Creato da SIAMOVIVI_EMILIA il 06/02/2009

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Difesa del mare e riqualificazione ambientale

Post n°1 pubblicato il 18 Febbraio 2009 da SIAMOVIVI_EMILIA
 

«Siamo una pattumiera, la pattumiera delle industrie e dei loro scarichi», commentò qualcuno anni fa, in occasione della piena dei fiumi, quando si forma una valanga d'immondizia che si tuffa dritta dritta nell’Adriatico. Gli effetti su una fascia di una settantina di chilometri, che ha la sua coda nella riviera dei vacanzieri, diventano visibili. Le rogne sono di tre tipi: 1) tronchi e carcasse d’animali; 2) idrocarburi, olii, benzine; 3) concimi e nutrienti azotati. Ovvero: tutto quello che non vorreste ricevere in regalo dalle fabbriche e dai campi. Un pasticciaccio che si mescola ben bene e che lascia intravedere grossi problemi d'inquinamento e il solito flagello dell'Adriatico: le alghe con relativa eutrofizzazione.
La situazione alla foce dei fiumi, sia in Romagna sia nelle Marche, è preoccupante. In provincia di Ravenna sono leggermente inquinate quelle dei fiumi Uniti e Lamone, inquinata quella del Canale Destra Reno; a Ferrara, allarmante quella del Reno; in provincia di Forlì e Cesena inquinata la foce del Rubicone. Nel complesso, in cinque casi su sei, si superano i limiti di legge rispetto ai valori degli inquinanti. Ma i guai non si esauriscono qui, come sottolinea il rapporto di Goletta Verde dell’agosto 2008. Il 90% degli stabilimenti balneari nel ravennate (una trentina) non fa una corretta raccolta differenziata: il risultato è evidente, con materiali abbandonati, una mancata riduzione dei rifiuti, scarsa raccolta dell'organico. A preoccupare ancora di più è la speculazione edilizia che si sta mangiando interi tratti di costa, soprattutto a Ravenna, Cervia e Comacchio, le tre località che si sono meritate la «Bandiera nera» di Legambiente. Ravenna, spiega Giacinto De Renzi, coordinatore provinciale di Legambiente, «ha visto azioni di fiancheggiamento dell'occupazione abusiva di porzioni di arenile, senza ammettere le scelte sbagliate sull'uso della spiaggia che hanno provocato gravi problemi di degrado e sicurezza a Marina di Ravenna ».
Cause principali dei problemi dell’Adriatico sono state l'urbanizzazione di gran parte della fascia costiera (circa 78 km di costa tra Cattolica e Volano), il peggioramento delle acque e dei fondali più prossimi alla costa, la forte riduzione di sabbia e la subsidenza. Gli effetti su tutta la fascia costiera che va da Rimini al Delta sono stati macroscopici. Il fenomeno della subsidenza per esempio, imputabile all’estrazione dal sottosuolo di acqua e metano, non si manifesta solo in termini di accentuazione dei processi erosivi, ma trattandosi di un fenomeno irreversibile, si traduce per la bassa pianura costiera in una perdita definitiva di quota rispetto al livello del mare e quindi nel rischio di ingressione marina.
Dal 1989, anno di approvazione della legge 183 per la difesa del suolo, che assegnava le competenze in materia di difesa dei litorali alle Regioni, la politica di difesa dal mare procede a rilento. In attesa del decreto che definisca i tratti litoranei di competenza dello Stato e delle Regioni, le competenze sono rimaste formalmente allo Stato, che però nel frattempo ha ridotto i finanziamenti assegnati ai relativi capitoli di spesa.
In una situazione che, accanto ai primi segni di ripresa, manifesta ancora un grave stato di dissesto, cresce la protesta nelle aree ancora afflitte da situazioni di criticità e degrado. Questa protesta, in assenza di interlocutori istituzionali, si traduce in una pressione sempre più forte nei confronti dei sindaci e degli amministratori comunali. Pertanto diversi Comuni si sono fatti carico del finanziamento di interventi di difesa dei loro territori. La Regione da parte sua ha effettuato interventi ricorrendo all’utilizzo di fondi statali quali quelli FIO e, in misura molto modesta, di quelli assegnati tramite L. 183, per la difesa del suolo.
Per evitare che la politica di intervento trovi un’applicazione disarticolata, è necessario individuare un momento unitario di coordinamento e gestione che attui un programma tecnico-finanziario sul modello delle esperienze della legge speciale di Ravenna e di quella per la difesa di Venezia. Ma per uscire in tempi brevi dalla situazione di precarietà, che ancora per alcuni decenni caratterizzerà parte del litorale, occorrerà fare un decisivo salto di qualità.

 

 
 
 
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