sovrumano in una specie di via crucis. Come “Reality” non era un film sulla tv, ma l'apologo di un santo all'incontrario perseguitato da una Chiamata, anche “Dogman” è, a suo modo, un film religioso. Garrone va oltre ogni rappresentazione sociologica e supera per così dire il realismo estremizzandolo; utilizza il luogo con quella sensibilità da pittore già all'opera in “Gomorra”, come uno scenario da fantascienza post-apocalittica, di cui sottolinea l'aspetto quasi teatrale con l'uso di piani fissi e inquadrature a figura intera. Non ci sono più storia e politica nel mondo di “Dogman”, fatto di una violenza primaria, e non ci sono quasi nemmeno donne. Rimane una comunità di relitti, quasi tutti maschi (s'intravede una moglie, e c'è la figlia, unico barlume di umanità), senza altro movente che il denaro e la sopravvivenza personale. Insomma, uomini come noi. Il protagonista ha di diverso questo attaccamento quasi ferino per umani e animali, e la sua vera ferita è l'essere bandito da una comunità, per quanto incarognita e violenta. La regia inchioda in maniera quasi soffocante, aderendo perfettamente al racconto, senza una sola scelta banale e senza esibizionismi. Con il suo sorriso mite e quasi ebete, e con un romanesco parlato con accento calabrese, l'uomo dei cani Marcello Fonte è indimenticabile, è il film stesso. Intorno a lui un coro di personaggi definiti con pochi tocchi, grazie anche a un cast impeccabile: Garrone (non lo si dice mai) è anche un grande direttore d'attori.
Emiliano Morreale, La Repubblica

Si può dire che, unico tra i registi italiani, Matteo Garrone usa le immagini per raccontare storie. (……)  Il metodo Garrone, se applicato a una storia universale e potente come quella di “Dogman”, produce un film senza un minuto di troppo, e senza un minuto sbagliato. Posti squallidi al cinema ne abbiamo visti tanti, ma qui il direttore della fotografia Nicolaj Brüel li spoglia di qualsiasi risvolto sociologico o cronachistico. E’ un brutto posto, con pozzanghere e neon tremolanti sul punto di spegnersi, dove un toelettatore di cani - che con un cane vive e con lui si spartisce i maccheroni, uno a te e uno a me - lima le unghie agli alani, fa la cresta ai barboncini prima del concorso di bellezza, all’occasione spaccia qualche bustina di droga. Il canaro, appunto: il film prende spunto dalla cronaca nera (come “L’imbalsamatore”, anno 2002). Avviso ai sensibili, a chi teme un eccesso di violenza e ha a cuore la sorte del genere canino: sono gli umani che si fanno male in “Dogman”, e anche quella violenza è mostrata quanto basta. Marcello Fonte è un attore magnifico, con la sua vocetta e gli occhi alla Buster Keaton (da cinema muto anche qualche gag con i cani). Il picchiatore del quartiere - l’attore è Edoardo Pesce - ha la stazza giusta per sovrastarlo e smuoverne le resistenze, trasmettendo allo spettatore terrore e di compassione per il debole che non trova via d’uscita. Ai meriti di Matteo Garrone va aggiunta una direzione d’attori impeccabile. Abbiamo detto fin troppo, abbastanza per farvelo diventare antipatico (e cercare di trovargli un difetto qualsiasi, è il gioco delle aspettative). Ma che bello avere ogni tanto un film italiano per cui viene voglia di fare il tifo.
Mariarosa Mancuso, Il Foglio

MATTEO GARRONE
Filmografia
:
Silhouette (1995), Bienvenido espirito (1997), Terra di mezzo (1997), Un caso di forza maggiore (1997), Oreste Pipolo, fotografo di matrimoni (1998), Ospiti (1998), Estate Romana (2000), L'imbalsamatore (2002), Primo amore (2004), Gomorra (2008), Reality (2012), Il racconto dei racconti - Tale of Tales (2014), Dogman (2018), Pinocchio (2019)

Martedì 26 marzo 2019:
L’APPARTAMENTO di Billy Wilder, con Jack Lemmon, Shirley MacLaine, Fred MacMurray, Ray Walston, Jack Kruschen

 

 

 
 
 
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Data di creazione: 29/09/2007
 

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