Cuba: 50° anniversario della Rivoluzione Cubana
 
Cuba, discorso di Raul Castro per il 50° della rivoluzione

 

 
 
 

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Creato da: erfeliciano il 25/07/2007
Y el sabor de l'America Latina

 

 

CUBA

Post n°46 pubblicato il 02 Giugno 2009 da erfeliciano
 
Tag: CUBA

CUBA E USA RIPRENDONO IL DIALOGO

I due paesi trattano su emigrazione e sistema postale diretto. Primi piccoli passi verso la normalizzazione

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Cuba e Stati Uniti hanno ripreso i negoziati sui problemi della immigrazione e per stabilire un sistema postale diretto fra i due paesi

Si tratta di un primo passo nel processo di normalizzazione dei rapporti su cui Obama sembra puntare fin dai primi giorni del suo insediamento alla Casa Bianca. La decisione del governo cubano è stata comunicata con una nota ufficiale alle autorità Usa che attraverso il Dipartimento di stato l'hanno apprezzata e giudicata «un gesto positivo nella direzione giusta».
Una fonte sempre del Dipartimento di stato non ha indicato dove si svolgeranno i negoziati ma ha sottolineato che essi potranno affrontare altri problemi di comune interesse come la lotta al narcotraffico e la reciproca assistenza in caso di catastrofi naturali.

Usa e Cuba hanno mantenuto in forma permanente conversazioni in materia di migrazione dopo il 1994.
Queste conversazioni si sono avute ma con scarsi risultati fino a che nel 2003 George Bush non decise di interromperle come rappresaglia per il presunto deterioramento della situazione dei diritti umani nell'isola. La ripresa del dialogo, oggi, più che un valore strategico ha il significato di una prova che entrambi i governi sembrano decisi ad andare avanti fino alla soluzione di un conflitto che dura da oltre mezzo secolo.
Tutti sanno che questo conflitto nasce dalla difesa strenua che Cuba ha fatto della sua libertà e della sua indipendenza che gli Usa hanno tentato di piegare con tutti i mezzi leciti e illeciti. Dagli sbarchi dei marines ricacciati indietro alll'embargo economico che ha avuto effetti devastanti sulle condizioni di vita di un popolo eroico.
Che si tratti dell'inizio di nuovi negoziati, diversi da quelli del passato, è un'impressione che viene rafforzata dalla decisione di realizzare un servizio postale diretto, evitando la pratica che dura da decenni di far passare tutta la posta da paesi terzi. Questa situazione proveniva proprio dall'embargo imposto dagli Usa all'isola.

Appare significativo che questi progressi arrivano alla vigilia dell'Assemblea dell'Oea (Organizzazione degli Stati Americani) che si terrà martedì in Honduras e nella quale molti stati della regione sembrano decisi a reintegrare proprio Cuba. Washington si oppone a questa reintegrazione ma la partita resta aperta. Molti osservatori ed analisti propendono per una mediazione che permetta a Cuba di rientrare nell'Organizzazione internazionale evitando all'Amministrazione Obama uno scontro con molti paesi dell'America latina che vedono l'esclusione di Cuba come il retaggio della vecchia politica di Bush e degli Usa nei confronti dell'isola.
In ogni caso spetta proprio ad Obama dare un segnale che è finita una stagione e che se ne è aperta un'altra. Noi riteniamo che la grande resistenza di Cuba, eroica e talvolta solitaria, meriti questo segnale che è un segnale per la democrazia americana e di tutto il mondo. Non è un affare di Cuba ma, come sempre,u n affare nostro. Ancora oggi noi abbiamo bisogno di Cuba e Cuba ha bisogno di noi .La sua indipendenza è la nostra indipendenza.

 
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EL SALVADOR

Post n°45 pubblicato il 02 Giugno 2009 da erfeliciano
 

In Salvador il primo presidente di sinistra dopo venti anni

Con Funes giornata storica per il Fmln

Image A San Salvador, alla presenza dei leader dell'America latina e del Segretario di Stato americano Hillary Clinton, Mauricio Funes è stato proclamato presidente. Il primo presidente di sinistra dopo 20 anni nel Salvador

Presenti a San Salvador 17 capi di Stato e 72 delegazioni. Anche il principe ereditario Felipe e la moglie Letizia Ortiz. Gli analisti salvadoregni si chiedono se Mauricio Funes si ispirerà al moderato Lula o se sposerà la rivoluzione socialista di Hugo Chavez. Il presidente eletto questa settimana ha dichiarato che il presidente del Brasile, Paese d'origine della moglie Wanda Pignato, è «un esempio da seguire», ma altri analisti pensano che potrebbe avvicinarsi a Caracas dopo il suo recente viaggio in Venezuela.

Funes, 49 enne giornalista è stato eletto come candidato del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (Fmln), movimento guerrigliero convertitosi in partito. Oggi per Fmln una giornata storica. Funes ha vinto con poco più del 50 per cento dei voti e si trova ora davanti a una sfida difficilissima, in un paese in cui la diseguaglianza sociale e la violenza criminale rendono difficile progetti di riforma sociale.

 
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VENEZUELA

Post n°44 pubblicato il 12 Maggio 2009 da erfeliciano
 

IL PARLAMENTO EUROPEO CONDANNA IL VENEZUELA. ERANO 27 IN AULA MA LA STAMPA NON LO DICE

Gennaro Carotenuto (08 maggio 2009)

Aprendo il quotidiano “El País” di Madrid di stamane, giornale dal quale spesso i nostri giornali ricalcano l’informazione latinoamericana, si trova un lungo e soddisfatto articolo. Il Parlamento europeo, come fosse un tribunale, avrebbe condannato il Venezuela con parole senza precedenti. Virgolettando si informa che ha espresso la sua “enorme preoccupazione per il deterioramento della qualità della democrazia in Venezuela” oramai “in grave rischio di collasso” per la “concentrazione di potere e l’autoritarismo crescente del presidente Hugo Chávez”. Inoltre il parlamento europeo -cosa a ben pensarci inaudita- solidarizza con i capi dell’opposizione che soffrono persecuzioni politiche e prosegue ricopiando e approvando gran parte della risoluzione del Parlamento Europeo. Cosa c’è che non va in questa risoluzione? Cosa nasconde la multinazionale Prisa che edita il quotidiano spagnolo? Quello che “El País” nasconde, non si trova neanche a cercarlo con la lente d’ingrandimento, e rappresenta un chiarissimo caso di disinformazione, è che la risoluzione si è approvata in un’aula deserta con appena 27 parlamentari su 785, il 3% del totale. Non solo, “El País” tergiversa sul fatto che tutti i 27 votanti appartengono a gruppi di destra e di estrema destra e che il 97% dei parlamentari europei (758 contro 27) di destra, centro e di sinistra hanno semplicemente snobbato una risoluzione che in un documento si definisce dal contenuto che mostra “un chiaro accanimento” antivenezuelano e “un linguaggio artatamente distruttivo”. Insomma spazzatura ma che al gruppo Prisa, da anni impegnato in America latina come punta di lancia delle multinazionali iberiche, fa gioco. Ovvero la notizia è semmai che il 97% dei parlamentari europei rifiuta di condannare il Venezuela. È inoltre peculiare il fatto che “El País”, quotidiano che appoggia in Spagna il PSOE (Partito Socialista al governo) si spelli le mani per una risoluzione che nessun parlamentare del PSE (Partito Socialista Europeo) ha avuto il cuore di votare perché impresentabile. Il caso che ha originato la risoluzione votata dai neofascisti e affini europei piaciuta tanto a “El País” è però molto importante. È quello di Manuel Rosales, candidato presidenziale nel 2006 contro Hugo Chávez ed ex-sindaco di Maracaibo e governatore dello Stato di Zulia che, accusato di corruzione e arricchimento illecito, si è proclamato perseguitato politico e ha chiesto e ottenuto asilo in Perù dove governa Alán García, amico intimo dell’ex presidente venezuelano Carlos Andrés Pérez (e di Bettino Craxi) a sua volta destituito per corruzione nei primi anni ‘90. Chi scrive ha brevemente conosciuto Manuel Rosales e ne ha scritto come l’espressione di una maturazione dell’opposizione che per la prima volta si apponeva a Chávez in maniera non golpista. Tuttavia gli innumerevoli casi di malversazione di fondi pubblici e di corruzione che hanno coinvolto in questi anni Rosales non possono essere rubricati come persecuzione politica. Quello che né i parlamentari di destra e ultradestra a Bruxelles né “El País” dice è che è la stessa INTERPOL a classificare come pienamente giustificata la richiesta di estradizione per Rosales perché non vi si desume “alcun pericolo di persecuzione politica, razziale, religiosa o militare”. È il presidente peruviano, per suoi fini, ad aver concesso l’asilo senza che alcuna persecuzione fosse in atto e sottraendo un inquisito alla giustizia venezuelana. Questa ha tutto il diritto di inquisire Rosales, che dovrebbe dimostrare come ha fatto ad arricchirsi smisuratamente in meno di dieci anni da pubblico amministratore. La verità è un’altra ed è un punto debole senza via di uscita per il governo di Hugo Chávez. Se la magistratura si occupa di corruzione finisce inevitabilmente per occuparsi degli enormi arricchimenti illeciti degli ultimi cinquant’anni che spesso corrispondono a personaggi attivi nell’opposizione e incorre nell’accusa di voler perseguire oppositori politici. Se non lo fa però, e negli ultimi dieci anni lo ha fatto troppo poco, il bubbone della corruzione endemica non verrà mai inciso. Ma non aspettatevi che questo ve lo spieghi “El País”.

Fonte: www.gennarocarotenuto.it

 
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VENEZUELA

Post n°43 pubblicato il 11 Maggio 2009 da erfeliciano
 

Chavez riprende il piano di “sovranità petrolifera”

Saranno nazionalizzati beni e servizi legati al petrolio, privatizzati negli anni '90

Il presidente del Venezuela Hugo Chavez ha annunciato che domani torneranno allo stato beni e servizi legati all'attività petrolifera nel lago di Maracaibo Si tratta di un primo passo, altri ne seguiranno ha detto Chavez. Si tratta in particolare di 300 imbarcazioni veloci,30 rimorchiatori,39 terminali petroliferi,altre attrezzature per l'attività di estrazione petrolifera. Allo stato passeranno anche gli 8 mila lavoratori delle imprese nazionalizzate. Si tratta di imprese nazionali privatizzate a metà degli anni novanta durante il processo di “apertura petrolifera del Venezuela”. La nuova legge approvata da poco dall'Assemblea nazionale permette allo stato di «decretare la espropriazione parziale o totale di azioni o imprese con beni o servizi essenziali per l'industria petrolifera». Si applicherà per la quantificazione dell'indennizzo il valore effettivo risultante dai registri contabili deducendo i debiti verso i lavoratori. Il pagamento dell'indennizzo potrà essere fatto dallo stato con denaro contante, titoli e valori di persone giuridiche pubbliche. Il Venezuela è il quinto esportatore mondiale di greggio e il quarto fornitore degli Stati Uniti, verso il quale vanno 1,5 dei 3 milioni di barili giornalieri che produce.

 
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DALLA REDAZIONE DI RINASCITA E RINASCITA ONLINE

Post n°42 pubblicato il 22 Aprile 2009 da erfeliciano

CUBA

Quello che succede a Cuba ci riguarda. Riguarda noi delle redazioni di rinascita e di rinascita on line perché essa è parte delle nostre battaglie politiche e della verità d’informazione che il giornalismo dovrebbe sempre esercitare. E perché questi due giornali sono stati gli unici - mentre altre testate, anche di sinistra, si ostinavano ad esaminare i limiti e gli errori di Cuba senza saperne leggere la grandezza - a difenderla, a tenere in mente cosa rappresenti, in quale contesto sia costretta a vivere senza rinnegare se stessa.

Il 13 aprile è una data importante. Quel giorno c'è stato un primo passo, non trascurabile, di Obama verso Cuba: tutte le restrizioni contro i cubani che vivono negli Usa saranno finalmente abolite. Potranno tornare nell’isola come e quando vorranno, spedire ai familiari lì rimasti un po' di soldi senza rischiare la galera e, fatto assai significativo ai fini dell’embargo che strangola Cuba, le imprese statunitensi delle telecomunicazioni potranno operare nell'isola.

Qualcosa di simile, anche se in misura minore, era già successo nel settembre del 1977. Ma neanche dieci anni dopo, nell'aprile del 1982, Reagan aveva voluto che tutto tornasse come prima, peggio di prima. Oggi Obama rispetta gli impegni presi in campagna elettorale e risponde positivamente alle pressioni di tutti i presidenti latinoamericani. E’ importante, ma non sufficiente. Ci sono vicende che a Cuba hanno provocato, e tuttora provocano, ferite difficilmente rimarginabili. Vicende che Obama e gli Usa devono avere il coraggio di correggere. Per un principio elementare: perché sia fatta giustizia.

Pensiamo ai cinque prigionieri politici cubani. Gerardo Hernández Nordelo, Antonio Guerrero Rodríguez, Ramón Labañino Salazar, René González Sehweret e Fernando González Llort sono detenuti ingiustamente dal 1998, accusati di cospirazione e spionaggio, condannati a 40 anni di carcere. Che siano innocenti lo sanno tutti. Ci sono state testimonianze d’eccezione a loro discolpa. Solo per citarne alcune, ricordiamo Eugene Carroll, ammiraglio della Marina Usa, Edward Breed Atkeson, generale dell’esercito, James R. Clapper, tenente generale delle Forze Aeree. La Corte d’Appello di Atlanta ha riconosciuto che l’accusa di spionaggio è stata inventata di sana pianta, non sorretta da un minimo indizio. Ora la parola è alla Corte Suprema.

C’è poi una seconda vicenda. Riguarda un criminale, un terrorista internazionale, un assassino responsabile di centinaia di omicidi, “mente” dell’attentato del 6 ottobre del 1976 contro l’aereo della Cubana de Aviación che costò la vita a 73 persone, colpevole di diversi attentati contro Fidel Castro, assassino di funzionari cubani in Argentina, collaboratore dei servizi segreti di Pinochet, colpevole della scomparsa di oppositori politici. Il suo nome è Luis Posada Carriles. La richiesta avanzata da tutto il mondo democratico è che quell’uomo, finora impunito, sia sottoposto ad un processo.

Se Obama adotterà queste misure, l’animosità di Cuba e dei cubani si stempererà, e inizierà a costruirsi il percorso indispensabile per una normalizzazione dei rapporti. Il presidente degli Usa ha di fronte a sé un’occasione storica: porre fine a mezzo secolo di un conflitto insensato che ha provocato morte e dolore; restituire fiducia ad un popolo che ha voluto mantenere la sua dignità e la sua autonomia malgrado un embargo feroce. In quest’ultimo periodo Obama ha impresso un cambiamento significativo ai rapporti diplomatici con paesi come la Cina, il Vietnam e persino l’Iran. E al summit latinoamericano ha dichiarato che gli Usa nei confronti di Cuba «hanno sbagliato per cinquant’anni». E’ una frase storica che premia una piccola isola orgogliosa e dura che non ha mai rinunciato a se stessa.

Perché quest’articolo firmato dalle due redazioni, quella del settimanale e quella di rinascita on line? Perché siamo un gruppo di compagne e compagni che non rinunciano ai propri ideali e perché amiamo il giornalismo, quello vero, che fa informazione, che ha il coraggio di denunciare soprusi e abusi, che svolge correttamente la sua importante funzione democratica. E perché detestiamo l’altro giornalismo, quello dei “retroscena”, quello delle cose dette e non dette, quello che cambia troppo spesso posizioni e principi. Quello che sale sempre, per capirci, sul carro del vincitore.

Ci è capitato a volte di criticare Cuba, di avere discussioni appassionate ed anche aspre. Ma mai ne abbiamo messo in discussione il valore, mai abbiamo sottovalutato l’incredibile forza di una piccola isola che è riuscita ad opporsi ed a resistere alla più potente nazione del mondo. Le redazioni di rinascita e rinascita on line

 
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