Creato da h451 il 20/12/2004

Giovani Holden

«[...] Noi navighiamo in un vasto mare, sempre incerti e instabili, sballottati da un capo all'altro. Qualunque scoglio, a cui pensiamo di attaccarci e restar saldi, vien meno e ci abbandona e, se l'inseguiamo, sguscia alla nostra presa, ci scivola di mano e fugge in una fuga eterna. Per noi nulla si ferma. [...]»(Blaise Pascàl)

 

 

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Post N° 794

Post n°794 pubblicato il 07 Agosto 2006 da h451

DIARIO DALLA GALILEA

EDNA CALO LIVNE*

Inizia un'altra settimana. Stiamo cercando di organizzare le attività della giornata, Yaakov entra agitatissimo: "Accendete la televisione... ci sono 10 morti a Kiryat Shmone, bisogna mandare tutti immediatamente giu al rifugio. C'è allarme dappertutto: Tiberiade, Akko, Carmiel, Haifa, Afula...". Una scritta scorre sotto le immagini: "Allarme in tutto il nord di Israele - I cittadini sono pregati di rimanere nei rifugi o nelle stanze fortificate - In caso di sirena e di bombardamenti, entrare immediatamente nella stanza più interna lontana da finestre, porte ed entrate di ogni genere - Per chi si trova in strada in un luogo non protetto, stendersi immediatamente in terra o appiattirsi verso il muro - Evitare di raggrupparsi in un unico luogo - Incendi in tutti i boschi e i frutteti della Galilea - Gravi danni a case e palazzi".

May, una quindicenne del Teatro dell'Arcobaleno, mi dice: "Io non sono coraggiosa, sono una di quelle che muoiono di paura quando ci sono le sirene". E sorride timidamente, mentre la abbraccio, quasi per giustificarsi. "Ho paura per i miei fratellini. Sai, sono molto agitati e tremo al pensiero che succeda loro qualcosa, che non si riprendano più dalla paura... Dobbiamo fare qualcosa, Edna, dobbiamo far vedere al mondo intero il nostro spettacolo. Quelle frasi che diciamo sono cosi importanti per tutti: Quando c'è guerra la libertà non esiste più - Non c'è nessun posto sicuro - Mio Dio, deve esserci una soluzione, deve esserci una speranza, non può finire tutto cosi. O forse dobbiamo inventarci un nuovo spettacolo, qualcosa che faccia capire che non ne possiamo più, che abbiamo bisogno di aiuto, che non vogliamo più vedere morti".

Da lontano si sente la sirena a Tiberiade. La abbraccio di nuovo e provo a prometterle: "Finirà presto, vedrai, e noi faremo il nostro seminario a Sasa, come avevamo programmato, il nostro "I have a dream". Racconteremo i nostri sogni, quelli difficili da raccontare e quelli che ci danno la forza di continuare, e ce ne andremo in giro per il mondo a dire basta. Basta con i titoli in prima pagina, basta con le accuse, basta con l'ansia. E lo diremo con la musica, come abbiamo imparato. Ti voglio bene".

*Romana, vive in israele dal 1975. Fondatrice del Rainbow Theatre e della fondazione Bereshit la Shalom 

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DIARIO DAL LIBANO

LINA KHOURY*

Sono andata al mare, per la prima volta dall'inizio della guerra.

Non è stata una vera gita, niente bagni, ma solo un modo per reagire che mi sono imposta dopo la depressione e le lacrime di due giorni fa. Guardare oltre, respirare, e pensare che passerà.

Tante persone come me ci stanno provando: ho due coppie di amici che dovevano sposarsi in questi giorni e hanno rimandato le nozze a causa della guerra. Una di loro mi ha chiamato: si sposano giovedì, hanno deciso. Mi ha detto che le stime sono che la benzina finirà entro una settimana, quindi devono sposarsi prima, così gli invitati che se la sentiranno potranno andare al matrimonio. Niente più festa in grande, solo una piccola cena con quello che si trova in giro: ma loro diranno sì, perché questo è il loro modo di reagire alla violenza e a questa situazione che nessuno di noi sembra poter fare nulla per cambiare.

Il mio modo, deciso oggi, è spegnere la televisione: non significa che non voglio sapere più cosa succede, ma che non voglio farmi travolgere dalle immagini di combattimenti e distruzione 24 ore su 24. Leggerò più giornali: quello che mi serve ora è riflessione, approfondimento, e non un bombardamento di immagini tutte uguali.

Mi buttano troppo giù, non resisto, devo schermarmi.

Oggi tutti i giornali raccontano dell'accordo sulla
risoluzione alle Nazioni Unite: è lontano da quello che ci serve, non è quello che noi libanesi avevamo chiesto e ci auguravamo. A guardarlo dal lato negativo significa che Israele può continuare a colpire indisturbato almeno per altre 48 ore. Ma a volerlo guardare con positività è il segno di qualcosa che si muove, che la comunità internazionale sta cominciando a muoversi davvero. Stasera provo a guardarlo in modo positivo, ed esprimo un desiderio: come regalo di nozze, vorrei che giovedì i miei amici ricevessero il cessate il fuoco.

*Drammaturga libanese


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Commenti al Post:
magdalene57
magdalene57 il 07/08/06 alle 18:47 via WEB
interessante, ma, c'è un particolare, piccolo. le due donne non sono nella stessa situazione. l'una appartiene ad una nazione che attacca. a mio parere su troppi fronti. l'altra appartiene ad una nazione che stà subendo. come pure quella palestinese. mi dispiace per entrambe. ma non posso essere solidale con entrambe. anche se penso siano lontano anni luce dall'avere colpe. .... ma non credo basti dire "basta con le accuse" per spiegare al mondo cosa sta accadendo da anni. C'è qualcosa che non si capisce. il famoso due pesi e due misure. che io vorrei capire.
 
 
h451
h451 il 08/08/06 alle 08:54 via WEB
Forse un conflitto non si capisce mai ( e forse neppure si risolve mai ) se si assume per visione un ottica di parte.L'orrore ,il vero orrore di un conflitto sta negli scritti sopra , le due donne "non appartengono" ,la paura di morire non ha bandiere./Holden
 
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