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Dudù Republic

Post n°142 pubblicato il 05 Ottobre 2013 da cineciclista
 

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di Riccardo Tavani

Una volta c’erano le Banana Republic, ovvero quelle degli statarelli dittatoriali caraibici, messe su e buttate giù dagli yankee americani, a secondo del rapido mutare delle loro convenienze, attraverso la sostituzione di un carnevalesco caudillo con un altro ancora più pagliaccesco (cosa che non evitava però tragiche carneficine). Oggi siamo alle Bubù, Fofò, Dudù Republic. E neanche più ai famigerati Stati Canaglia ma alle Nazioni Canile. L’Italia ha orgogliosamente impresso una accelerazione decisiva a questa cruciale corsa canina o Dog Racing  planetaria.

Dudù, infatti, riesce a fare molto di più che soltanto a correre. Riesce niente di meno che a selezionare la classe dirigente. Il Corriere della Sera del 3 Agosto scorso ha svelato che quando arriva Daniele Capezzone, Francesca Pascale deve prendere in braccio il suo barboncino che si mette ad abbaiare e a ringhiare contro di lui (che pure è portavoce del partito) e vorrebbe morderlo (ma magari solo inculargli la gamba o pisciargli sul risvolto dei pantaloni). Viene da chiedersi solo chi ha preso poi in braccio la Pascale quando in questi giorni stava per azzannare la Santankè, Bondi e Verdini, facendoli scappare giù per l’ampio scalone della anche sua residenza romana (come ci ha tenuto a precisare).

D'altronde era su questo stesso nostro sacro antico suolo che la Storia aveva visto nominare Senatore un cavallo. Il nostro è diventato invece un Can Can Senato.

Solennemente convocata per accordare o rigettare la fiducia al Governo, la seduta, cioè l’accucciata è iniziata tra un feroce abbaiare e ringhiare, con catene tese fino alla deformazione degli anelli, i denti canini pronti ad azzannare alle giugulari.

Il Dobermann Bondi di Fivizzano ha latrato un discorso da ex accalappiacani, ora vendicatore di tutte le cacche-guano disseminate nel cortile, sui cornicioni e sui tappeti di Palazzo Grazioli dalle Can Colombine. Non solo ha ululato l’assolutamente irrevocabile voto di sfiducia del suo P-detto della Libertà, ma ha anche berciato un “Vergogna!!!”, che era come uno staccare a morsi lo scranno su cui era seduto e sputarlo con tutta la sua schiuma di bava idrofoba contro l’assemblea.

E che dire del Canis Pugnax Brunetta? Capo branco gruppo parlamentare alla Camera, ha ufficialmente dichiarato, abbaiando stizzosamente davanti a tutte le televisioni e organi ti stampa nazionali e internazionali, il voto di sfiducia decretato all’ululatumanità in nome di tutto il gran Pdl-gree.

Un quarto d’ora dopo Dudù ha preso Cansilvio d’Arcore al guinzaglio, gli ha messo la museruola, lo ha menato in Senato e si è esibito con lui nel più esilarante numero del ventriloquo mai visto prima in diretta tivù. La gran canea di ringhi, latrati, ululati, catene tese con gli anelli che si stavano spezzando, si è improvvisamente trasformata nel soave guaiolare di un fido cagnetto da salotto, ben educato, lavato, batuffolato e incipriato, quale Dudù è (a parte il pelo dritto per Capezzone). Ai  secchi morsettini-comandi di Dudù, Cansivlio, con la coda tra le zampine posteriori e le orecchie abbassate, si è poi esibito in una piroLetta senza precedenti, che ha lasciato tutti di… cacca canina… disseminata sui marciapiedi della Repubblica Italiana.

Senza neanche avvisare il branco di Can Falchi mandato prima all’azzanno, ha voltato il muso e il fiuto in direzione opposta e ha votato la fiducia al Governo di tutto il suo partito ancora schiumante bava dalla lingua assetata d’onorevole sangue istituzionale. Ma come?!? Tutti si sono accucciati?!? E la Libertà... di voto... di espressione parlamentare, pure solennemente proclamata?

Non importa, è solo un insignificante dettaglio della cronaca, perché in quel preciso istante la Dudù Republic faceva il suo batuffoloso, bubùffonesco ingresso nella Storia, proprio qui a Roma, dagli ori, gli arazzi e gli stucchi senatoriali di Corso Rinascimento… La Storia, invece, si grattava il pelo per la nuova, insolita nube di fetide zecche che gli si attaccava addosso. 

 
 
 
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