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Imparare il distacco. Godere della temporaneità.

Post n°345 pubblicato il 28 Marzo 2016 da djchi

 

Se si costruisse la casa della felicità, la stanza più grande sarebbe la sala d’attesa
Jules Renard


Fonte: SUNU NATAAL Pagina Facebook

Privilegio.

Questo è il punto di partenza con cui leggere questo breve scritto. C'è chi ha il privilegio di viaggiare con grande facilità e chi no. 

Buona lettura.

Ho spesso l’impressione che questa sia una terra di passaggio, difficile mettere radici. I senegalesi, abituati a partenze improvvise e a ritorni a sorpresa, gestiscono probabilmente meglio le separazioni. Uno dei miei più cari amici, cresciuto nella periferia di Dakar, ha creduto talmente tanto che un giorno sarebbe partito che c’è riuscito davvero. Vive a Berlino, lavora nel mondo della notte e si è sposato con una bella ragazza dai capelli lunghi, biondi e gli occhi verdi. Hanno avuto pure una bimba e lui è per molti l’emblema della riuscita.

Poco tempo fa è tornato per un viaggio lampo a Dakar. Non lo ha detto a nessuno, altrimenti avrebbe dovuto gestire una lunga lista di parenti in visita e in attesa di una ricompensa (per la visita si intende), così invece no, sarebbe arrivato a casa all’improvviso e, altrettanto velocemente se ne sarebbe andato, il tempo di non doversi giustificare per il mancato incontro con il numeroso parentado.

Nonostante il poco tempo a disposizione è venuto a trovarmi portando un regalo per mio figlio. Sembravano passati decenni dall'ultimo nostro incontro eppure fino ad un paio d'anni fa ci vedevamo a Pikine. Nel vederlo, ho avuto anche io la certezza che il suo progetto migratorio fosse assolutamente riuscito. Lo vedevo felice.

Si occupa lui della moglie, mi racconta, perché così lei ha tempo di stare con la bambina di pochi mesi. Chi ci crederà qui che la "bianca" se ne sta a casa mentre lui la mantiene, pensavo io nel frattempo.

Partire e stabilirsi in Europa è ancora un obiettivo di molti ed è ancora così radicato che esperienze migratorie come la mia appaiono quasi bizzarre.

Perché mai decidere di venire in Senegal e di battersi per raggiungere quello che probabilmente in Europa sarebbe già un punto di partenza?

Nella mia mente scorro i nomi degli amici senegalesi incontrati in questi anni, quasi tutti partiti: Svizzera, Germania, Stati Uniti, Francia, Canada. Tutti o quasi venivano da situazioni di difficoltà economica e da quartieri popolari.
Oggi la loro vita fa capolino da profili Facebook riempiti di foto e di post di nuovi amici e di una nuova vita.
Visti da qui, ognuno sembra aver migliorato la propria esistenza, vero o meno che sia, questo è quello che appare. Qui restano quelli che vorrebbero e non possono; vorrebbero e non riescono.
Intanto molti occidentali sbarcano in Senegal alla ricerca di una nuova vita, in pochi organizzati, molti entusiasti, tanti non ancora consapevoli che saranno solo di passaggio.
Tra i senegalesi della diaspora molti cominciano a prospettare nuove opzioni, culturalmente rivoluzionarie, come decidere di stabilirsi per sempre all’estero.

Il ritorno in patria, un tempo meta fissa per la maggior parte dei migranti senegalesi, oggi non è più così certo. I viaggi che lo precedono, sempre più frequenti e sempre più brevi, mostrano non solo una certa e frequente accessibilità al paese natale ma anche che il dover rientrare per sempre è oggi una libera scelta della persona.

Non tutti i senegalesi della diaspora hanno voglia di investire in Senegal, soprattutto visto la grande lucidità che acquisiscono stando lontani per anni e la capacità di analisi delle difficoltà legate all’imprenditoria in loco. Un rischio che non tutti si sentono di prendere.

In molti hanno ormai una vita altrove, un lavoro, una famiglia. Le storie di doppie vite a cavallo tra due o più continenti è ormai storia di vecchie generazioni. I tempi cambiano e i pensieri si adeguano.

Il Senegal preso a piccole dosi sembra quasi la soluzione migliore. I modou modou hanno forse capito prima di noi, sicuramente più di noi, che essere capaci di prendere da ogni luogo il meglio e sapersi spostare da un luogo all’altro senza troppo attaccamento e sempre e solo per un buon motivo sono le chiavi della riuscita.

Vedo amici partire costantemente. Pensare di instaurare relazioni e pensarle sulla lunga durata (in termini di presenza fisica) è ormai un’utopia. Per una che ha tendenza ad attaccarsi alle persone è stato un percorso difficile ma importante. Il Senegal mi ha insegnato a staccarmi, a lasciar andare, anche a sostituire, laddove necessario e ad aspettare partenze, ritorni, passaggi, momenti. Delle persone ho imparato a godermi gli istanti, come i senegalesi riescono a fare anche e soprattutto dei luoghi e, devo dire, che come condizione non è poi così male.

 

Fonte: SUNU NATAAL Pagina Facebook

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