IL CONTAGIO
Nel laboratorio, il professor Bartoli sta eseguendo un delicatissimo esperimento. Tenendo presenti tutte le precauzioni per evitare la fuoriuscita dei batteri e la contaminazione dell'ambiente, il professore manipola con cautela un vetrino su cui ha depositato il virus di una malattia estremamente pericolosa; la capsula entro cui sta lavorando è a tenuta stagna, collaudata molte volte prima e quindi sicura, ma la prudenza non è mai troppa.
Ad un tratto, non si sa bene come, succede che si strappa un angolo della manichetta che è a contatto con il vetrino, questo si inclina e graffia il polso del professore. Momento di tensione e di panico in tutto il laboratorio. Bartoli ritira immediatamente il braccio che si è già gonfiato. Spaventatissimo corre in bagno e si lava molte volte con il sapone disinfettante. Sfrega la parte contaminata tanto da togliere addirittura la pelle, ma nel giro di qualche minuto tutto il braccio si è talmente ingrossato da strappargli la manica della camicia.
Bartoli continua a lavare ma invece di regredire, il gonfiore aumenta. Il professore è solo nel laboratorio, perchè gli altri sono a distanza di sicurezza, cioè in una sala attigua separata da una grande vetrata, dalla quale si assiste alla lezione del luminare.
L'ingrossamento però è alquanto anomalo, sembra infatti che la parte contagiata sia come un ramo da cui fuoriescono altri rami più piccoli. Inorriditi gli astanti non sanno cosa fare e traumatizzati in silenzio se ne vanno, lasciando solo il povero professore che inizia a gridare con quanto fiato ha in gola. Intanto gli assistenti hanno chiuso a chiave la porta per evitare che si infettino gli altri reparti.
Ora il gonfiore si è esteso ad ogni parte del corpo. L'uomo non riesce più a reggersi in piedi e cade disteso sul pavimento. Qualche minuto ancora e non grida più; oramai sembra il tronco di una vecchia quercia, abbattuta e priva di vita, abbandonata nell'angolo di un parco deserto.