CINEFORUM BORGOI film, i personaggi e i commenti della stagione 2019/2020 |
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Post n°437 pubblicato il 16 Febbraio 2020 da cineforumborgo
TROPPA GRAZIA Regia: Gianni Zanasi Lucia è una geometra che vive da sola con sua figlia. Mentre si arrangia tra mille difficoltà, economiche e sentimentali, il Comune le affida un controllo su un terreno scelto per costruire una grande opera architettonica. Lucia nota che nelle mappe del Comune qualcosa non va, ma per paura di perdere l'incarico decide di non dire nulla. Il giorno dopo, mentre continua il suo lavoro, viene interrotta da quella che le sembra una giovane ‘profuga’. Lucia le offre 5 euro e riprende a lavorare. Ma la sera, nella cucina di casa sua, la rivede all'improvviso, davanti a lei. La ‘profuga’ la fissa e le dice: «Vai dagli uomini e dì loro di costruire una chiesa là dove ti sono apparsa...» Evidentemente in Italia i santi non sono più un tabù e la divinità - più che la religione - un qualcosa di cui si può parlare con disinvoltura se non proprio scherzare. Lo ha fatto Sorrentino con “The Young Pope”, Aronadio con “Io c’è”, Ammaniti con “Il miracolo” e ora Gianni Zanasi con il suo nuovo film, “Troppa grazia”. GIANNI ZANASI Martedì 25 febbraio 2020:
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Post n°436 pubblicato il 09 Febbraio 2020 da cineforumborgo
L'UOMO FEDELE Titolo originale: L'homme fidèle Otto anni dopo essersi lasciati, Abel e Marianne si ritrovano al funerale di Paul, il miglior amico di lui. Questo tragico evento si rivela in realtà di buon auspicio: Abel e Marianne tornano insieme. Così facendo, però, suscitano la gelosia di Joseph, il figlio di Marianne, e soprattutto di Eve, la sorella di Paul da sempre segretamente innamorata di Abel. Louis Garrel è fedele: al suo personaggio abulico e impacciato, già vertice smussato di un altro triangolo amoroso nell’esordio “Les deux amis”, con un nome proprio - Abel - che resiste film dopo film a svariate traversie sentimentali, come un novello Antoine Doinel. Ma soprattutto è fedele allo spirito del tempo che aleggia intorno al Maggio francese, che Garrel figlio respira da bambino nei lavori più politici del padre, riscrive da ragazzo insieme a un altro maestro irregolare (“The Dreamers”) e infine reincarna, in un’operazione necrofila e sfrontata, da grande (“Il mio Godard”). Naturalmente, della nouvelle vague vengono meno la limpidezza ideologica e la radicalità della riflessione sulla forma, incatenate a una stagione culturale e a un contesto sociopolitico difficilmente ripetibili. Ma alcuni temi ritornano: uno su tutti il gioco delle coppie (questa volta per davvero), e il ménage à trois, che lega Marianne ed Ève come nipotine capricciose di Jules e Jim. Di Truffaut, poi, riecheggiano anche i toni dolceamari, il punto e il contrappunto: da una parte le voci narranti romanzesche - addirittura tre, una per lui, una per lei, una per l’altra - e i violini, che fanno il verso agli adagi malinconici di Delerue; dall’altra un’ironia giocosa e strisciante che presto ne smentisce le pretese (e qui c’è, forse, lo zampino di Carrière, sceneggiatore dei Buñuel più iconoclasti e paradossali). Ogni dichiarazione d’amore, ogni concessione all’intimità, ogni scena madre contiene, al suo interno, la chiave per un’autoparodia briosa, mentre Abel, Marianne ed Ève non sono che marionette smarrite nel tourbillon de la vie. LOUIS GARREL Martedì 18 febbraio 2020:
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Post n°435 pubblicato il 01 Febbraio 2020 da cineforumborgo
DOLOR Y GLORIA Regia: Pedro Almodóvar Una serie di ricongiungimenti di Salvador Mallo, un regista cinematografico oramai sul viale del tramonto. Alcuni sono fisici, altri ricordati; “Dolor y Gloria” parla della creazione artistica, della difficoltà di separarla dalla propria vita e dalle passioni che le danno significato e speranza. Nel recupero del suo passato, Salvador sente l'urgente necessità di narrarlo, e in quel bisogno, trova anche la sua salvezza. “Dolor y Gloria” (…...) è il personale “8½” di Pedro Almodóvar, attraverso la storia di un regista in crisi che non sa più girare film, crogiolandosi tra terapie analgesiche, eroina e depressione. È Salvador Mallo, cui dà volto, camicie e capelli alla Pedro, chiaro marchio autobiografico, Antonio Banderas, insolitamente ‘soldato’, nel senso che si affida fiduciosamente a un personaggio che sembra bisognoso di saldare i conti con il passato. Reduce da una operazione alla spalla, Mallo, perennemente sofferente, trasporta lo spettatore in frequenti salti nel tempo, attraverso cartoline dell' infanzia dove, in povertà, ma senza perdere la sua dignità, ammira la madre (da giovane, Penélope Cruz, che è di gran lunga la migliore del cast; da anziana, Julieta Serrano), sogna la mecca del cinema fantasticando con le figurine degli attori di Hollywood, inizia a provare “Il primo desiderio” (sul cui set si chiude “Dolor y Gloria”) nei confronti di un muratore a cui insegna a leggere e scrivere. Il cinema, ovviamente, è grande protagonista. In questo viaggio nostalgico, il ricordo del grande schermo bianco si mischia con quello del canto delle donne che lavavano i panni nel fiume. Mallo/Almodóvar si domanda come sia possibile che i suoi film possano avere successo lontano dalla Spagna, filosofeggiando sul fatto che non siano le pellicole ad invecchiare, ma quelli che le fanno, guardandole, a distanza di tempo, con occhi diversi. Una teoria interessante. “Dolor y Gloria” ha poco del cinema almodóvariano, quello dove l'umorismo ha sempre avuto un ruolo fondamentale. Qui, sembra che questo percorso autobiografico diventi un po' fine a sé stesso, più dolore che gloria, peccando, in alcuni momenti, di eccesso di verbosità, come nelle inquadrature dove il regista spiega i suoi film. Però, l'entrata in scena di un amore del passato di Salvador, che crea impaccio in chi, pur ormai maturo, esita nei gesti e nei sentimenti, fa riabbracciare l'Almodóvar, fino ad allora con il freno a mano tirato, capace, come pochi, di emozionare. Come capita a Mallo che, scovato un vecchio acquerello che lo ritrae, ritrova l'ispirazione perduta, saldando la linea, artistica ed esistenziale, del suo passato, presente e futuro. PEDRO ALMODÓVAR Martedì 11 febbraio 2020:
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Post n°434 pubblicato il 26 Gennaio 2020 da cineforumborgo
LA PARANZA DEI BAMBINI Regia: Claudio Giovannesi Napoli 2018. Sei quindicenni - Nicola, Tyson, Biscottino, Lollipop, O'Russ, Briatò - vogliono fare soldi, comprare vestiti firmati e motorini nuovi. Giocano con le armi e corrono in scooter alla conquista del potere nel Rione Sanità. Con l'illusione di portare giustizia nel quartiere inseguono il bene attraverso il male. Sono come fratelli, non temono il carcere né la morte, e sanno che l'unica possibilità è giocarsi tutto, subito. Nell'incoscienza della loro età vivono in guerra e la vita criminale li porterà ad una scelta irreversibile: il sacrificio dell'amore e dell'amicizia. Si cresce troppo in fretta nel Rione Sanità di Napoli, quello dove Eduardo aveva fatto il sindaco nel celebre spettacolo del 1960. Lo Stato non esiste, le istituzioni hanno fallito. I ragazzi diventano grandi con il mito dei boss: «Non chiedeva a nessuno di pagare, era un brav'uomo. L'hanno ammazzato». E il fratellino più piccolo: «Peccato». I più giovani rubano l'albero di Natale, si riuniscono in tribù, ballano intorno al fuoco dipingendosi il volto. Nascono le paranze, in gergo i commando armati dei camorristi. Ma chi ha una mitragliatrice nella mano destra non ha ancora raggiunto i diciotto anni. Da qui il titolo, “La paranza dei bambini”, tratto dall'omonimo libro di Roberto Saviano, anche autore della sceneggiatura con il regista Claudio Giovannesi e Maurizio Braucci. Gli adulti si vedono poco, hanno un ruolo marginale. La vera scuola è la strada, l'unico futuro è sfumato tra la droga e le pallottole. Va in scena il fallimento di ogni etica, il ritratto di una società violenta, che si fonda sull'onore e i regolamenti di conti. Sembra di rivedere la vicenda di Totò in “Gomorra”, la storia del tredicenne che voleva farsi re. Qui a portare la corona è chi si contende ancora le crostatine al mattino per la colazione, chi non può rendersi conto delle proprie azioni. Lo sguardo, mai moralista, è quello di un padre che ha fallito, di un mondo che ha estirpato l'innocenza. Che cinema quello di Giovannesi! Ti si attacca alla pelle, rifiuta l'enfasi per indagare sulle radici della tragedia, illumina lo schermo con la potenza delle immagini, lontano dai luoghi comuni e dal qualunquismo. “La paranza dei bambini” è un film sincero, appassionato, attento all'animo umano. Devastante nei contenuti, rigoroso nel linguaggio, è l'opera più riuscita della carriera di Giovannesi. CLAUDIO GIOVANNESI Martedì 4 febbraio 2020:
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Post n°433 pubblicato il 19 Gennaio 2020 da cineforumborgo
COLD WAR Titolo originale: Zimna Wojna Nella Polonia alle soglie degli anni Cinquanta, la giovanissima Zula viene scelta per far parte di una compagnia di danze e canti popolari. Tra lei e Wiktor, il direttore del coro, nasce un grande amore, ma nel '52, nel corso di un'esibizione nella Berlino orientale, lui sconfina e lei non ha il coraggio di seguirlo. S'incontreranno di nuovo, nella Parigi della scena artistica, diversamente accompagnati, ancora innamorati. Ma stare insieme è impossibile, perché la loro felicità è perennemente ostacolata da una barriera di qualche tipo, politica o psicologica. Il film di spionaggio che gli americani non sanno più girare - e cioè un film sul tradimento e sulla finzione, sulla Storia costruita con il tradimento e la finzione, dunque “Casablanca” o addirittura il cinema stesso - l’ha girato Pawlikowski con “Zimna Wojna” (“Cold War”). Dalla campagna polacca a Varsavia, da Berlino a Parigi alla Jugoslavia, poi ancora Parigi e Varsavia, la storia d’amore tra un compositore e una cantante tra il 1948 e il 1964. Il mélo è il pretesto, la musica il vero testo, fondata com’è sull’idea di influenza e di furto, con scavallamenti fra Est a Ovest e viceversa e passaggi dalla tradizione popolare al jazz, dal rock al cha cha cha. E oltre la musica, ovviamente, la Storia, quella politica dell’Europa e quella del cinema (Bresson, Tarkovskij, Antonioni, Freda, Forman, Polanski) non citato, ma evocato, rifatto, rimodulato. Capolavoro. PAWEL PAWLIKOWSKI Martedì 28 gennaio 2020:
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Inviato da: PaceyIV
il 25/02/2020 alle 13:33
Inviato da: Recreation
il 08/02/2018 alle 13:37
Inviato da: minarossi82
il 11/11/2016 alle 18:03
Inviato da: generazioneottanta
il 16/07/2016 alle 19:27
Inviato da: generazioneottanta
il 20/03/2016 alle 10:30