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ln tempo di crisi, gli intelligenti cercano soluzioni, gli imbecilli cercano colpevoli.
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Post n°91 pubblicato il 24 Settembre 2017 da infernox
Sul palco non c'è Fico. E perbacco, sì, proprio non c'è quel Fico sul palco. E non essendoci è più che giusto interrogarsi assai, perché se il Fico non sale sul palco la cosa si fa misteriosa e dunque quel Fico e quel palco devono essere raccontati, impaginati e titolati. Sul palco non c'è Fico e poi Egli non parla e voi capite che quel silenzio è tutto, un grande significato si cela in quel vuoto solo apparente, perché sì, perbacco, sul palco non c'è Fico e la pagina va riempita da quel vuoto cosmico. Sul palco non c'è Fico. E la lettura dei giornali italiani stamattina pencola tra l'esilarante e il tragico perché sul palco non c'è Fico. Dopo tutto questo giro d'accordi sull'assente, immanente, presente e silente, la domanda: ma scusate, cari, chi è Fico? Classe 1974, ha aperto gli occhi a Napoli, svezzato a Trieste, una laurea in comunicazione, un master in knowledge management e vabbè, svariati lavoretti precari, ufficio stampa, redattore di casa editrice, vai con gli eventi e la ristorazione, poi ecco il call center e infine, grande, luminosa, la scia della stella cometa di Beppe, il MeetUp, funiculì funicolà, la valanga di 228 preferenze alle parlamentarie e sì, perdinci, ecco Montecitorio e la presidenza della Commissione di Vigilanza Rai. Fico è questo, nient'altro.
Sul palco non c'è Fico perché non serve. Se uno vale uno, basta uno a rappresentare il prototipo del catapultato grillino. E sul palco Fico non c'è e se ci fosse non cambierebbe niente. Non ha nessuna importanza all'interno della liturgia di Beppe. Sul palco non c'è Fico, amen e avanzi Di Maio con il vestito della prima comunione. Un altro nessuno che forse domani sarà qualcuno. Molto forse. Il vero tema di questo passaggio nella vita del Movimento 5Stelle ha il nome di Grillo. Beppe deve "liberarsi" dai grillini, era il suo programma fin dall'inizio, dall'idea pazza coltivata con Gianroberto Casaleggio. Lo diceva nei suoi spettacoli Grillo, "un giorno ce ne andremo". Casaleggio se n'è andato prima, cambiando i piani di tutti e prima di tutto dell'amico Beppe. Il Movimento 5Stelle è un non-partito atipico, lasciare ad altri lo scettro non fa parte della liturgia della politica, investire un Di Maio, dargli le chiavi della sala comando e vedere cosa succede quando comincia a manovrare il joystick è operazione che può fare un uomo di spettacolo come Grillo, non Renzi o Berlusconi o altri della scena seriale. Può piacere o meno, può esser preso come uno scherzo, ma la scelta c'è e va ben al di là di tutte le questioni - che esistono, sia chiaro - sulla democrazia, il totalitarismo digitale, il mediocre in sella e via discorrendo. Tutto interessante, ma l'originalità dei Cinque Stelle sta altrove, di partiti con un solo proprietario l'Italia è colma: Renzi ha azzerato la dialettica del Pd, Berlusconi non si è mai nemmeno messo il problema e ci mancherebbe visto che l'invenzione è sua, la sinistra-sinistra non decolla proprio per l'assenza di un "padrone" cioè di una leadership carismatica, perfino gli alfanoidi hanno bisogno di un Alfanetto da esibire in video. Sul palco non c'è Fico, cribbio. Rimini chiude un sipario su una storia, Luigi Di Maio sul palco ne è se volete il distopico trionfo e nello stesso tempo la certificazione dell'impossibilità di essere impossibili fino all'ultimo. La votazione elettronica, il sistema non operativo, la filosofia internettiana, le connessioni e disconnessioni si esauriscono in uno splash atomico, neutrini formicolanti di non-sense buono per inchiostrare la carta dei giornali, nient'altro. Se Beppe avesse scelto Di Battista, non sarebbe cambiato molto, avremmo lo scooter e il jeans, quella barba da svegliato mai al posto dell'abitino della prima comunione, ma sempre con lo svarione geopolitico e grammaticale incorporato, cioè l'italiano medio che sta su Facebook e commenta cose che non sa, che non guarda la tv ma la osserva con lo stupore di chi ha scoperto gli straordinari colori degli insetti al microscopio e in un soliloquio interiore, mentre la birra gli cola sulla camicia, dice "ah, allora è così" e poi se ne dimentica perché nel frattempo lo zapping lo ha condotto da Quark a MasterChef.
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