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Messaggi del 03/02/2019

Cineforum 2018/2019 | 5 febbraio 2019

Foto di cineforumborgo

 

UN SOGNO CHIAMATO FLORIDA

Titolo originale: The Florida Project
Regia: Sean Baker
Sceneggiatura: Sean Baker, Chris Bergoch
Fotografia: Alexis Zabé
Musiche: Matthew Hearon-Smith
Montaggio: Sean Baker
Scenografia: Stephonik Youth
Costumi: Fernando A. Rodriguez
Interpreti: Willem Dafoe (Bobby), Brooklynn Kimberly Prince (Moonee), Bria Vinaite (Halley), Valeria Cotto (Jancey), Christopher Rivera (Scooty), Caleb Landry Jones (Jack), Karren Karagulian (Narek)
Produzione: Sean Baker, Chris Bergoch, Shih-Ching Tsou, Andrew Duncan, Alex Saks, Kevin Chinoy, Francesca Silvestri per June Pictures, in associazione con CRE Films/Freestyle Pictures Company
Distribuzione: Cinema di Valerio De Paolis
Durata: 111'
Origine: U.S.A., 2017
Data uscita: 22 marzo 2018

La piccola Moonee ha 6 anni e un carattere difficile. Lasciata libera di scorrazzare nel Magic Castel Hotel alla periferia di Disney World, la bambina passa il suo tempo con un gruppo di monelli del posto e i suoi scherzi non sembrano preoccupare troppo la giovane madre Halley che, dovendosi barcamenare in una situazione precaria come gli altri abitanti del motel, è troppo concentrata su come riuscire ad andare avanti, più o meno onestamente. L'unico che cerca di tenere insieme le cose è Bobby, il manager dell’Hotel...
In quel piccolo mondo inquieto di bambini, Bobby è l'unica figura maschile e paterna. In Florida, terra delle arance, paradiso delle vacanze, ogni anno milioni di turisti accorrono per lasciarsi incantare dal Walt Disney World, dagli immensi parchi tematici, dalle illusioni tecnologiche, dalle magie infantili; alberghi a tema anche lussuosi, campi da golf, spettacoli, sole, safari, dinosauri, fantasmi e volendo ci si può anche sposare come fosse una fiaba. Ma non tutto è festa e distrazione e sogno lì ad Orlando: la crisi economica ha segnato le sue periferie, lungo l'autostrada che porta al regno Disney, nel vuoto di campi incolti, oltre una strada che si chiama Sette Nani, sorgono incongrui gli scarti della fantasia mercantile disneyana, la rivendita di gelati a forma di cono gelato, il negozio di souvenir con la facciata che è la testa di un nanetto barbuto, il bar con la cupola che riproduce mezza arancia; e costruzioni di appartamenti mai abitati e già in rovina, e motel impoveriti, a cui i turisti non si fermano che per sbaglio e ne fuggono orrificati, ormai abitati in permanenza, sin che ci sono i soldi, 35 dollari al giorno, da chi non può permettersi una casa e vive alla giornata. Eppure in tempo di vacanza da scuola, anche quello è un paradiso, per Moonee e Scooty e Lancey, bambini scatenati attorno ai sei anni, a caccia di avventure, libertà, azzardi: visto coi loro occhi, quel vecchio motel tinto di lilla e viola con le scale e balconate su cui si affacciano i monolocali, ha la stessa magia del mondo Disney, cui non si sono mai neppure avvicinati. “Un sogno chiamato Florida” è un volto dell'America povera e senza futuro, di una verità e grazia commoventi, allegro e malinconico, per la sapienza del regista Sean Baker e la genialità assoluta dei suoi interpreti, bambini qualsiasi scelti con casting locali: Baker ha avuto la sapienza di non farne degli attori, ma di lasciarli alla loro verità e spontaneità, alle corse, ai discorsi, alle risate, ai dispetti, alle gare di sputo, alle parolacce: alla felicità che l'infanzia sa trovare anche nella povertà, nel cibo trash, nell'amicizia paritaria tra i tre bambini che dividono anche il cono gelato che si sono fatti pagare da qualche grassona. Sean Baker, 47 anni, è un autore ultraindipendente, e i suoi film raccontano sempre di emarginati, come “Tangerine”, storia dell'amicizia tra due transessuali, girato con 3 iPhone: “Un sogno chiamato Florida” è stato a Cannes e a Torino, lungo il suo viaggio nei festival ha ricevuto molti premi ed è certamente tra i più belli dell'anno. Si chiama Magic Castle il vecchio motel viola che malgrado il disordine e i problemi irrisolvibili dei suoi inquilini riesce a conservare dignità e decoro; per merito di Bobby, il responsabile, interpretato da un magnifico Willem Dafoe, l'unica star del film e la sola figura paterna autorevole di quel piccolo mondo inquieto, dove madri e nonne sono sole con i loro bambini, nessun uomo a condividere la loro fatica di vivere. Bobby ama quella vecchia palazzina e la cura perché mantenga la sua dignità e quindi quella dei suoi abitanti: anche lui è solo, è sempre preso dai suoi doveri, ridipinge dove l'intonaco cede, riaggiusta l'impianto elettrico, dà un'occhiata ai bambini lasciati soli e allontana da loro certi vecchi libidinosi, copre le enormi poppe nude di una anziana signora o forse un transessuale, in piscina, coi bambini che la insultano, è inflessibile nel riscuotere gli affitti e se certamente prova pena per queste madri sole e incapaci, sa di doverle lasciare al loro destino. Moonee vive con la giovane mamma che ha perso il lavoro di lap dance perché si rifiutava ai clienti: deve trovare quei maledetti 35 dollari al giorno per non perdere il loro piccolo rifugio, e si arrangia come può vendendo profumi taroccati davanti all'albergo dei golfisti, imbrogliando qualche turista e, ultima possibilità, si mette a ricevere qualche uomo mentre la bambina è chiusa in bagno nella vasca, e immagina, silenziosa. Una giovinezza buttata via, forse un'infanzia che scoprirà il dolore. Una specie di fragile equilibrio si spezza quando la mamma di Scooty, che lavora come cameriera in un fast food, smette di regalare gli avanzi a Moonee e proibisce al figlio di frequentarla perché insieme, per gioco hanno compiuto un atto di pericoloso vandalismo. La vita di Halley va avanti sempre più precaria ma non cambia il suo legame di amore e gioco con la figliolina, le gare di rutti, le corse nei supermercati a comprare stupidaggini fregando il carrello, i balli sotto la pioggia e di notte la festa di compleanno con la candelina su un pezzo di torta dove si vedono lontani i fuochi d'artificio di Disneyland. Moonee è la meravigliosa Brooklynn Prince, anche Halley non è un'attrice: si chiama Bria Vinaite, Baker l'ha scovata su Instagram e l'ha voluta così come è: giovane e impudente, allegra e violenta, con i capelli tinti di verde, tutto il corpo tatuato, un piercing sulle labbra e i pantaloncini di jeans sfrangiati.
Natalia Aspesi, La Repubblica

(……) Baker esplora un paese relegato, letteralmente parlando, alla soglia del Magic Kingdom. Girato nella galassia di motel cresciuti alla periferia di Disney World, nei dintorni di Orlando, e oggi popolati di famiglie rimaste homeless, “The Florida Project” usa le architetture approssimativamente esotiche, i rosa e gialli vivaci, i fast food a forma di arance giganti e la vegetazione tropicale che sembra sbucare dall'asfalto, per evocare un senso di fiabesca avventura infantile non dissimile da quello del film di Todd Haynes, “Wonderstruck”. Ma i bimbi del suo nuovo lavoro (in gran parte non attori, come il resto del cast) ricordano piuttosto i 'Little Rascals' di Hal Roach, monelli impuniti in una serie di corti, realizzati tra gli anni ‘20 e i ‘40, in piena Grande depressione. (…...) Usando con abilità un cast reclutato in gran parte via Instagram, Baker adotta il punto di vista dei bambini per dare una dimensione avventuroso fantastica allo squallore - ma poi squarcia quel sogno con drammatici istanti di pericolo (……) per coglierne la precarietà, il dolore e la drammatica ingiustizia.
Giulia D’Agnolo Vallan, Il Manifesto

SEAN BAKER
Filmografia
:
Prince of Broadway (2008), Tangerine (2015), Un sogno chiamato Florida (2017)

Martedì 12 febbraio 2019:
TONYA
di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan, Allison Janney, Paul Walter Hauser, Julianne Nicholson

 

 
 
 
 
 

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Un blog di: cineforumborgo
Data di creazione: 29/09/2007
 

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