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L'animale donna - La complessità della forma femminile (di Desmond Morris)
Desmond Morris, L’animale donna – La complessità della forma femminile (Mondadori 2005) Gli occhi «Il trucco per gli occhi esiste da più di 6000 anni e già nell’Antico Egitto si usava colorare di nero le palpebre». Palpebre, ciglia e pelle attorno agli occhi sono state «colorate, ombreggiate, decorate in ogni civiltà del mondo», oggi con «ombretti, matite, piegaciglia, ciglia finte e lenti a contatto colorate». Dopo una breve digressione anatomica e fisiologica dell’occhio, Morris ci parla della dilatazione della pupilla che «va a interferire con l’accuratezza della nostra visione» in quanto permette «a una quantità eccessiva di luce di raggiungere la retina. Il risultato è una macchia luminosa, invece di un’immagine perfettamente contrastata. Questo, comunque, può essere un vantaggio per i giovani amanti quando si guardano intensamente negli occhi dalle pupille dilatate. Non è affatto male – conclude Morris – vedere l’altro lievemente sfuocato e immerso in un bagno di luce, l’esatto opposto di un’immagine precisa fin nei dettagli! […] La dilatazione e la contrazione della pupilla sono un segno così affidabile delle nostre risposte emotive a degli stimoli visuali: non possono mentire». Questo spiega perché le cortigiane avevano «l’abitudine di lasciar cadere qualche goccia di belladonna nei loro occhi prima di ricevere un visitatore». Negli esseri umani gli occhi chiari sono «una specie di illusione ottica» in quanto indicano semplicemente una perdita di melanina nell’iride. «Le persone con gli occhi azzurri non possiedono pigmenti azzurri; hanno semplicemente meno pigmenti degli altri, e questo dà l’impressione dell’azzurro». E le lacrime? «Quando un’irritazione o un’emozione intensa spinge la ghiandola lacrimale a produrre lacrime più velocemente di quelle che il condotto può portar via, noi piangiamo. Le lacrime in eccesso si rovesciano sulle nostre guance dove noi le asciughiamo. Questo è il secondo tratto peculiare dell’occhio umano, perché noi siamo gli unici animali terrestri a piangere». L’occhio femminile è un poco più piccolo di quello maschile, e mostra una più alta percentuale di bianco. In molte culture le ghiandole lacrimali sono molto più attive nelle femmine emotive che nei maschi emotivi, ma se questo sia dovuto all’influenza culturali che richiede agli uomini di mostrare meno le loro emozioni, o se si tratti di una differenza biologica è difficile da dire. E gli occhiali? «L’effetto delle lenti scure è particolarmente potente – scrive Morris – I movimenti rivelatori degli occhi, resi ancora più visibili dal bianco della sclera, forniscono una costante sorgente di informazione durante gli incontri sociali, ma gli occhiali scuri la soffocano completamente. Gli occhi inquieti, sfuggenti, distratti, ansiosi, dilatati sono tutti nascosti agli altri da chi indossa degli occhiali da sole». «Ogni volta che verrà fatta una battuta, o un’affermazione polemica, oppure ogni volta che verrà espressa un’opinione personale, gli occhi del subordinato voleranno in direzione della persona dominante per controllare eventuali reazioni. La figura dominante, tipicamente, resta sulle sue durante questi scambi, senza preoccuparsi di guardare i suoi subordinati durante la conversazione generale. Ma se pone una domanda a uno di essi, lo farà con uno sguardo diretto. L’individuo sul quale si fisserà, non sarà capace di sostenere quello sguardo e, mentre risponde, guarderà quasi sempre altrove […] Un prolungato contatto oculare avviene soltanto nei momenti di inteso amore o odio». Mentre gli amanti si fissano negli occhi, «controllano inconsciamente il grado di dilatazione della pupilla dell’altro. Se vedono profondi pozzi neri, sapranno per istinto che i loro sentimenti sono ricambiati. Se vedono minuscole capocchie di spillo si sentiranno a disagio, percepiranno che qualcosa non va nella loro relazione». Dallo «sguardo fisso della persona infuriata» al malocchio, dagli «occhi fantastici degli spiriti maligni agli occhi reali delle femmine umane», Morris ci racconta i messaggi visuali che possono essere letti nelle loro mutevoli espressioni: gli occhi che si abbassano è un segnale di «modestia» o «sottomissione»; alzare lo sguardo denuncia un’aria di «pretesa innocenza», anche in senso ironico («guardare al cielo per invocarlo come testimone della propria innocenza»). Poi c’è lo sguardo torvo della madre, il cui «occhio si concentra sulla vittima con le sopracciglia corrugate ma le palpebre spalancate»: un’«occhiataccia», come Morris la definisce; guardare di sottecchi, senza farsi vedere, per timidezza o timore; lo sguardo sognante con gli occhi “fuori fuoco” di chi è stanco o sta sognando a occhi aperti; spalancare gli occhi per manifestare una modesta o finta sorpresa; socchiudere gli occhi per un eccesso di luce o per «un’espressione di disgusto, uno sguardo di altezzoso disprezzo sul mondo circostante»; gli occhi lucidi, che trasmettono un segnale difficile da falsificare: sono «gli occhi scintillanti dell’amore appassionato, del fan adorante, della madre orgogliosa e dell’atleta trionfante», ma anche gli occhi lucidi «dell’angoscia, della tensione e della disperazione, di qualsiasi condizione emotiva forte abbastanza da portarci vicini alle lacrime»; piangere, un altro potente segnale sociale degli umani sulla cui pelle nuda, a differenza degli altri mammiferi dalle guance pelose nelle quali le lacrime si perderebbero, «lo scintillio delle lacrime agisce come un potente segnale»; ammiccare, cioè sbattere le palpebre: dalla normale azione di “tergicristallo” al multi-battito, un «disperato tentativo di allontanare le lacrime dagli occhi prima che comincino a sgorgarne», al battito esagerato, un unico battito più lento di «finta sorpresa», allo sbattere le palpebre dello «sguardo innocente dell’occhio sbarrato» fino all’occhiolino, che denuncia una qualche collusione tra colui che lo fa e colui che ne è il destinatario, mentre «l’altro occhio è tenuto aperto per il resto del mondo, che è escluso da questo scambio privato». EdMax
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