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PILLOLE DI CRISTIANESIMO (PARTE PRIMA)

Post n°19 pubblicato il 20 Aprile 2012 da giugibzz1

"Tutto posso in Colui che mi dà forza" Fil.4:13.

1.E' proprio vero, non vi è alcun limite per colui che è seriamente intenzionato a voler giustificare se stesso, tanto più se i suoi costumi sono riprovevoli, o se si trova dalla parte del torto. Ogni malizia, ogni calunnia, ciascun colpo basso è da costui ammesso, purché servano allo scopo prefissato: gettare il massimo discredito sull'avversario, soprattutto poi se il contendente è Dio. Così i nemici del cristianesimo, non paghi delle accuse che rivolgono contro Gesù, come quella di essere stato un impostore, hanno pensato bene di prendersela anche con il suo Padre celeste, cioè Dio, accusandolo di essere un Dio particolarmente crudele, per aver sacrificato suo Figlio e averlo abbandonato a una morte infamante quale la morte di croce. Naturalmente non conoscono o non vogliono dar credito alle parole degli apostoli Paolo e Giovanni, i quali, proprio a partire da tale fatto cruento, testimoniano l'estrema bontà di Dio per l'umanità intera. Del resto la sofferenza di Gesù, ancorché tremenda e immeritata, l'ha poi condotto, con la resurrezione, alla glorificazione eterna. Vi è da dire inoltre che il Figlio, da sempre in perfetta sintonia con la volontà del Padre, si è incarnato volontariamente nel seno della vergine Maria, ben consapevole dell'efficacia salvifica del suo gesto a favore degli uomini, che ha trasformato, nel lavacro del suo sangue, in nuovi figli per il Padre e in suoi fratelli aggiunti. Ma è inutile proseguire oltre con simili argomentazioni. Infatti, com'è stato molte volte rilevato, il cristianesimo più che una dottrina o un sistema di conoscenze, è una persona, il Cristo. O lo accettiamo o lo rifiutiamo. Il perché della nostra adesione a lui è, in realtà, essenzialmente un atto d'amore verso la sua persona che ci ha amato per primo; il perché della nostra fede in lui nasce essenzialmente dalla sua attendibilità e dall'attendibilità dei suoi testimoni, i quali, tutti, hanno operato nella storia e hanno testimoniato con la vita l'estrema sublimità del loro messaggio di salvezza, oltre che con la santità dei loro costumi. Semmai il mistero resta. È come mai Dio abbia voluto proprio il sacrificio del suo unigenito Figlio per riappacificarsi con l'umanità e se non erano possibili altre vie meno cruente. Certamente che sì, se è pur vero che ogni cosa è possibile a Dio. E allora? Sembra proprio che Dio, con l'incarnazione del Figlio, sebbene obbligato a sottostare, con la sua passione e morte, alla purificazione di una carne corrosa dal peccato originale d'Adamo (ricordiamoci che Dio è Santo e fonte di ogni santità), abbia voluto imprimere su di sé, con marchio indelebile, la natura umana per essere sicuro di non doverla lasciare mai più. L'ha cioè associata, una volta per tutte, alla natura divina del Figlio prediletto e immacolato. E se non è Amore questo, ditemelo voi cos'è?

 

2.Soltanto nel cristianesimo esiste la credenza in un Dio che si fa uomo, che viene nella storia, che nasce, patisce e muore per poi risorgere come Signore e Giudice Supremo di tutta la creazione: un vero scandalo per i credenti delle altre due grandi fedi monoteiste, una vera stoltezza per gli atei. Diciamo che, negando la divinità di Gesù, la religione ebraica si ferma troppo presto e rimane perciò una religione incompiuta. Da parte sua la musulmana, venuta dopo alla cristiana, non la supera, ma retrocede, ritornando al tempo prima di Cristo, mutuando, così, di fatto, una buona parte della sua legislazione e di alcune sue regole comportamentali da quelle dell'antico ebraismo, e così muore prima ancora di vedere la luce. Il cristianesimo si pone, in tal caso, figurativamente, tra le altre due, come un fuoco vivo per illuminare le menti e scaldare i cuori; un fuoco che gli ebrei non hanno voluto accendere, e che i musulmani hanno voluto spengere. Ma perché credere in Gesù e nei divulgatori della sua parola? Perché è assurdo, come ha detto, con espressione enfatica, qualcuno? Per comprendere, secondo il pensiero di un altro? Nessuna delle due, perché la riposta è molto più semplice e a portata di mano, ed è questa: perché è credibile. Egli, infatti, giacché ebreo (secondo la sua natura umana) e rivolgentesi ad altrettanti ebrei, avrebbe dovuto sapere già in partenza dell'improponibilità del suo messaggio, dell'insuccesso della sua missione e di quel che gli sarebbe di estremo capitato, se fosse stato un semplice impostore e, quindi, non avrebbe mai e poi mai intrapreso una simile irragionevole, oltre che impossibile, impresa. Ora, se io non dovessi credere in lui, dovrei ritenere che Gesù sia stato, oltre che un millantatore, altresì un autolesionista, un sadico, un masochista, un paranoico, uno schizofrenico; in definitiva un folle o, nella migliore delle ipotesi, un illuso. Chi se la sente pertanto di formulare anche una sola di queste spregevoli accuse contro di lui e riduttive, nonché offensive, della sua persona e del suo messaggio, si faccia pure avanti con la sua Bibbia in mano e la scagli, in un gesto dal valore chiaramente allusivo, il più lontano possibile via da sé. Una volta fattolo, però, sempre che abbia avuto la spudoratezza o la leggerezza di farlo, non nasconda la vergogna stampata sul suo volto, ma la mostri bene in pubblico, perché chi osserva possa giustamente dire: "Se questo è l'uomo, o Dio, allora che cosa sei morto a fare?".

 

3.Le critiche che oggigiorno si muovono al cristianesimo da parte dei suoi avversari, si possono ricondurre essenzialmente su tre fronti: uno riguardante il contenuto della sua dottrina, l'altro riguardante la persona del suo fondatore, il terzo, infine, riguarda l'istituzione che ne ha ereditato il messaggio, cioè la Chiesa e in particolare la Chiesa Cattolica Romana. Per quel che si riferisce al contenuto, le principali obiezioni sono sull'incoerenza del suo messaggio, viste le diverse contraddizioni che si riscontrano tra una narrazione e l'altra nei Vangeli: più che altro duplicati di racconti sviluppati diversamente l'uno dall'altro (vedi, ad es. gli episodi dell'infanzia di Gesù, riportati in Matteo e in Luca); inoltre, la discordanza di alcuni luoghi e di tempi in cui certi avvenimenti si sarebbero svolti, ecc., ecc. Per la persona del fondatore del cristianesimo, invece le critiche si concentrano sul mancato avverarsi di certe profezie, una riguardante la sua venuta quale Messia, dato che gli ebrei non l'hanno riconosciuto, l'altra riguardante la famosa profezia sulla fine del mondo e dell'annunciato suo glorioso ritorno, visto che son passati più di duemila anni di storia ed è rimasto ancora tutto come prima. Sulla Chiesa, infine, piovono le critiche più feroci, quali l'immoralità del clero, il suo desiderio di potere e di denaro, l'infedeltà al messaggio originario quale espresso dalla Sacra Scrittura, i numerosi dogmi, senza contare poi la divinizzazione della Madre di Gesù con i suoi riti, le sue preghiere e le presunte apparizioni, frequenti soprattutto a iniziare dal XIX secolo. Passiamo quindi a esaminare i punti uno per uno, cercando di essere il più succinto possibile, poiché questo scritto vuole avere più che altro il valore di una nota. Per il punto primo possiamo rispondere che è vero quanto detto sopra, ma questo conferma che i Vangeli non sono una dottrina scritta a tavolino o riveduta sullo stesso, bensì l'eredità di una narrazione viva posta sulla bocca di testimoni in buona parte oculari. Se la Chiesa avesse voluto, avrebbe potuto correggere tali divergenze, tagliando laddove le sembrava necessario per ricucire dove meglio avrebbe creduto, ma non l'ha fatto, proprio per il rispetto dovuto ai diffusori di tale messaggio e per l'autorità da essi goduta all'interno della Chiesa. Infine, cosa di particolare importanza, si deve far notare che tali contraddizioni non inficiano per niente l'essenzialità del messaggio cristiano che verte fondamentalmente sul proclama della nascita, morte e resurrezione di Gesù per la salvezza dell'umanità intera; anzi è proprio questo l'eccezionale, che trovandosi tali autori in disaccordo su cose di secondaria importanza viene tuttavia riferito l'identico, fondamentale messaggio. E' come se più persone andassero a Roma e tornassero con un resoconto di diversi particolari legati alle soggettive esperienze, ma nell'identica, oggettiva esposizione riguardo alla struttura della città, quali musei, parchi, chiese ecc. Per il secondo punto, quello relativo la persona di Gesù e le profezie avveratesi o no e in particolare su quella della sua presunta venuta nella storia in qualità di Figlio di Dio, c'è, a supporto, la testimonianza ininterrotta, nel corso dei secoli, di milioni e milioni di cristiani di ogni nazione, stato sociale, cultura ecc., che lo pregano e lo adorano come il Cristo profetizzato dall'antico Israele. Per la lunga attesa, invece, della sua venuta come Signore glorioso e Giudice dell'umanità il mistero, purtroppo, al momento rimane, se è pur vero che i primi cristiani aspettavano la venuta del Cristo entro il secolo da loro vissuto. Gesù stesso, pur chiarendo che non conosceva né il giorno, né l'ora di quell'avvenimento, disse però anche apertamente ai discepoli che non avrebbero finito di girare le città d'Israele prima che egli fosse venuto. Certo le interpretazioni dell'oscuro testo possono essere diverse, ma a noi non resta che rispettare la volontà di Dio, i cui piani (che peraltro possono parzialmente e provvisoriamente mutare) alla fine sono insondabili da parte nostra, così come il Figlio rispettò la volontà del Padre, dichiarando di non conoscere le due date (cioè il giorno e l'ora) suddette. Vi è da dire ancora, riguardo alla lunga attesa, che mille anni per Dio sono come un giorno e che la sua pazienza mette infine in risalto la sua bontà, dando a un'enorme massa di persone in più il dono della vita eterna. E ora, per ultimo, veniamo alle dolenti note concernenti la Chiesa Cattolica, che si vuole fondata sulla base degli stessi apostoli, e in particolare di Pietro, che ne è, appunto, il massimo rappresentante. I suoi nemici, che sono molti e incattiviti, fanno rilevare che se Gesù fosse stato veramente Figlio di Dio non avrebbe mai permesso la nascita di una tale istituzione che lo infanga continuamente, oltre a rilevare l'esistenza di numerose confessioni cristiane, ognuna della quale cerca, chi più e chi meno, di screditare l'altra. So che le critiche alla Chiesa fanno molto male ai suoi appartenenti, ma vi è da dire che alcune di queste nascono proprio all'interno della Chiesa, e da quei membri in odore di santità o divenuti Santi in seguito. Comunque certe critiche, anche se vere, sono nondimeno esagerate e non tengono conto delle molte cose buone che la Chiesa ha espresso in tutti questi secoli. Inoltre è grazie alla Chiesa se possiamo mettere in risalto la continuità del messaggio odierno con la predicazione dei primi apostoli; continuità che non si è mai interrotta con l'ordinazione sacra dei rappresentanti del clero. In particolare, quello che sconcerta i nemici della Chiesa, oltre che la nascita di dogmi apparentemente contrari a quanto espresso invece dalle Sacre Scritture, è il grande rilievo dato alla figura della Madre di Gesù, al suo culto e alle sue presunte apparizioni: tutta opera del demonio, per costoro. Ammesso e non concesso che ciò sia vero, questo non ritorna però a svantaggio della figura di Gesù e della verità del suo messaggio, perché, se è effettivo ciò che disse un famoso romanziere dell'Ottocento, che l'esistenza del diavolo conferma l'esistenza di Dio, così farebbe la Chiesa qualora fosse opera del demonio. Infatti, è proprio nella Chiesa che si parla di Gesù più che in ogni altra istituzione. E' proprio la Madonna con i suoi messaggi che rimanda all'amore e alla devozione per il suo divin Figlio. E per non parlare poi dei suoi numerosi miracoli, di cui ciascuno può personalmente rendersi conto. Insomma, come nei Vangeli erano proprio i demoni che riconoscevano per primi la divinità di Gesù, gli ubbidivano e s'inginocchiavano davanti a lui, così sarebbe per la Chiesa. Quindi, se si vuole colpire la Chiesa indiscriminatamente con l'intento di screditare del tutto Gesù e di negarne perciò anche la sua divinità, l'operazione promossa dai nemici di questa e di quello si può dire che sia destinata a fallire miseramente.

 

4.Se è certo, com'è certo, quel che afferma Gesù, che nessuno di noi può, per quanto si dia da fare, aggiungere un istante in più alla durata della sua vita, né può far ritornare nero un capello diventato bianco, allora non resta che dedurre che, tutti coloro, i quali pretendono di determinare da se stessi l'orientamento delle proprie esistenze, fissando così il loro destino secondo la decisione della propria volontà, non sono che, o in buona o in mala fede, degli illusi. La nostra vita è, al contrario, nelle mani di chi ce l'ha data e che quindi può anche riprendercela, qualora lo voglia, da un momento all'altro, senza obbligo di alcun preavviso da parte sua, come del resto possiamo constatare quasi quotidianamente in quelle che sono chiamate morti improvvise e perciò apparentemente inspiegabili, perché fuori dai parametri di ogni conoscenza e logica umana (vedi, ad esempio, la giovane età del soggetto colpito e la buona salute goduta fino a quel cruciale momento, o la stranezza e l'imprevedibilità dell'ipotetico incidente mortale occorsogli, che magari ha risparmiato proprio chi gli stava appresso, ecc.). Questo non vuol dire che noi non siamo liberi di esercitare la nostra volontà, ma soltanto che essa è, alla fine, sottoposta a una volontà superiore, che è quella di Dio, che vuole che la esercitiamo per il meglio, e al quale dovremo un giorno rispondere dell'andamento della nostra esistenza. Questo vuole dire anche che la nostra vita è unica, singolare, personale, vera unione di anima e di corpo e non è perciò soggetta a trasmigrazione in altri corpi, né pure ad alcun determinismo, casualismo e fatalismo, ma è indirizzata misteriosamente e ineluttabilmente a un fine, che è Dio. Condizione finale che, però, siamo anche liberi di rifiutare. E questo non lo dicono certamente tutte quelle religioni che sono frutto più che altro di riflessioni e di sforzi orientati alla propria salvezza esclusivamente umani, quali in particolare i grandi sistemi filosofici-religiosi facenti parte dei libri sacri degli induisti, buddisti e giainisti, ma lo afferma la Rivelazione cristiana. Rivelazione che Gesù ha consegnato, una volta per sempre, ai discepoli e che questi hanno trasmesso oralmente e per iscritto alla Chiesa perché la diffondesse e ne mantenesse nel tempo l'integrità del messaggio. Resta semmai da chiederci: E' credibile il messaggio di salvezza che la Chiesa ha ricevuto? E inoltre: E' la Chiesa di oggi ancora testimone affidabile di quel messaggio? E di nuovo: Ma chi è la Chiesa? La stessa ieri, oggi e sempre? In definitiva si tratta di sapere se possiamo o no ripetere in piena convinzione con l'apostolo Paolo la sua salda affermazione di fede riguardo a Gesù: "Io so a chi ho creduto".

 

5.Ateo è colui che, a torto o a ragione, nega l'esistenza di Dio e d'ogni divinità in generale, affermando la possibilità di elaborare dimostrazioni certe e ben fondate dell'inesistenza del divino. La Bibbia, in due suoi celebri Salmi, peraltro assai simili tra loro, lo definisce "stolto". Sebbene l'ateismo fosse conosciuto e teorizzato sin dall'antichità greco-romana, esso fu assente per tutto il Medioevo, ricomparve nel Rinascimento e si diffuse poi ampiamente nell'Età dei Lumi, proseguendo, da allora in poi, la sua corsa, inarrestabile e dilagante, fino ai giorni nostri. In pratica l'ateismo nasce dall'orgoglio e dalla presunzione dell'uomo di volere, potere, e dover fare a tutti i costi a meno di Dio. Esso è caratterizzato dalla contrapposizione tra Dio e uomo: la vera emancipazione dell'uomo postula la negazione di Dio. Ecco al riguardo alcune delle sue affermazioni più altisonanti: "L'uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono"; "L'uomo è dio per l'uomo"; "La religione è l'oppio dei popoli"; "Gli dei sono tutti morti, ora vogliamo che viva il superuomo"; "L'uomo deve essere libero, dunque Dio non esiste". Come Senofane sottolineava il carattere antropomorfico delle varie divinità del suo tempo e Prodico l'aspetto utilitaristico (gli dei erano personificazioni di quanto è necessario alla vita dell'uomo, ad es.: l'acqua e il fuoco), Democrito, invece, individuò l'origine della religione nella paura degli eventi naturali più dirompenti. In età moderna, Feuerbach dichiarò che Dio non è che la proiezione di ciò che l'uomo, che si sperimenta limitato, vorrebbe essere e non è: ossia proietta su Dio il proprio desiderio d'onnipotenza. Tuttavia l'argomento decisivo contro l'esistenza di Dio scaturisce dalla constatazione della realtà del male (se Dio c'è da dove il male?) e della morte (a proposito di quest'ultima Epicuro ne esorcizzava la paura affermando che finché ci siamo noi non c'è la morte, quando ci sarà essa, non ci saremo noi). Sul male quale prova contro l'esistenza di Dio così si esprimeva Democrito, il quale peraltro non negava l'esistenza degli dei, ma li confinava in particolari spazi vuoti, tra i vari mondi, a farsene evidentemente i fatti propri. Ecco dunque la sua celebre dimostrazione: O dio vuole togliere il male e non può, o può e non vuole, o né vuole né può. Nel primo caso è impotente, nel secondo è malvagio, nel terzo, l'uno e l'altro insieme. In tutti e tre i casi quindi del tutto inutile per il beneficio dell'umanità e appunto per questo bandito dal mondo (ho citato liberamente). Diciamo allora che, se pretendiamo di risolvere il problema del male e della morte con l'ausilio della sola ragione arriviamo diritti diritti al paradosso della negazione di Dio e senza possibilità alcuna per l'uomo di liberarsi da questa sua misera e indegna condizione di condannato a morte, in attesa solo che un destino cieco e ineluttabile getti su di lui, e su i suoi compagni di questa disperata avventura esistenziale, ogni giorno, ogni ora, ogni attimo la sorte, come a un lancio di dadi; sorte che ne determinerà anche la sua o altrui uscita giornaliera dal mondo e la apparente liberazione dalla sofferenza del sorteggiato di turno. Con la morte, egli si dice, cercando a tutti i costi di confortarsi, tutto finisce. Ma è proprio vero? E se così non fosse? Morire allora per essere inghiottiti dove? In un altro meccanismo perverso? Ma, grazie a Dio, non esiste solo la filosofia, bensì anche le religioni e in particolare la Rivelazione cristiana, che getta sull'uomo disperato la speranza, sull'uomo cieco, la fede, e sull'uomo arroccato in se stesso e nel proprio egoismo la carità, l'amore fraterno. Vedremo, in una nota successiva, come il cristianesimo dia una risposta, e con essa anche la sola definitiva e confacente risoluzione, all'atavico, scandaloso e provvisorio problema della realtà del male e conseguentemente anche a quello della morte.

 

6."Perché mi dici buono?", rispose un giorno Gesù a un tizio che interpellandolo su una questione lo aveva definito "Maestro buono", e così soggiunse: "Uno solo è buono, Dio". Questa risposta di Gesù può lasciarci di primo acchito perplessi, considerando anche chi era colui da cui siffatta risposta proveniva e, nondimeno, sul piano filosofico e teologico, afferma un'importante verità: la sola bontà di Dio, unico ente a essere buono in se stesso in quanto pienezza d'essere e sorgente di ogni altra realtà, che deriva per partecipazione di quello i suoi beni, tanto maggiori quanto più a Dio gli altri enti subordinati si avvicinano e viceversa. Mi esimerò comunque dallo sviluppare il tema e dal darne una possibile soluzione chiamando a sostegno la filosofia. Ricorderò invece all'uomo che vuole sviscerare il problema del male con la sola ragione, che egli è limitato e la sua vita è poco più di un soffio, se paragonata alla realtà dell'infinito e quindi, senza l'ausilio di una verità che provenga dall'alto, cioè da Dio stesso, non farà altro che girare intorno alla questione senza mai venirne a capo. Viceversa Dio, che è per definizione l'ente perfettissimo, colui sopra il quale non può essere pensato nulla di maggiore (sant'Anselmo d'Aosta), vive in un eterno presente, cosicché tutti gli avvenimenti gli sono eternamente noti. Non guarda e non giudica da una prospettiva relativa e limitata come quella umana per cui, come ben dice sant'Agostino, filosofo e teologo cristiano del IV secolo, quello che sul momento a noi può parere male, potrebbe risultare bene se considerato sub specie aeternitatis. Ossia, detto in un linguaggio un po' meno accademico, dalla prospettiva eterna di Dio, ogni cosa è bene. Ho accennato sopra alla necessità di chiamare in aiuto la fede per far luce una volta per tutte sull'oscurità del problema. E c'è una sola fede, per quanto io sappia, che prende di petto il problema, dando ad esso la risposta più credibile e confacente per la nostra esistenza, e questa fede si esprime in un nome, una storia, una battaglia e una vittoria finale: il tutto avvenuto nella persona di Gesù di Nazareth. In Gesù difatti il Figlio di Dio prende la natura umana, calandosi nella storia, immolandosi quale vittima innocente per l'umanità intera, muore e poi risorge liberandoci per sempre, con la nostra adesione a lui, dal male (sofferenza e morte). Certo, tutto ciò è incredibile, sebbene non impossibile alla luce della fede, ma bisogna pur credere in qualcosa e in qualcuno, o no? Altrimenti finiremmo col credere alle nostre o altrui baggianate, proprio perché è impossibile credere a nulla. E allora, se dobbiamo necessariamente credere, crediamo almeno in ciò che di più alto, nobile, santo e anche verosimile ci viene offerto: e questo è esattamente il cristianesimo. Mi si potrà obiettare: nonostante tutto, il male non è però uscito definitivamente dalla realtà. Rimane l'Inferno coi suoi abitanti: i diavoli ed i dannati umani. Ciò è vero. Del resto, neanche al principio della creazione, sebbene la Bibbia ci informi che Dio creò buona ogni cosa, il male non era del tutto assente dalla realtà creata, infatti sempre dalla narrazione biblica, si può far rilevare come accanto alle cose buone esistesse almeno una parvenza, se non una parzialità di male. Basti pensare all'albero del bene e del male, posto nel Paradiso insieme alle altre piante portatrici di deliziosi frutti; basti pensare all'astuto serpente libero di circolarvi a suo piacere e che ingannò Eva, la quale portò poi anche Adamo all'atto di disubbidienza a Dio, morsicando per prima il frutto proibito. Infine, lo stesso Paradiso non era in fondo che un'isola, quantunque felice, perché al di fuori di esso vi era già predisposta una realtà ostile e precaria, la quale accoglierà definitivamente la prima coppia umana scacciata dall'Eden. Vi è tuttavia da aggiungere che siccome crediamo che l'uomo è dotato di libero arbitrio ed è chiamato ad esercitarlo tra il bene e il male, in qualche modo il male deve pure esistere, altrimenti non vediamo come l'uomo possa determinare in concreto la sua libera scelta. E allora diciamo intanto e a nostro parziale conforto, che il male e la morte sono per il cristiano solo provvisori (non così per le religioni orientali, con i loro cicli delle rinascite e l'eterno ritorno di tutto ciò che è già stato); che la sofferenza ci purifica rendendoci sicuramente migliori e sviluppando quella catena di solidarietà umana che ci fraternizza gli uni con gli altri. Inoltre sempre la sofferenza ci fa sentire deboli, bisognosi d'aiuto, ci predispone all'umiltà e ad aprire la mente e il cuore a una realtà più elevata, quella celeste, a cui aspirare e protendere caparbiamente. Realtà che ci ha promesso proprio Gesù, certificandola con la sua resurrezione (e qui sta appunto l'enorme divario, al di là di alcune indubbie somiglianze, tra il cristianesimo e le due altre grandi fedi monoteiste). Con essa egli ha vinto il male e la morte una volta per sempre. Non ci saranno, in cielo, più prove da superare, ma solo lacrime da asciugare e cuori da rinfrancare. E soprattutto rimarrà in noi la consapevolezza che ciò che di nuovo siamo lo abbiamo fermamente voluto e non lo perderemo più. La prova iniziale, con la tentazione del serpente e il destino finale dei dannati nell'Inferno, faranno parte esclusiva del misterioso e insondabile disegno di Dio sull'opera delle sue mani, in cui tutto però concorre al bene finale e a cui l'uomo deve solo piegarsi e uniformarsi, contenendo il suo orgoglio di creatura fragile e terrena. Una creatura fatta di polvere e destinata alla terra come tutte le altre creature, se il Creatore non l'avesse voluta privilegiare, nonostante le molte sue malvagità e ribellioni, associandola per sempre alla divina natura del Figlio. Figlio che ci ha tanto amati e che ha santificato la nostra natura assumendola su di sé e glorificandola con la sua resurrezione. In tal modo ci ha anche aperto la strada per il Regno dei cieli e ci ha introdotti alla presenza del Padre insieme agli angeli e agli altri santi, da dove non udremo più lamenti, imprecazioni, né vi saranno sofferenze e privazione alcuna, ma abiteremo definitivamente nella casa perfetta del Padre celeste, dalla lampada sempre splendente, dalle molte dimore e dai lauti e festosi banchetti.

(CONTINUA NELLA PARTE SECONDA)

 

 
 
 
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