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« I requisiti formali e so...Corte costituzionale »

D.Lgs 28/2010 sulla mediazione: ancora modifiche

Post n°296 pubblicato il 30 Aprile 2012 da Mediazionecivile

A quasi due anni di distanza dalla pubblicazione del decreto legislativo 28/2010, il legislatore ancora tenta di trovare strumenti che possano rafforzare e legittimare lo strumento conciliativo.
In ultimo, è intervenuto il decreto legge 212/2011 con il quale il Governo, lo scorso dicembre, ha realizzato una serie di disposizioni urgenti in materia di “composizione delle crisi da sovraindebitamento  e disciplina del processo civile”.
Tra le varie disposizioni, ciò che qui ci occupa è la trattazione in merito all’art. 12 del decreto summenzionato.
In particolare, quest’ultimo ha inciso sulla disciplina in ordine alla mancata partecipazione alla procedura conciliativa della parte costituitasi in udienza e in ordine alla mediazione ordinata dal giudice.
Quanto alla prima problematica, v’è da dire che l’art. 8 d.lgs 28/2010 ha subito nel corso dell’ultimo anno svariati interventi.
In primo luogo, dalla semplice valutazione come argomento di prova del comportamento della parte che non abbia preso parte al tentativo obbligatorio di conciliazione senza giustificato motivo, si è passati alla condanna al pagamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio.
In secondo luogo, il decreto legge del mese scorso antepone alla disposizione testè citata l’obbligo che tale condanna avvenga alla prima udienza di comparizione con ordinanza non impugnabile.
La modifica, dunque, presenta un aspetto di non poca rilevanza se si pensi che fino ad ora, la pronuncia con la quale il giudice condannava la parte al versamento di una sanzione pari al contributo unificato poteva essere oggetto di gravame.
Ma vi è di più, con tale meccanismo, il Governo ha voluto introdurre uno strumento pregnante di sensibilizzazione alla partecipazione alla procedura di mediazione, realizzando l’intento deflattivo dei procedimenti, per cui era nata la normativa stessa.
Il problema resta, ad ogni modo, quello di stabilire i confini ed l’ambito applicativo della nozione di “giustificato motivo” con il quale la parte potrebbe ovviare alla mediazione e alle successive sanzioni ed il cui compito, probabilmente, sarà devoluto esclusivamente all’interprete.
La seconda modifica, come detto, riguarda la mediazione sollecitata dal giudice qualora le parti si presentino in udienza senza aver espletato il previo tentativo obbligatorio di mediazione o qualora, durante il processo, sopraggiungano le condizioni per una conciliazione tra le parti.
Ebbene, l’art. 12 del d.l. 212/2011 ha introdotto il comma 6 bis all’art. 5, il quale stabilisce che “il capo dell’ufficio giudiziario vigila sull’applicazione di quanto previsto dal comma 1 e che lo stesso deve adottare ogni iniziativa necessaria a favorire l’espletamento della mediazione su invito del giudice ai sensi del comma 2, e ne riferisce, con frequenza annuale, al Csm e al Ministero della Giustizia”.
In tal modo, dunque, anche alla luce delle ultime statistiche in materia e che hanno visto una bassa percentuale di mediazioni effettuate su invito del giudice, la novella responsabilizza i capi degli uffici giudiziari e, di conseguenza, gli stessi giudici, ad un maggior controllo e ad un utilizzo più efficace del meccanismo conciliativo ai fini deflattivi.
Inoltre, gli stessi devono adottare iniziative in grado di favorire tali scopi ed inserirle nell’attività di pianificazione resa obbligatoria e da riferire annualmente al Csm (art. 37 d.l. 98/2011).
In conclusione, non si può non negare come quest’ultimo intervento abbia conferito portata più autorevole a tale strumento, attesi gli ottimi risultati registrati.

 
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