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Biografia di S. Gennaro Vescovo e Martire

Post n°52 pubblicato il 29 Aprile 2008 da Genny.chiesa
 

San Gennaro nell'anfiteatro di Pozzuoli tra gli orsi  (Artemisia Gentileschi - 1636)

S. Gennaro Vescovo e Martire

Storia del santo 

La sua storia è stata tramandata da opere agiografiche dove la realtà e la leggenda spesso si intrecciano e mescolano in un unico racconto, i cui elementi storici non sempre sono facilmente distinguibili. Le principali fonti cui si attinge sono:

  • gli "Atti Bolognesi" (di VI-VII secolo), più semplici e lineari, e forse più verosimili;
  • gli "Atti Vaticani" (di VIII-IX secolo), forse un rimaneggiamento del precedente ma arricchiti di vicende avventurose e favolose.

Il fatto che portò alla consacrazione di Gennaro sarebbe avvenuto all'inizio del IV secolo, durante la persecuzione dei cristiani da parte dell'imperatore Diocleziano.
Gennaro era il
vescovo di Benevento e si recò insieme al lettore Desiderio ed al diacono Festo in visita ai fedeli a Pozzuoli. Il diacono di Miseno Sossio - già amico di Gennaro che lo era venuto a trovare in passato a Miseno per discutere di fede e leggi divine -, volendo recarsi ad assistere alla visita pastorale, fu invece arrestato lungo la strada per ordine del persecutore Dragonzio, governatore della Campania. Gennaro insieme a Festo e Desiderio si recarono allora in visita dal prigioniero, ma, avendo intercesso per la sua liberazione ed avendo fatto professione di fede cristiana, furono anche essi arrestati e da Dragonzio condannati ad essere sbranati dagli orsi nell'anfiteatro di Pozzuoli. Il giorno dopo, tuttavia, per l'assenza del governatore stesso, impegnato altrove, il supplizio fu sospeso. Dragonzio comandò allora che a Gennaro ed ai suoi compagni venisse troncata la testa. Condotti nei pressi del Forum Vulcani (l'attuale Solfatara di Pozzuoli), essi furono decapitati nell'anno 305. La stessa sorte toccò anche a Procolo, diacono della chiesa di Pozzuoli, ed ai due laici Eutichete e Acuzio che avevano osato criticare la sentenza di morte per i quattro. Gli Atti affermano che nel luogo del supplizio sorse una chiesa in ricordo del loro martirio, mentre il corpo di Gennaro sarebbe stato sepolto nell'Agro Marciano (Fuorigrotta ?) e solo successivamente traslato da un vescovo nelle Catacombe di San Gennaro.

Negli Atti Vaticani, come detto, si narrano molti altri episodi mitici. I più conosciuti narrano di Gennaro e dei suoi compagni che si sarebbero recati a Nola dove avrebbero incontrato il perfido giudice Timoteo il quale, avendo sorpreso Gennaro mentre faceva proselitismo, lo avrebbe imprigionato e torturato. Ma poiché le tremende torture inflittegli non sortivano effetto, lo avrebbe infine gettato in una fornace ardente; una volta riaperta la fornace, non solo Gennaro vi uscì illeso e senza che neppure le sue vesti fossero state minimamente intaccate dal fuoco, ma le fiamme investirono i pagani venuti ad assistere al supplizio. Caduto malato e nonostante che fosse guarito da Gennaro, Timoteo non mostrò alcuna gratitudine ma lo fece condurre all'anfiteatro di Pozzuoli affinché fosse sbranato dalle fiere.
Per questi racconti è chiara la derivazione dalla
Bibbia, in modo particolare dal Libro del profeta Daniele, a cui il redattore degli Atti si è ispirato.

Secondo la tradizione, subito dopo la decapitazione sarebbe stato conservato del sangue, come era abitudine a quel tempo, raccolto da una pia donna di nome Eusebia che lo racchiuse in due ampolle; esse sono divenute un attributo iconografico tipico di San Gennaro. Il racconto della pia donna è tuttavia recente, e compare pubblicato per la prima volta solo nel 1579, nel volume del canonico napoletano Paolo Regio su "Le vite de' sette Santi Protettori di Napoli".

I vari ed interessanti testi agiografici (inni, carmi e lodi) in onore di San Gennaro e dei suoi compagni martiri, si possono consultare nella edita dalla Pontificia Università Lateranense nel 1965.

La data

Gli Atti Bolognesi indicano il 305 come l'anno del martirio.

Documenti liturgici molto antichi, come il calendario cartaginese (redatto poco dopo il 505) ed il Martirologio Geronimiano di V secolo assegnano come data del martirio di Gennaro e dei suoi compagni il 19 settembre; indicano invece nel 13 aprile la data della prima traslazione dei resti del santo.
Anche in un altro martirologio risalente all'
VIII secolo, redatto dal monaco inglese Beda, il 19 settembre viene indicato come data del martirio.

Nel calendario marmoreo di Napoli la data del 19 settembre viene indicata come "dies natalis" di San Gennaro.

Tutte queste fonti, e numerose altre ancora, attestano che la venerazione per San Gennaro ha origini antichissime che risalgono all'epoca del suo martirio o al più tardi a quella della prima traslazione delle sue spoglie, avvenuta nel V secolo.

Storia delle reliquie

Le reliquie del santo furono trasportate dal re Giovanni I di Napoli nelle catacombe napoletane a Capodimonte che presero il nome del Santo, e qui furono centro di vivissimo culto.

Di là il principe di Benevento Sicone, assediando la città di Napoli nel 831, ne approfittò per impossessarsi dei resti mortali che riportò nella sua città, sede episcopale. Le sante reliquie furono deposte nella Cattedrale - che allora si chiamava Santa Maria di Gerusalemme - ove restarono fino al 1154. In quell'anno infatti, considerando che la città di Benevento non era più sicura, il normanno Guglielmo I il Malo provvide affinché esse venissero traslate nell'Abbazia di Montevergine.

A Montevergine però la devozione dei pellegrini che vi si recavano era rivolta soprattutto a San Guglielmo ed alla popolarissima icona bizantina della Madonna chiamata "Mamma Schiavona", sicché di San Gennaro si perse ben presto la memoria e addirittura la cognizione del suo luogo di sepoltura. A Napoli invece rimaneva vivissimo il culto per San Gennaro, anche per la presenza delle altre sue reliquie: il capo e le ampolle col suo sangue.

Carlo II d'Angiò dopo aver fatto eseguire da maestri orafi francesi un preziosissimo busto-reliquiario per la testa del santo, espose per la prima volta la reliquia alla pubblica venerazione nel 1305. Suo figlio Roberto d'Angiò invece fece realizzare la teca d'argento che custodisce le due ampolle del sangue. Tuttavia la liquefazione del sangue non è attestata prima del 17 agosto 1389, allorché il miracolo si compì durante una solenne processione intrapresa per una grave carestia.

Quando a Montevergine per merito del cardinale Giovanni di Aragona furono ritrovate le ossa di San Gennaro, collocate al di sotto dell'altare maggiore, la potente famiglia dei Carafa si impegnò, grazie soprattutto all'interessamento del cardinale Oliviero e con il sostegno di suo fratello l'arcivescovo napoletano Alessandro Carafa, affinché le reliquie tornassero a Napoli, la qual cosa avvenne nel 1497[2], non senza l'opposizione da parte dei monaci di Montevergine. Come degno luogo per ospitarle, il cardinale Oliviero Carafa fece costruire nel Duomo di Napoli, al di sotto dell'altare maggiore, una cripta d'eccezione in puro stile rinascimentale: la Cappella del Succorpo.

A seguito di una terribile pestilenza che imperversò a Napoli fra il 1526 ed il 1529, i napoletani fecero voto a San Gennaro di edificargli una nuova cappella all'interno del Duomo. Benché i lavori fossero iniziati solo nel 1608 e siano durati quasi quarant'anni, la sfolgorante e ricca Cappella del Tesoro di San Gennaro venne infine consacrata nel 1646. Al di sopra del suo splendido cancello realizzato da Cosimo Fanzago, figura l'iscrizione "Divo Ianuario e fame bello peste ac Vesaevi igne miri ope sanguinis erepta Neapolis civi patr. vindici" ("A San Gennaro, al cittadino salvatore della patria, Napoli salvata dalla fame, dalla guerra, dalla peste e dal fuoco del Vesuvio, per virtù del suo sangue miracoloso, consacra").
Nel 1633 la città di Napoli, sulla cappella del tesoro, nel suo
Duomo scolpiva la sua riconoscenza con la seguente dedica: Divo Jannuario - Patriae, regnique praesentissimo tutelari - grata Neapolis.

Il 25 febbraio 1964 il cardinale arcivescovo Alfonso Castaldo fece la ricognizione canonica delle venerate reliquie: "Le ossa furono trovate ben custodite, in un olla di forma ovoidale che reca incisa l'iscrizione calligrafica, Corpus Sancti Jannuarii Ben. E.P." .
Una ricognizione scientifica eseguita il
7 marzo 1965 dal professore G. Lambertini stabilì che il personaggio a cui appartengono le ossa è da individuarsi in un uomo di età giovane (35 anni) di statura molto alta (m.1,90).

Il sangue di San Gennaro

La reliquia

Secondo la leggenda, il sangue di San Gennaro si sarebbe liquefatto per la prima volta ai tempi di Costantino, quando il vescovo San Severo trasferì le spoglie del Santo a Napoli.

Di fatto, la prima notizia documentata dell'ampolla contenente la presunta reliquia del sangue di San Gennaro si ha soltanto nel 1389, come riportato nel Chronicon Siculum. Nel corso delle manifestazioni per la festa dell'Assunta di quell'anno, vi fu l'esposizione pubblica delle ampolle contenenti il cosiddetto "sangue di san Gennaro".

Il 17 agosto 1389 vi fu una grandissima processione per assistere al "miracolo": il liquido conservato nell'ampolla si era liquefatto "come se fosse sgorgato quel giorno stesso dal corpo del santo". La cronaca dell'evento sembra suggerire che il fenomeno si verificasse allora per la prima volta. Del resto, la Cronaca di Partenope, precedente di qualche anno (1382), pur parlando di diversi "miraculi" attribuiti alla potenza di san Gennaro, non menziona mai una reliquia di sangue del martire.

Oggi, l'ampolla è conservata nel Duomo di Napoli.
Tre volte l'anno (il sabato precedente la prima domenica di
maggio e negli otto giorni successivi; il 19 settembre e per tutta l'ottava delle celebrazioni in onore del patrono, ed il 16 dicembre), durante una solenne cerimonia religiosa guidata dall'arcivescovo, i fedeli accorrono per assistere al "miracolo della liquefazione del sangue di san Gennaro". La liquefazione del liquido durante la cerimonia è ritenuto foriero di buoni auspici per la città; al contrario, si ritiene che la mancata liquefazione sia presagio di eventi fortemente negativi e drammatici per la città.

Un analogo fenomeno, anch'esso ritenuto miracoloso, si suppone che avvenga anche a Pozzuoli, dove, nella chiesa di San Gennaro presso la Solfatara, su di una lastra marmorea su cui si afferma che Gennaro fosse stato decapitato e che sia impregnata del suo sangue, ancora oggi c'è chi sostiene che delle tracce rosse diventino di colore più intenso e trasuderebbero in concomitanza col miracolo più importante che avviene a Napoli.

Studi ed indagini scientifiche

A seguito del Concilio Vaticano II la Chiesa decise di "depennare" alcuni santi dal calendario tra cui anche San Gennaro. Viste però le forti resistenze da parte della comunità napoletana ad abbandonare il culto del santo e delle sue reliquie si decise di mantenere la tradizione. La Chiesa precisò che lo scioglimento del sangue di San Gennaro non era un miracolo: tale evento venne definito come un fatto mirabolante ritenuto prodigioso dalla tradizione religiosa popolare, essendo impossibile, allo stato dell'attuale conoscenza dei fatti, un giudizio scientifico attestante la non spiegabilità scientifica del fenomeno della liquefazione (si ricorda, a tal proposito, che il giudizio di non spiegabilità scientifica della commissione medica dell'apposita congregazione vaticana è condizione necessaria perché del fatto sia ammesso il culto come "miracolo".) .

Dal punto di vista degli studi scientifici una prima analisi spettroscopica sull'ampolla fu fatta dai proff. Sperindeo e Januario (25 settembre 1902) e rivelò lo spettro dell'ossiemoglobina.

È importante precisare che il gel tissotropico ottenuto da Garlaschelli manteneva le sue proprietà tissotropiche per solo 2 anni , quindi resta ancora un mistero come il sangue di san Gennaro possa passare da stato solido a liquido da oltre 700 anni.

Commenti al Post:
giu.syy
giu.syy il 01/05/08 alle 17:48 via WEB
Dio ti benedica sempre in ogni istante della tua vita guidando tutti i tuoi passi
 
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