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Il teatro visto da Enrico Fiore

 

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« Pirandello nello specchi...Un faro al posto del mondo »

Quella sit-com che si chiama vita

Post n°567 pubblicato il 25 Marzo 2012 da arieleO
 

«È una sit-com a cui hanno tolto le risate». Questo pensa della vita uno dei personaggi di «Macadamia Nut Brittle», lo spettacolo che la compagnia Ricci/Forte presenta ancora oggi alla Galleria Toledo. Ma, naturalmente, si tratta dell'applicazione di uno dei più efficaci espedienti del teatro, la sottolineatura per contrasto: giacché, in effetti, qui si ride molto, e proprio il fatto che si rida molto serve a dimostrare che non c'è niente da ridere.
   In breve, lo spettacolo consiste - a partire dal nome del famoso (e, peraltro, buonissimo) gelato che gli dà il titolo - nell'esposizione a rotta di collo dell'intero catalogo dei riti, delle mitomanie, dei tic, delle mode, delle fughe, degl'incubi e delle coazioni a ripetere che costituiscono l'indotto della quotidianità odierna: sicché s'inseguono e s'accavallano, poniamo, i discount, le maschere dei Simpson, il Grande Fratello, il linguaggio rattrappito degli sms, il fitness e gli stereotipi imposti dai media, nel solco di una tremenda energia fisica che implode e sulla traccia di un'impassibile crudeltà che balbetta.
   Sono l'energia fisica e l'impassibile crudeltà di quattro adolescenti che scontano l'impossibilità di crescere a fronte del rifiuto di crescere che fu del Pinocchio di Carmelo Bene: e tanto per fare un esempio, il racconto di una donna catatonica che a tratti rompe in grida altissime contro l'uomo che l'ha lasciata corrisponde all'immemore catena ininterrotta di copule, pratiche orali e masturbazioni che coinvolge i loro corpi in azione. Corpi che infine, sull'onda della «Dreamgirls» cantata da Beyoncé, tornano alla pura superficie, decorati di rosso sangue come tele di un Pollock da facebook.
   La Ricci/Forte si conferma, dunque, come una delle avanguardie estreme della ricerca teatrale. E bravissimi sono gl'interpreti in campo: Anna Gualdo, Fabio Gomiero, Andrea Pizzalis e Giuseppe Sartori. Di loro non so tessere elogio migliore del constatare come inverino ciò che di sé dissero il Tiezzi e il Lombardi del Carrozzone: «Noi siamo figli di nessuno: e devianti e disperati. Travestiti e piccoli piccoli, senza emozioni».

                                        Enrico Fiore

(«Il Mattino», 25 marzo 2012)

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