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Cineforum 2010/2011 - 8 febbraio 2011

Post n°103 pubblicato il 08 Febbraio 2011 da cineforumborgo
 
Foto di cineforumborgo

L’UOMO CHE VERRA’

Regia: Giorgio Diritti
Soggetto
: Giorgio Diritti

Sceneggiatura
: Giorgio Diritti, Giovanni Galavotti, Tania Pedroni

Fotografia
: Roberto Cimatti

Musiche
: Marco Biscarini, Daniele Furlati

Montaggio
: Giorgio Diritti, Paolo Marzoni

Scenografia
: Giancarlo Basili

Costumi
: Lia Francesca Morandini

Effetti
: Limina

Interpreti
: Alba Rohrwacher (Beniamina), Maya Sansa (Lena), Claudio Casadio (Armando), Greta Zuccheri Montanari (Martina), Vito  (Stefano Bicocchi) (signor Bugamelli), Eleonora Mazzoni (signora Bugamelli), Orfeo Orlando (il mercante), Diego Pagotto (Pepe), Bernardo Bolognesi (il partigiano Gianni), Stefano Croci (Dino), Zoello Gilli (Dante), Timo Jacobs (ufficiale medico delle SS), Germano Maccioni (don Ubaldo), Taddhaeus Meilinger (capitano delle SS), Francesco Modugno (Antonio), Maria Grazia Naldi (Vittoria), Laura Pizzirani (Maria), Frank Schmalz (ufficiale della Wehrmacht), Tom Sommerlatte (ufficiale delle SS), Raffaele Zabban (don Giovanni)

Produzione
: Simone Bachini e Giorgio Diritti per Aranciafilm/Rai Cinema

Distribuzione
: Mikado

Durata
: 117’

Origine
: Italia, 2009

Inondati da rievocazioni scolastiche o ricostruzioni troppo schematiche della Seconda guerra mondiale e dei suoi episodi, dove il cinema viene piegato alle ambizioni propagandistiche di questo o di quello, la visione di “L’uomo che verrà” offre lo stesso sollievo di una boccata di aria fresca a chi si sente soffocare. Rigoroso, emozionante, onesto, appassionato, il film di Diritti sa coniugare lucidità morale e lettura storica con uno stile insolito per il cinema italiano, di elegante e non ostentata classicità. Da vero (e grande) regista.
(……) Il film, ambientato nelle colline bolognesi vicino a Marzabotto, racconta la dura vita quotidiana della famiglia contadina Palmieri, dall’inverno 1943 all’autunno 1944: i nazisti presidiano con determinazione la Linea gotica, i partigiani si impegnano nell’infastidire e sabotare le azioni degli occupanti e i civili cercano di campare alla meno peggio, subendo le intimidazioni degli uni e le richieste degli altri, mentre la vita non può che continuare il suo percorso: Lena (Sansa) porta in grembo l’«uomo che verrà» a cui fa riferimento il titolo, la cognata Beniamina (Rohrwacher) spera di migliorare la sua condizione andando a servire a Bologna, il marito Armando (Casadio) si dibatte tra i vincoli della mezzadria e le imposizione fasciste, tutti, insieme ai contadini che abitano nella stessa cascina, condividendo la dura vita quotidiana e quel che resta della voglia di trovarsi insieme a ballare o chiacchierare.

A guidare lo spettatore c’è lo sguardo curioso di Martina (Zuccheri Montanari), la figlia di Lena e Armando, diventata muta dopo la morte di un precedente fratellino e trepidante custode di quello in arrivo: grazie a lei conosciamo i comportamenti delle truppe naziste, le fughe precipitose nei nascondigli tra i boschi, le azioni dei partigiani, le morti e le sconfitte, ma soprattutto l’inevitabile intrusione della guerra, e della sua violenza, nella vita di tutti i giorni.

Il fratellino nascerà nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1944 e la Storia ci ha già detto che cosa succederà negli stessi giorni: in nome di un’agghiacciante esigenza di «bonifica territoriale», i nazisti rastrellano più di ottocento persone, soprattutto donne, bambini e anziani, che uccidono senza nemmeno la giustificazione di una rappresaglia. Non anticipiamo il destino dei personaggi che abbiamo conosciuto e che il film mostra con documentata partecipazione ma sarebbe ingiusto ridurre “L’uomo che verrà” a una, pur corretta, ricostruzione della strage di Monte Sole (Marzabotto è solo uno dei comuni della zona, quello più conosciuto).

Diritti guarda oltre, alla sofferenza e alla disperazione di tutti coloro che il cinismo del linguaggio definisce come «danni collaterali», al dolore e alla tragedia di quegli inermi che pagano sulla propria pelle la follia della guerra. Per farlo non amplifica le occasioni di spettacolo o di suspense. Non gli interessa - giustamente - farci palpitare per chi si salva perché dietro a ogni vita risparmiata ce ne sono troppe distrutte. Piuttosto vuole farci riflettere sulle assurdità delle guerre e delle violenze. E non tanto in nome di un pacifismo razionale ma per un’umanissima empatia con le vittime. A quegli uomini, quelle donne e quei bambini che vanno incontro alla morte ci siamo affezionati vedendo la grama vita quotidiana, sentendo il loro odore di terra o di stalla e soffrendo la loro stessa povertà, ascoltando la durezza di una lingua che ha le stesse asprezze dei volti (per questo era necessario far parlare tutti in dialetto; per questo non disturbano i necessari sottotitoli).

Diritti filma tutto con uno stile che sarebbe piaciuto a Bazin e a chi come lui rivendicava al cinema la capacità di restituire sullo schermo la forza della realtà: gira dal vero, mescola volti di professionisti (Sansa, Rohrwacher, Casadio: tutti eccellenti) a altri presi sul posto (la piccola Greta Zuccheri Montanari ma anche i tanti vecchi dei luoghi, alcuni, da giovani, testimoni del vero eccidio nazista), evita luoghi comuni e cadute retoriche. E riesce a regalarci una delle più belle prove di un cinema finalmente necessario, di altissimo rigore morale e insieme di appassionante e coinvolgente forza civile. Un capolavoro.

Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera

Volti lontani sempre presenti. Nel riprendere con coscienza antropologica ed epica l'attualità morale dell'eccidio di Marzabotto, l'autore del sorprendente “Il vento fa il suo giro” considera la falcidia complessiva del Monte Sole, a sud di Bologna (1944), 770 persone al lavoro sui campi per sopravvivere alla guerra, raccolte e uccise a gruppi, o uno per uno. Il regista sceneggiatore conta sui racconti ascoltati, riscontrabili o no. Conta, e questa è una scelta di etica romanzesca, sull'energia dei ricordi, sulla fisiognomica di un microcosmo, sulla spartana conduzione delle famiglie, sulla riesumazione dei tempi e della luce contadini. Tra quotidiane angosce e partigiani confusi spiccano le sensibili scoperte di una ragazzina braccata. La ragionata distruzione che esplode diventa un riscatto dei vinti. Peccato l'ostinata filologia dialettale che a tratti ingessa ottimi attori (Maya Sansa, la scoperta Casadio, e la coppia Bicocchi-Mazzoni, la Rohrwacher). La dialettica campo lungo/primo piano tocca il cuore del cinema classico. Esperienza audiovisiva adulta di una tragedia storica. Da non perdere.
Silvio Danese, Quotidiano Nazionale

GIORGIO DIRITTI
Filmografia
:

Il vento fa il suo giro (2005), L’uomo che verrà (2009)

 

Martedì 15 febbraio 2011:
AFFETTI E DISPETTI (LA NANA) di Sebastiàn Silva, con Catalina Saavedra, Claudia Celedón, Mariana Loyola, Alejandro Goic

 

 
 
 
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Data di creazione: 29/09/2007
 

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