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EREMO MISANTROPO

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Angelo Bazarovi

Post n°1392 pubblicato il 23 Dicembre 2016 da Pitagora_Stonato
 

(…) Angelo pensa che l'unico potere che gli è rimasto per sentirsi vivo è di ritirarsi in qualche anfratto e mettersi a odiare. Non ha che da pensare un attimo all’ "amore" per esaurirlo e trovarvi subito dietro montagne di odio da smantellare a piacimento. Fino all'arrivo in capo al mondo. Consuma in qualche ora tutte le aspettative che erano state in attesa giorno dopo giorno della vita di cui ha memoria e, invariabilmente, le comprime in un sovrastante motivetto scandito nell'accidia e nel risentimento: "Amor che a nullo amato amar perdona".

Quante discussioni sul vero significato di questo verso, ma Angelo non aveva dubbi, e contro le opinioni più illustri e autorevoli: l'amore non perdona a nessuno di amare, l'amore è, spietato con chi lo prova, innanzitutto… anche se chi è amato non sempre ne esce indenne, che gli piaccia o no... amare qualcuno significa spesso sentire l'odio crescere per se stessi, perché se non sei ricambiato cresce in valore solo l'altro, a dismisura, e affossi te sempre più. Altro che chi  è amato non può non amare chi l'ama! Certo, se invece di "nullo amato" ci fosse stato "nullo amante" sarebbe stato tutto più semplice, ma si sa, Dante non era mica Bazarovi!

Angelo non ha avuto la ventura di sapere cosa sarebbero state queste emozioni di amorosa appartenenza a qualcuno se vissute una volta in tutta la loro estensione temporale e sentimentale con l'altro, e sino a che punto questo subitaneo deteriorarsi dell'amore nell'odio e nella rabbia e nella depressione e nella rassegnazione era determinato da cause esterne o dal suo deliberato intervento. C'era stato un continuo potare, una storia fatta di velature di sale perché tutto finisse . Prima di incominciare, già al capolinea. La sua bocca, in quei frangenti appartati di rimuginio, produceva parole caustiche che bruciavano ogni possibilità di parole meno amare di quelle di rito, sia quando viveva sia quando ricordava. L'una cosa era quasi contemporanea all'altra. Sulla parte castrata veniva steso uno strato salsedinoso di malinconia aggressiva su cui era impossibile ogni ripresa di germoglio, di innesto vitale. Sentiva su di sé e intorno questa metafora salmastra trasformarsi in sangue marcio sul palato, nelle narici, negli occhi, mentre andava stilettando con colpi sempre più decisi quella gemma amorosa che voleva amputare dal suo corpo Si dava molte ragioni.

A lui sembra di aver lasciato aperta più di una porta e che, volendo, quell'uomo sarebbe potuto entrare e dare avvio all'abbraccio. Però ogni volta qualcosa si era frapposto, seppure a lui sembra non solo di aver lasciato aperte porta e finestra ma di essersi avventurato sulla soglia, averla oltrepassata, di aver teso la mano. Ma no: l'uomo si era trasformato in un portalettere e consegnava un telegramma con mille scuse o un assegno da firmare in bianco. Inaccettabile.

 

da " vita standard di un venditore provvisorio di collant" - Aldo Busi - Oscar Mondadori

 

 

 

 
 
 
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