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“In verità vi dico:I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”

Post n°887 pubblicato il 28 Settembre 2014 da prosanctitatect
 

Vangelo
Matteo 21,28-32.
Dal Vangelo secondo matteo

In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare?
Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna.
Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò.
Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò.
Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L'ultimo». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.
E' venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli».
Parola del Signore.

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
enzo il 28/09/14 alle 09:33 via WEB
Enzo: Questa parabola che si trova soltanto in Mt, è la prima delle tre parabole che hanno lo stesso tema di base: l’accoglienza e il rifiuto del Regno. E’ una parabola che, come le altre del Regno dei cieli sono lo scopo ultimo della predicazione di Gesù. Il Figlio di Dio si è fatto uomo con un solo scopo: radunare il popolo di Dio per rivelare il Regno dei cieli al quale, come popolo di Dio, siamo tutti chiamati per mezzo di Gesù. Questo popolo Gesù lo divide in due fazioni: giusti e non, in farisei (coloro che predicano bene e razzolano male) e peccatori , in ubbidienti a parole e obbedienti nei fatti. Gesù, forse con questa parabola, ha voluto incoraggiare i peccatori alla conversione proclamando la bontà infinta del Padre celeste, e contemporaneamente un richiamo forte ai farisei per le loro critiche alla sua tolleranza verso i peccatori, gli abbandonati della società. Il primo fratello incarna gli osservanti farisei, che sono ubbidienti a parole ma non nei fatti, il secondo, invece, incarna i peccatori che si convertono ascoltando il monito della parola di Dio. Da una parte, quindi, i capi giudaici, dall’altra le classi disprezzate dei pubblicani e delle prostitute, a tutti è annunciato il Regno, tutti hanno sentito e ascoltato la predicazione al pentimento di Giovanni il Battista. Le classi disprezzate seguono la via che Giovanni indica per essere giusti: il pentimento; i giudei, invece, professano ma non compiono, osservano la legge non le opere della fede e così facendo si precludono la via alla salvezza. La vita secondo la legge va completata con il pentimento proclamato da Giovanni e da Gesù, come condizione necessaria per entrare nel Regno, fare parte della Vigna del Signore. Nella sua forma attuale la parabola riflette indubbiamente la fede dei pagani contrapposta alla miscredenza dei giudei. Anche oggi, a volte, i peccatori si mostrano più disponibili dei cosiddetti praticanti. La parabola ci fa capire quanto sia anche per noi reale il pericolo di partecipare, con apparente docilità, durante tutta la nostra vita, alle celebrazioni liturgiche e alle attività della Chiesa, senza mai diventare veri cristiani. I due fratelli vedono il padre come un padrone, le loro risposte forse denotano una obbedienza forzata per accontentare il padre-padrone, non vedono la necessità di badare alla “vigna” per amore, al servizio di un Padre buono che invita alla collaborazione per costruire insieme la Grande Vigna, il Regno dei cieli. Non è così che si è oggi cristiani se non accettiamo liberamente l’invito di Dio: l’amicizia con Dio è garantita dalla nostra scelta libera che ci porta alla conversione che conquista la giustizia dei figli di Dio. Dice in questa domenica nella prima lettura il profeta Ezechiele: "Voi dite: 'Non è retto il modo di agire del Signore'. Ascolta, dunque, popolo d'Israele: non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? Se il giusto si allontana dalla giustizia per commettere l'iniquità, a causa di questa muore: ed egli muore appunto per l'iniquità che ha commesso. Ma se l'ingiusto desiste dall'iniquità, che ha commessa, e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto e si è allontanato da tutte le colpe commesse; egli certo vivrà e non morirà". (Ez. 18, 25-28)
 
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