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"Il buon pastore dà la propria vita per le pecore"

Post n°933 pubblicato il 26 Aprile 2015 da prosanctitatect
 

Vangelo
Giovanni 10,11-18.
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore.
Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde;
egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,
come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore.
E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.
Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».
Parola del Signore.

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
enzo il 26/04/15 alle 19:05 via WEB
Enzo: Leggendo questo brano di Vangelo mi è venuta in mente la situazione della Chiesa del nostro tempo: è il popolo di Dio, il gregge di Gesù in cammino verso il Padre. Una chiesa in crisi, una chiesa impoverita per la frequenza di cristiani tiepidi, presa da assalto da tanti oppositori, spesso mal guidata dai suoi pastori. Sono, siamo cristiani-lupi, cristiani-mercenari che voltiamo le spalle alle prime difficoltà, ovvero che si lasciano abbindolare alla ricerca di beni terrestri trascurando la verde e fresca erba del Regno dei cieli? Spesso dimentichiamo di avere il Pastore per eccellenza che vuole guidarci verso pascoli eterni, stiamo forse diventando come le altre pecore che non provengono dal recinto di Gesù? Spero di no! Forse siamo troppo tolleranti verso noi stessi, accettando la nostra fragilità umana, riconosciuta dalla misericordia divina che ci scusa e paternamente ci perdona fino a settanta volte sette, sempre? Gesù si presenta in questo brano come il Buon Pastore, si descrive dettagliatamente in modo che tutti possiamo capire. Non è un mercenario ma darebbe, e sappiamo che l’ha data, la sua vita per le sue pecore, noi. Per nessun motivo abbandona le sue pecore che conosce singolarmente e queste conoscono Lui. Meravigliosa la similitudine di questa conoscenza reciproca: “così come il Padre conosce me e io conosco il Padre”. Sappiamo che la “conoscenza” biblica implica la comunione intima tra due che si amano. Gesù Pastore non stabilisce un semplice confronto, ma designa la sorgente dell’amore per le pecore. Egli partecipa ai suoi seguaci la comunione di vita che lo unisce strettamente al Padre. Tutti noi possiamo essere certi della comunione trinitaria nella quale siamo inseriti, ma dobbiamo prestare attenzione con l’aiuto dello Spirito a mantenerla viva. L’apprezzamento del Padre, l’amore del Padre è dovuto, oltre alla figliolanza, al sacrificio di Gesù per noi, al dono della sua vita, vita donata ma poi ripresa con la sua risurrezione. La sua morte, accettata liberamente, rappresenta la manifestazione suprema dell’amore del Padre verso l’umanità intera. Gesù sa di essere Pastore anche di quella parte del gregge che si trova fuori dal recinto ossia i pagani, e di coloro che volutamente non vogliono ascoltare la sua voce, il popolo ebreo: anche queste pecore ascolteranno la sua voce per unirsi al gregge che lo segue. E' una profezia? È bello pensarlo. Questo ritorno non renderà vana la sua morte. La comunità cristiana sarà composta da giudei e gentili (pagani) da tutti coloro che ascolteranno la “voce” di Gesù, credendo in Lui. Sull’ascolto della parola di Gesù si fonda l’unità della Chiesa. L’evangelista Giovanni ci ha presentato la figura del Cristo, l’inviato del Padre che agisce nella comunità attraverso lo Spirito per una missione universale. “ Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra”. Qui si evidenzia la ragione intrinseca di questa missione universale: vi è un solo pastore. Il Logos che in Gesù si è fatto uomo è il Pastore di tutti gli uomini, perché tutti sono stati creati mediante quell’univo Verbo; nonostante tutte le loro dispersioni, a partire da Lui e in vista di Lui sono una cosa sola. Al di là di tutte le dispersioni, l’umanità può diventare una cosa sola a partire dal vero Pastore, dal Logos, che si è fatto uomo per offrire la sua vita, donando così “vita in abbondanza”. (Benedetto XVI in Gesù di Nazaret, dal battesimo alla trasfigurazione.) Gesù è il Pastore di tutti gli uomini: tutti noi, cristiani discepoli di Gesù dobbiamo rivestirci dell’umanità di Gesù per giocare il ruolo di una chiesa aperta al confronto, che non si chiude in se stessa, ma apre il proprio recinto, che dona ciò che ha ricevuto indistintamente ad ogni uomo.
 
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