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Decima Flottiglia...

per l' Onore d' Italia

 

 

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Porzus - 2^ parte

Post n°174 pubblicato il 11 Febbraio 2009 da decimacomandante

Molti segreti se li portò nella tomba Mario Toffanin, Giacca. A differenza di altri, Giacca su Porzus aveva parlato molto, dando tante versioni diverse, con una sola costante: "se li avessi di nuovo davanti, li accopperei ancora tutti". Morì, ottantaseienne, venerdì 22 gennaio 1999, nell'ospedale della cittadina di Sesana, in Slovenia. Era lui il comandante dei reparti che compirono l'eccidio. Il protagonista della vicenda, almeno il più visibile; non necessariamente il più consapevole.

Partigiani contro partigiani, con accuse reciproche, fino al tragico epilogo di sangue. Nella vicenda di Porzus si materializza violentemente quello che fu il problema centrale della Resistenza: la competizione, più che la collaborazione, tra i diversi gruppi ideologici. In più si aggiunsero le rivendicazioni territoriali slovene, che avevano una loro legittimità storica, ma che contribuirono ad arroventare una situazione già calda.

Ma non possiamo leggere queste vicende, accadute in quell'estremo lembo di territorio italiano tra le provincie di Udine e Gorizia, se prima non accenniamo brevemente alla nascita della Resistenza in Italia e ai suoi sviluppi.

Una storiografia oleografica ci ha spesso presentato la Resistenza come un movimento di popolo, una spontanea ribellione di massa contro l'oppressione fascista e nazista. Se vogliamo guardare più realisticamente ai fatti, partiamo da una data fondamentale: 25 luglio 1943.

Il Gran Consiglio del Fascismo vota a maggioranza un ordine del giorno presentato da Dino Grandi, che, chiedendo il ripristino dei poteri degli organi costituzionali (Parlamento, Corona), di fatto sfiducia Mussolini, mettendo fine a diciotto anni di una dittatura che, se negli anni precedenti aveva goduto di un grande seguito popolare, aveva poi gettato l'Italia nella tragedia della seconda guerra mondiale. Il Re Vittorio Emanuele III fa arrestare Mussolini e nomina Primo Ministro il Maresciallo Pietro Badoglio. Sul 25 luglio, sulle effettive intenzioni degli uomini che causarono la caduta del Duce, si discute e si discuterà ancora a lungo.

Ma resta un dato di fatto: il fascismo fu liquidato dai fascisti e dal Re, né le attività clandestine di gruppi antifascisti ebbero alcun peso sull'estromissione di Mussolini dal potere.

Le ambiguità di Badoglio, l'illusione di poter tenere a bada contemporaneamente gli Alleati e i tedeschi, le incertezze di un Re più preoccupato delle sorti della Corona che di quelle della Patria, si tradussero in un mese e mezzo di politica ambivalente e pasticciona, col solo risultato di consentire ai tedeschi, che avevano ben poca fiducia nella lealtà del nuovo governo italiano, di rinforzare massicciamente la propria presenza militare nella penisola (limitata, al 25 luglio, a quattro divisioni).

Quando l'otto settembre di quel tragico 1943 fu reso noto l'armistizio firmato unilateralmente cinque giorni prima dall'Italia con gli Alleati, le truppe tedesche furono pronte a disarmare numerosi reparti dell'esercito italiano e ad arrestare e deportare centinaia di migliaia di militari dell'ex alleato, ora considerato traditore. Lo sbandamento delle forze armate in quei terribili giorni fu quasi totale, anche se non mancarono episodi di resistenza eroica da parte di unità che non accettarono supinamente il disarmo. La nascita di quell'ombra di stato che fu la Repubblica Sociale e la conseguente divisione dell'Italia tra repubblica fascista al Nord, e Regno del Sud (nei territori che via via venivano conquistati dagli Alleati risalendo la penisola), segnarono l'inizio della guerra civile in Italia.

Le prime bande che si costituirono in funzione antitedesca e antifascista erano formate perlopiù da militari che erano riusciti a sottrarsi ai rastrellamenti massicci che le truppe germaniche iniziarono subito dopo l'otto settembre, o che non accettarono di servire nella Repubblica Sociale, considerata poco più che un paravento dei veri padroni, i tedeschi.

Si trattava di unità isolate, senza collegamenti tra loro e senza una strategia definita, generalmente guidate da ufficiali che si sentivano comunque vincolati dal giuramento di fedeltà al Re.

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Junio Valerio BORGHESE

Capitano di Corvetta

Nacque a Roma il 6 giugno 1906. Allievo all'Accademia Navale di Livorno dal 1923, nel luglio 1928 conseguì la nomina a Guardiamarina ed imbarcò sull'incrociatore Trento.

Promosso Sottotenente di Vascello nel 1929, prese imbarco sul cacciatorpediniere Fabrizi e nel 1933, nel grado di Tenente di Vascello, imbarcò sui sommergibili Tricheco ed Iride; con quest'ultimo partecipò a missioni operative durante il conflitto italo-etiopico e nella guerra di Spagna.

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale ebbe il comando del sommergibile Vettor Pisani e nell'agosto 1940, promosso Capitano di Corvetta, ebbe il comando del sommergibile Sciré con il quale trasportò mezzi ed operatori nelle missioni di Gibilterra e di Alessandria.

Costituitasi il 15 maggio 1940 la X Flottiglia MAS per Mezzi d'Assalto, assunse il comando del Reparto Operatori Subacquei e con la promozione a Capitano di Fregata, anche quello della Flottiglia. Al comando dello Sciré trasportò ad Alessandria gli operatori subacquei che nella notte fra il 18 ed il 19 dicembre 1941 violarono la munitissima base navale inglese di Alessandria ed affondarono le due corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth.

Dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana e comandò, fino al termine del conflitto, la ricostituita X Flottiglia MAS. Posto in congedo mori a Cadice (Spagna) il 26-8-1974. E' sepolto nella Cappella Borghese di Santa Maria Maggiore in Roma.

 

C.C. J. V. Borghese

Motivazione della Medaglia d'oro al Valor Militare

Comandante di sommergibile, aveva già dimostrato in precedenti circostanze di possedere delle doti di ardimento e di slancio. Incaricato di riportare nelle immediate vicinanze di una munitissima base navale nemica alcuni volontari, destinati a tentarne il forzamento con mezzi micidiali, incontrava nel corso dei reiterati tentativi di raggiungere lo scopo prefisso, le più aspre difficoltà create dalla violenta reazione nemica e dalle condizioni del mare e delle correnti. Dopo aver superato con il più assoluto sprezzo del pericolo e con vero sangue freddo gli ostacoli opposti dall'uomo e dalla natura, riusciva ad assolvere in maniera completa il compito affidatogli, emergendo a brevissima distanza dall'ingresso della base nemica ed effettuando con calma e con serenità le operazioni di fuoriuscita del personale. Durante la navigazione di ritorno, sventava la rinnovata caccia del nemico e, nonostante le difficilissime condizioni di assetto in cui era venuto a trovarsi il sommergibile, padroneggiava la situazione, per porre in salvo l'unità e il suo equipaggio.

Mirabile esempio di cosciente coraggio, spinto agli estremi limiti di perfetto dominio d'ogni avverso evento.

Mediterraneo Occidentale, 21 ottobre - 3 novembre 1940 

Altre decorazioni a riconoscimenti per merito di guerra:

  • Medaglia di Bronzo al Valore Militare (Mediterraneo occidentale, febbraio 1938)
  • Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia (Mediterraneo orientale, dicembre 1941)
  • Promozione al grado di Capitano di Fregata (1941).

 
 

L' idea dello "scudetto" con il teschio e la rosa rossa ci venne ricordando il comandante Todaro, Medaglia d' oro, una delle figure leggendarie della Decima ante 8 settembre.

Todaro, come Teseo Tesei, un altro dei nostri eroi, aveva lasciato a noi della Decima una traccia profonda ed indelebile. Todaro era il mistico di un determinato tipo di vita, che cercava piu' che la vittoria... una bella morte. "Non importa" ci diceva "affondare la nave nemica. Una nave viene ricostruita. Quello che importa e' dimostrare al nemico che ci sono degli italiani capaci di morire gettandosi con un carico di esplosivo contro le fiancate del naviglio avversario". Tra l' altro, prima di cadere, ci aveva parlato del suo desiderio di coniare un distintivo dove apparisse l' emblema di una rosa rossa in bocca ad un teschio: "Perche' per noi" aveva detto " la morte in combattimento e' una cosa bella, profumata"

Nel suo ricordo, disegnammo cosi' lo "scudetto": E mai, forse, un distintivo fu "capito" e portato con tanta passione. Perche' sintetizzo' veramente lo spirito rivoluzionario, beffardo, coraggioso, leale che animo' in terra ed in mare, gli uomini della Decima repubblicana"

(J. V. Borghese)

 

Quando mi accorsi che attorno a noi si era creato il vuoto, che istituzioni, enti, comandi e cosi' via non esistevano piu'... capii che era necessario interpretare in senso rivoluzionario la nuova realta' e fornire agli uomini che stavano radunandosi attorno a me delle direttive atte a rompere decisamente con gli schemi di un passato e di una tradizione che non avevano retto alla prova dei fatti. Emanai cosi' alcune disposizioni fondamentali:                            

  1. Rancio unico per ufficiali, sottufficiali e marinai
  2. Panno della divisa uguale per tutti
  3. Sospensione di ogni promozione sino alla fine della guerra, fatta eccezione per le promozioni per merito di guerra sul campo
  4. Reclutamento esclusivamente volontario
  5. Pena di morte per i militari della Decima che vengano riconosciuti colpevoli di furto o saccheggio, diserzione, codardia di fronte al nemico

Il profondo significato morale e spirituale di queste disposizioni fu pienamente inteso dai volontari della Decima...!

J.V. Borghese

 
BIBLIOGRAFIA:
 
DECIMA MARINAI! DECIMA COMANDANTE!, di Guido Bonvicini, ed. Mursia
GLI ULTIMI IN GRIGIOVERDE - vol. II, di Giorgio Pisanò, ed. CEN,
BATTAGLIONE FULMINE - Xa FLOTTIGLIA MAS, a cura di Maurizio Gamberini e Riccardo Maculan, Editrice lo Scarabeo
BERSAGLIERI IN VENEZIA GIULIA 1943 - 1945, di Teodoro Francesconi, Ed. Del Baccia
GORIZIA 1940 - 1947, di Teodoro Francesconi, Ed. dell'Uomo Libero
NEL RICORDO DEL BATTAGLIONE FULMINE, a cura di Carlo A. Panzarasa ed Emilio Maluta
SOLI CONTRO TUTTI, di Nino Arena, ed. Ultima Crociata
Notiziario dell'Associazione ex Combattenti Decima Flottiglia MAS n°8
 
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