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Scialla!, film, Italia, 2011

Post n°83 pubblicato il 01 Dicembre 2011 da cineciclista
 

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Cinema e Filosofia
Scialla!”: l’incapacità di fare il padre
e la “forclusione” di Lacan

di Riccardo Tavani

Sì, a sciallare si scialla, ovvero si sta quieti, tranquilli in questo film, anche troppo. Il tema è certamente importante, quello della incapacità di un’intera società, e non di singoli individui, di assolvere al compito della paternità.

Quel buco, quel vuoto strutturale, incolmabile nella psiche umana rispetto alla figura del padre, per il quale Lacan ha coniato il termine forclusione, è anche ben rappresentata dalla figura esistenzialmente auto sedata dell’ex docente Bruno Beltrame, con aspirazioni letterarie ormai sopite. “Gatto da termosifone” lo chiama Tina, una famosa pornostar slovacca, per la quale Bruno sta scrivendo, come ghostwriter, un libro autobiografico.

Scrittore fantasma, docente fantasma si trascina dietro stracche ripetizioni private e ora gli arriva improvvisamente addosso, però, anche la certezza di essere un padre fantasma, e proprio di un ragazzo che è a ripetizione da lui, Luca, al quale non gliene può fregare di meno della scuola. La madre, che Bruno a stento riconosce come una sua antica e veloce sfiammata, glielo accolla e parte per un lavoro in Africa. Nel tono generale da commedia, abbiamo un ragazzo che già di per sé, di fondo, è un bravo ragazzo. Non si fa le canne, tanto meno tira roba bianca, e inoltre si allena scrupolosamente in una palestra di pugilato. C’è solo che il suo indomito spirito d’avventura e la spiccata tendenza a dimostrare la sua superiore intelligenza antiscolastica o “credibilità di strada” lo spingono decisamente a mettersi nei guai.

Anche Bruno, da strascinato gattone da termosifone, recupera troppo in fretta una sua responsabile funzione paterna – e persino quella di docente serio – dalla prima sera che Luca gli arriva in casa al mattino successivo in cui gli prepara la colazione, sebbene con latte scaduto da (appena) cinque giorni. Così il contrasto da una sua bruciante, specifica attualità storica (pensiamo a Il ragazzo con la bicicletta dei fratelli Dardenne) si stempera in quello più genericamente linguistico-generazionale.

E mentre Bruno ce la mette tutta per non fargli perdere l’anno, limitando il danno a tre materie, il ragazzo implora i suoi professori di bocciarlo del tutto, perché questo è giusto. Il figlio di un professore e scrittore fantasma può anche fare il cameriere, l’imbianchino, il lavavetri reale. Bocciato e sull’orlo del lavoro giovanile precario (come se ce ne fosse altro) ma con la figura del padre riapparsa.

Un finale forse troppo consolatorio, visto che la forclusione lacaniana chiama in causa una voragine sociale e la responsabilità collettiva, politica che vi fa capo, più che quella di un gatto raggomitolato accanto al termosifone.

stralcio dell'articolo pubblicato su Consorzio Creativi/3 D News il 23 nov 2001
con oltre 24.000 accessi alla pagina
(prox post: Wim Wenders e il neologismo "rimediazione"
nel film su Pina Bausch)

 
 
 
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