CINEFORUM BORGOI film, i personaggi e i commenti della stagione 2019/2020 |
Messaggi di Febbraio 2019
Post n°410 pubblicato il 24 Febbraio 2019 da cineforumborgo
CHIAMAMI COL TUO NOME Regia: Luca Guadagnino È l'estate del 1983 nel nord dell'Italia, ed Elio Perlman, un precoce diciassettenne americano, vive nella villa del XVII° secolo di famiglia passando il tempo a trascrivere e suonare musica classica, leggere, e flirtare con la sua amica Marzia. Elio ha un rapporto molto stretto con suo padre, un eminente professore universitario specializzato nella cultura greco-romana, e sua madre Annella, una traduttrice, che gli danno modo di approfondire la sua cultura in un ambiente che trabocca di delizie naturali. Mentre la sofisticazione e i doni intellettuali di Elio sono paragonabili a quelli di un adulto, permane in lui ancora un senso di innocenza e immaturità, in particolare riguardo alle questioni di cuore. Un giorno, arriva Oliver un affascinante studente americano, che il padre di Elio ospita per aiutarlo a completare la sua tesi di dottorato. In un ambiente splendido e soleggiato, Elio e Oliver scoprono la bellezza della nascita del desiderio, nel corso di un'estate che cambierà per sempre le loro vite. (…...) questo percorso di conoscenza e di scoperta non avrebbe fascino e armonia, se la storia non fosse accompagnata dalla descrizione di un mondo che sembra fatto per accompagnare Elia (e lo spettatore) verso un'esperienza fondativa. Mi sembra questa la vera forza di “Call me by your name” di Luca Guadagnino: al centro del film non c’è tanto la scoperta della propria omosessualità, quanto la possibilità di farlo, il sogno (o l'utopia) di un ambiente che sappia accettare le pulsioni del desiderio ovunque portino e che, come dice un padre meravigliosamente sensibile, siano d'aiuto alla propria crescita. LUCA GUADAGNINO Martedì 5 marzo 2019:
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Post n°409 pubblicato il 13 Febbraio 2019 da cineforumborgo
ABRACADABRA Regia: Pablo Berger Carmen vive nella periferia di Madrid con il marito Carlos. Lei è una casalinga dedita alla famiglia; lui un operaio edile, tifoso di calcio che vive solo per il Real Madrid. Un giorno, la normale routine della coppia viene sconvolta per sempre. A un ricevimento di nozze, il cugino di Carmen, Pepe, ipnotizzatore dilettante, decide di dare una dimostrazione delle sue doti e chiede un volontario tra il pubblico e Carlos, scettico, decide di stare al gioco. Il mattino dopo, però, l'uomo inizia a comportarsi stranamente: qualcosa è andato storto e ora è posseduto da uno spirito. Tutti i cugini decidono così trovare insieme il modo per far tornare Carlos normale, mentre Carmen comincia a sentirsi curiosamente attratta dal ‘nuovo’ marito. Plumbea periferia di Madrid. Real solo sul campo di calcio, unico piacere del muratore e tifoso Carlos (Antonio de la Torre) descritto come un bruto, marito cavernicolo di Carmen (Maribel Verdú, “Y tu mamá también”) e padre scellerato di un’adolescente. Prologo fulminante con le due donne acconciate con abiti-lampadario per una festa di nozze, impazienti del fischio finale mentre l’uomo sbraita davanti alla tv. Pedro Almodóvar si dissocia dalla crisi di nervi di donne e uomini, anche se il bizzarro made in Spagna non può che evocarlo. Colori acidi, maschere, travestimenti, camp e kitsch sono difficili da maneggiare, tranne che per il regista di Carne tremula. “Abracadabra”è la parola magica pronunciata dal cugino di Carmen, Pepe (José Mota), che ipnotizza Carlos e gli infonde uno spirito schizofrenico così perverso da farlo disamorare del Real Madrid e appassionare all’aspirapolvere e ai lavori di casa. Il villain ignorante è cambiato. Pablo Berger ha vinto dieci premi Goya con il suo secondo film, “Blancanieves” (2012), favola gotica muta e in bianco e nero, e adesso, al terzo titolo, sceglie la commedia surreale che gli riesce solo quando si tinge di nero, come nella sequenza di una carneficina immaginaria nelle cucine di un ristorante, attraversato da uno scimpanzé vestito di rosso e armato di coltello. O in altre macabre visioni condite di grottesco, a cominciare dal dottor Fumetti, un ruvido ‘mago’ cialtrone, e nella pantomima di un funereo venditore di case che mima lo sgozzamento di una vittima in un clima da “Psyco”. Ma alla fine il messaggio liberatorio della casalinga inquieta rivaluta l’ultras Carlos. PABLO BERGER Martedì 26 febbraio 2019:
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Post n°408 pubblicato il 09 Febbraio 2019 da cineforumborgo
TONYA Titolo originale: I, Tonya Golden Globe 2018 a Allison Janney come miglior attrice non protagonista; Oscar 2018 ad Allison Janney come miglior attrice non protagonista. L'incredibile storia vera di Tonya Harding, pattinatrice artistica su ghiaccio salita alla ribalta internazionale non solo per le sue doti sportive, ma anche per il coinvolgimento nell'aggressione alla collega Nancy Kerrigan, nel gennaio 1994. (……) Il film di Gillespie, in effetti, è #teamTonya: la verità è sfuggente, ma la versione vincente è quella di Harding, ‘mandante inconsapevole’ (voleva «solo spaventarla») dell’attacco che mise fuori gioco la rivale Kerrigan, colpita al ginocchio con una spranga da un balordo prezzolato. Ci sarebbe lo spazio per riflessioni non banali sul perverso rapporto tra l’America e la fama, ma a Gillespie non interessano poi tanto: “Tonya” è un frullato dopato di cinema indie-pop, un ritratto coenianamente acido, scorsesianamente grottesco, avvitato su montaggio ammiccante e pezzi da playlist (Fun Lovin’ Criminals, Supertramp, Fleetwood Mac). Il meglio viene dagli attori: Allison Janney nobilita il suo ruolo da Oscar (girato in soli otto giorni) e ispessisce la sottotrama più rilevante, il tragico rapporto madre/figlia dietro la parabola sportiva; Margot Robbie dà a Tonya un’energia quasi repellente. I veri geni, però, sono quelli di Eight VFX ed Eisko, responsabili degli stupefacenti effetti digitali che hanno permesso di incollare il viso di Robbie sulle evoluzioni in pista di due pattinatrici professioniste, con trucco davvero invisibile: i tripli axel di Harding, filologicamente ricostruiti in sequenze mozzafiato, restano le emozioni più autentiche del film, e ci dicono probabilmente molto del futuro del cinema. CRAIG GILLESPIE Martedì 19 febbraio 2019:
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Post n°407 pubblicato il 03 Febbraio 2019 da cineforumborgo
UN SOGNO CHIAMATO FLORIDA Titolo originale: The Florida Project La piccola Moonee ha 6 anni e un carattere difficile. Lasciata libera di scorrazzare nel Magic Castel Hotel alla periferia di Disney World, la bambina passa il suo tempo con un gruppo di monelli del posto e i suoi scherzi non sembrano preoccupare troppo la giovane madre Halley che, dovendosi barcamenare in una situazione precaria come gli altri abitanti del motel, è troppo concentrata su come riuscire ad andare avanti, più o meno onestamente. L'unico che cerca di tenere insieme le cose è Bobby, il manager dell’Hotel... (……) Baker esplora un paese relegato, letteralmente parlando, alla soglia del Magic Kingdom. Girato nella galassia di motel cresciuti alla periferia di Disney World, nei dintorni di Orlando, e oggi popolati di famiglie rimaste homeless, “The Florida Project” usa le architetture approssimativamente esotiche, i rosa e gialli vivaci, i fast food a forma di arance giganti e la vegetazione tropicale che sembra sbucare dall'asfalto, per evocare un senso di fiabesca avventura infantile non dissimile da quello del film di Todd Haynes, “Wonderstruck”. Ma i bimbi del suo nuovo lavoro (in gran parte non attori, come il resto del cast) ricordano piuttosto i 'Little Rascals' di Hal Roach, monelli impuniti in una serie di corti, realizzati tra gli anni ‘20 e i ‘40, in piena Grande depressione. (…...) Usando con abilità un cast reclutato in gran parte via Instagram, Baker adotta il punto di vista dei bambini per dare una dimensione avventuroso fantastica allo squallore - ma poi squarcia quel sogno con drammatici istanti di pericolo (……) per coglierne la precarietà, il dolore e la drammatica ingiustizia. SEAN BAKER Martedì 12 febbraio 2019:
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Inviato da: PaceyIV
il 25/02/2020 alle 13:33
Inviato da: Recreation
il 08/02/2018 alle 13:37
Inviato da: minarossi82
il 11/11/2016 alle 18:03
Inviato da: generazioneottanta
il 16/07/2016 alle 19:27
Inviato da: generazioneottanta
il 20/03/2016 alle 10:30