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E’ tempo che i burrascosi rapporti tra il mondo gay e quello cattolico si rasserenino. Milano è per molti versi il terreno d’incontro ideale per una nuova era di rispetto reciproco tra la Chiesa e la comunità omosessuale. Un dialogo tra le due collettività non è impossibile. Lo testimonia la recente visita programmata dal vescovo di Grosseto all’Arcigay locale, poi annullata all’ultimo momento solo per il troppo clamore mediatico. Il testimone però non va lasciato cadere. E Milano è per molti versi la più adatta a raccoglierlo.
Da un lato infatti, la nostra è la città italiana più ospitale (o meno ostile?) verso gli omosessuali, che infatti accorrono qui da tutto il paese. Tra loro non mancano peraltro tanti gay cattolici che vivono con profondo disagio i pessimi rapporti tra le due comunità cui sentono di appartenere.
Dall’altro lato, la Chiesa ambrosiana si è dimostrata tra le più generose ed accoglienti d’Italia, sotto la guida di un uomo del valore di Dionigi Tettamanzi. Un cardinale che non ha avuto paura a prendere posizioni coraggiose in favore di altre minoranze che sono state, e tuttora restano, vittime di pregiudizi: dalla recente difesa dei Rom in un momento per nulla facile come quello attuale, alle splendide parole di fratellanza rivolte in più occasioni alla comunità ebraica.
La storia insegna che quando due comunità smettono di comunicare, i pregiudizi ed i reciproci sospetti crescono con molta più facilità. Se poi anche la politica si mette di mezzo, l’effetto è quello di accendere gli animi, creando divisioni anche dove non dovrebbero esserci. Quando tutto questo succede, bisogna sempre ripartire dall’unico vero valore supremo: quello della vita umana. Solo così è possibile guardare oltre l’ovvio assunto che tra Chiesa e mondo omosessuale non potrà mai esserci una completa identità di vedute. Né potrebbe esserci tra cristianesimo ed ebraismo, se è per quello. Ciò che si deve cercare è quindi un modo di convivere delle diversità nel rispetto reciproco, partendo magari dal sentire - anche solo per un momento - come proprie le ingiustizie vissute dall’altro.
Al di là della teoria, l’esempio concreto che ho vissuto può servire a chiarire quanto voglio dire: quest’anno mi è capitato di partecipare con grande trasporto emotivo a due eventi. Il primo, contro la persecuzione dei cristiani nel mondo. Il secondo, contro la persecuzione degli omosessuali in Russia. La tendenza a politicizzare tutto ha portato all’idea aberrante che la difesa dei cristiani sia qualcosa “di destra”, mentre quella dei gay sia invece“di sinistra”. Come se il rispetto della vita umana – un valore che dovrebbe essere sempre posto davanti a tutto – potesse avere un valore a seconda dello schieramento politico di appartenenza. Sono convinto che se riuscissimo a toglierci i paraocchi delle ideologie, potremmo vedere quanta strada è possibile percorrere insieme. Partendo da questo, un dialogo che porti al rispetto reciproco è possibile, se non doveroso. E a Milano abbiamo le personalità giuste per farlo.
Davide Romano
Pubblicato su La Repubblica - Milano il 20 dicembre 2007
Davide Romano
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