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Lettera di un ebreo alla Moratti e ai gay

Post n°53 pubblicato il 19 Giugno 2007 da romanodavide

Ho avuto modo di apprezzare il rispetto e l’amicizia del sindaco Moratti per la Comunità Ebraica milanese, così come per lo Stato di Israele. Un merito che non manco mai di riconoscerle. Ma è proprio per questo – per il rispetto e la stima verso la sensibilità umana del nostro Sindaco – che non riesco a spiegarmi il suo atteggiamento di indifferenza verso i gay. Come ebreo, non posso non provare simpatia per le persone omosessuali, vista anche la loro storia di perseguitati. Anche loro trascinati nell’orrore della Shoah a prescindere da quello che facevano, ma solo per quello che erano. Mai potrò dimenticare le parole di  Pierre Seel, deportato omosessuale: “Due uomini delle SS hanno portato un giovane al centro del quadrato. Inorridito, ho riconosciuto Jo, il ragazzo che amavo, appena diciottenne. (...) le SS gli strappavano i vestiti di dosso lasciandolo nudo e gli ficcavano un secchio in testa. Poi gli hanno aizzato contro i loro feroci Pastori Tedeschi: i cani lo hanno azzannato all'inguine e tra le cosce, e lo hanno sbranato proprio lì di fronte a noi. Le sue grida di dolore erano distorte e amplificate dal secchio sulla testa. Ho sentito il mio corpo irrigidito vacillare, gli occhi sbarrati dall'orrore, le lacrime mi correvano giù irrefrenabili, ho pregato perché la sua potesse essere una morte rapida”.
Ma non è solo una questione di storia passata. Ancora oggi i gay sono perseguitati in mezzo mondo, da Cuba all’Indonesia, passando per l’Iran. Fatte le dovute differenze, anche nel nostro paese la vita di una persona omosessuale non è proprio facile. Ci sono ancora ai loro danni i pestaggi e le scritte offensive, tutti avvenimenti di cui peraltro la nostra città è stata purtroppo recente testimone. C’è un ultimo motivo infine, per cui ritengo sia un dovere morale - per chi crede nella sacralità della vita - essere solidali con i gay, in particolare con quelli in età adolescenziale: mentre gli ebrei nascono in famiglie ebree, gli omosessuali nascono soli. Una differenza non da poco. Pensate a due ragazzi, uno ebreo e uno gay, entrambi vittime dell’intolleranza a scuola. Il primo una volta tornato a casa, almeno avrà un conforto nei genitori, qualcuno con cui piangere e da cui essere capito. Il secondo invece, molto facilmente, non potrà neppure contare su quello. Perché con ogni probabilità non ha avuto neppure il coraggio di dire il suo segreto ai propri genitori, timoroso di non essere accettato. E allora la solitudine si fa davvero struggente. Non è un caso se la percentuale di tentati suicidi tra gli adolescenti gay è molto superiore a quella dei loro coetanei eterosessuali. Questi sono i motivi per cui non riesco a spiegarmi come una persona sensibile come la Moratti continui a negare quel poco che può fare - come concedere il patrocinio al Festival del cinema gay e lesbico - per aiutare l’accettabilità sociale della condizione omosessuale. E’ grazie infatti a manifestazioni come questa se certe solitudini possono unirsi, e diventare così migliori speranze di vita.
Davide Romano
Pubblicato su La Repubblica - Milano del 16 giugno 2007

 
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