Maestra, mi piacerebbe tanto ballare con te il tango muto del Tantra, recitare all’ombra del tuo ventre il mantra delle labbra sulla pelle, celebrare l’origine ebbra dei gemiti d’amore dal caos, dall’ombra e dal silenzio, passarti nella tenebra il cobra del senso così che la tua algebra erotica lo restituisca a entrambi in sostanza di brividi, deliri e ambrosia divina. Balbetto a te, Maestra, con queste parole ciò che può esprimersi e intendersi pienamente solo in altra lingua, con altri sguardi, sensi, sorrisi e bisbigli, eppure fu sempre un’illusione ingenua ogni paradiso o trasognato giardino, senza la conoscenza dura dell’incolta e velenosa radura, l’assaporare ancora il fiele amaro dell'infernale erba che nutre questa terra.