Creato da elsa850 il 05/03/2011

Un po' di tutto....

Alcune mie riflessioni sulla mia vita e tutto ciò che mi sta intorno

 

 

IL LATTE...CHI LO CONOSCE LO EVITA

Post n°5 pubblicato il 29 Agosto 2011 da elsa850
Foto di elsa850

Volevo parlare da tempo di questo argomento, e la prima volta che ho provato a buttare giù qualche riga tutto il testo mi sembrava troppo dispersivo, forse poco chiaro ed incisivo. Quindi ho deciso di ricominciare da capo cercando di essere più diretto. Forse perchè l'oggetto del discorso mi sta parecchio a cuore, perchè potrebbe riguardare direttamente i miei futuri (molto futuri,eh) figli.

 IO NON DARO' MAI DEL LATTE VACCINO A MIO FIGLIO. Perchè? Semplice, perchè non voglio che diventi una mucca! Già sento le vostre obiezioni sull'apporto di calcio che il latte garantisce, sulla crescita incompleta in mancanza di quest'ultimo, su una scelta così controcorrente dato che centinaia di studi confermano che il latte fa benissimo. Ok, ora vi do io qualche altro dato su altri studi fatti a riguardo.

 Il latte vaccino serve per sviluppare un vitello che in due anni da 40kg arriva a pesarne 900, mentre l'uomo arriva a pesarne 70 in 20 anni. Non vi è chiara la differenza? Contiene molte più proteine e 4 volte più calcio del latte materno, e contiene steroidi e ormoni che tendono ad accelerare la crescita. L'uomo non ha bisogno di diventare grosso, pesante, e con delle ossa simili a quelle di una vacca, gli serve sviluppare ciò che più lo distingue nel regno animale, il cervello e le sue capacità cerebrali. Per questo motivo il latte creato per noi è meno ricco di calcio ma abbondante di fosforo ma sempre nelle proporzioni giuste. Già, proporzioni.... La gente sembra tralasciare questo aspetto così importante, crede che se poco fa bene allora tanto fa sicuramente meglio, purtroppo è una credenza inculcataci da medici, programmi su alimentazione e salute, pubblicità, ecc... Basta informarsi, leggere, e cercare studi in merito per venire a sapere che il 50% di calcio che introduciamo con latte, formaggi e yogurt non viene assimilato e diviene semplicemente un prodotto di rifiuto che il corpo deve smaltire e, se non ce la fa, lo deposita in certe aree del corpo. Il calcio deve essere in rapporto con il fosforo di 2:1, in questo modo il 100% può essere assimilato e utilizzato. Inoltre la maggior parte dell'umanità è intollerante al lattosio, poiché ci manca per natura l'enzima specifico per metabolizzarlo, la lattasi. Superata una certa età perdiamo naturalmente la facoltà di digerire il latte, che diventerebbe dannoso per il nostro intestino poiché le sue molecole non riescono a passare fin da subito le pareti intestinali formando grumi. Solo questo basterebbe a far capire che la natura ci ha dato tempi stretti e precisi per cibarci di latte, cioè quando il nostro scheletro è fragile, ma una volta messi i denti e cresciuti che bisogno abbiamo di crescere ancora?

 I giapponesi prima dell'introduzione del latte non conoscevano il cancro allo stomaco, ora ne detengono il primato. Chi non fa uso di latticini, formaggi e latte difficilmente ha problemi cardiocircolatori. Il Prof. Franco Berrino (primario di Epidemiologia all'Istituto Tumori di Milano) ha constatato che le donne hanno molte più probabilità di contrarre il tumore al seno se si consumano abitualmente prodotti animali come latticini e formaggi. A tutt'oggi la maggior parte della popolazione mondiale non si ciba di latte per soddisfare le proprie esigenze nutrizionali, quindi non capisco per quale motivo continuano a dirci che il latte va preso tutti i giorni se non si vuole andare incontro a delle deficienze alimentari. Business? Probabile.

 Ma tralasciando dati, eminenti scienziati, malattie più o meno causate da questi cibi ciò che deve arrivare è il vero motivo per cui non si dovrebbe fare uso del latte, e cioè che non è naturale per noi essere umani. Il latte prodotto da ciascun mammifero è specifico per quella determinata specie, e ha quindi le dosi giuste di calcio, grassi, sali minerali, proteine, acqua, ecc... L'uomo è l'unico animale che si nutre di latte dopo la dentizione, quando fin dall'alba dei tempi le madri smettevano di nutrire il bimbo appena quest'ultimo poteva masticare con i denti di prima formazione. Un tempo per gli orientali era impensabile nutrirsi del latte di altri animali, per loro era come involversi, avere lo stesso giudizio di una vacca. Voi ciuccereste dalle mammelle di una mucca? Certamente no, ma permettete che qualcun'altro vi imbottigli il latte per poi poterlo bere da un comodo bicchiere. Non lo fate solo perchè vi fa schifo, ma anche perchè il vostro istinto-intuizione di essere umano va contro una simile azione. Nutrirsi di certi prodotti crea inevitabilmente malattie, perchè è una azione contro natura, ma oltre a ciò non permette alla specie umana di evolversi nel modo corretto.

 Certo, se l'uomo ad un certo punto della sua storia si è nutrito del latte di altri animali lo ha fatto per motivazioni ben precise a causa di determinati fattori, in alcuni casi è stato proprio costretto sennò sarebbe andato in contro a rachitismo e quindi alla morte, purtroppo ora non ho tempo né lo spazio di approfondire l'argomento. Ma credetemi, se c'è qualcuno, tra chi sta leggendo queste righe, che soffre di allergie, tumori al seno o problemi circolatori, la prima cosa da fare è togliere tutti i prodotti animali, soprattutto latte, latticini, formaggi e yogurt.

 Difficile? Sicuro, ma possibile.

 La natura esige rispetto, altrimenti punisce in modo preciso e mirato chiunque, con l'unico mezzo veramente imparziale che ha a disposizione, la malattia.

 
 
 

VITA, MORTE E DIGNITA'

Post n°4 pubblicato il 16 Marzo 2011 da elsa850
Foto di elsa850

Ciò che scrivo riflette il mio stato d'animo, che ultimamente non è dei migliori per parecchi motivi. Uno di questi riguarda proprio questo post, che sto scrivendo perchè l'associazione Luca Coscioni mi ha dato la possibilità di scrivere la mia personale storia e il rapporto che ho nei confronti di uno dei temi più scomodi al giorno d'oggi: l'eutanasia.

Detto questo in pochi conoscono il fatto che sto per raccontare, e che è accaduto circa 7 mesi fa ormai. L'ho raccontato a pochi, pochissimi, perchè sono riservato, chiuso, un lupo solitario come mai mi era capitato di essere fino ad ora. Invece ora mi accingo a raccontare tutto su un blog, dove possono leggerlo tutti, amici e non. Non è mania di protagonismo, né ricerca di compassione, né uno sfogo emotivo. Anzi, è tutto molto razionale. Lo faccio solamente per far conoscere una verità scomoda, un dolore che in pochi conoscono ma che tutti dovrebbero capire e rifletterci su. Spero che quello che è successo a me non capiti mai a nessuno, ma se dovesse accadere credo che chi leggerà queste righe riuscirà a trovare un piccolo aiuto per prepararsi in un qualche modo, per sapere cosa ci si aspetta, per non trovarsi impreparati, per essere forti, sapendo che non si è soli. Perchè in fondo, il dolore di uno è il dolore di tutti.

 E' strano come le cose o i fatti ti sembrino un giorno così lontani, così impossibili, e un altro giorno ti travolgano in un attimo, senza accorgetene. Quando guardavo in tv gli speciali o le notizie sui casi Englaro o Piergiorgio Welby, pensavo che cose del genere potessero capitare a tutti tranne che alla mia famiglia. Un po' come quando vedi scene di guerra civile in uno di quei paesi del terzo mondo, pensando che qui in Italia si è al sicuro e che non si arriverà mai a quel punto, quando invece oggi più che mai siamo sull'orlo della terza guerra mondiale.

In ogni caso le immagini che vedevo in tv si sono un po' offuscate a causa della cattiva memoria, ma le parole di mio padre alla vista di quelle 2 persone ridotte in quello stato sono come scolpite nella roccia: “Meglio morire piuttosto che vivere in quel modo”. E sono proprio quelle parole che mi stanno facendo lottare, visto che lui non può più farlo perchè è caduto in coma irreversibile. La causa ora è irrilevante e non cambia lo stato delle cose.

Quello che conta è esaudire la sua volontà. Quello che conta ora (ed è uno degli obiettivi di questa nota) è far capire che religione ed eutanasia non c'entrano niente. Più volte queste due linee di pensiero si sono scontrate, chi da religioso diceva che solo Dio può decidere quando chiamare a sé i suoi figli puntando tutto sull'importanza dell'anima ancora viva nel corpo, e chi invece da “scienziato” diceva che quella non è più vita in senso stretto.

Mio padre era musulmano, molto religioso e praticante. Pregava 5 volte al giorno e leggeva il Corano e altri testi religiosi molto spesso, anche la Bibbia credo. Ma non era certo un kamikaze o un fanatico, quindi non preoccupatevi. Anzi, mi ha insegnato ad apprezzare la vita, a non sprecarla, a viverla a testa alta, ad accettarla per come viene. Mi ha insegnato che è un dono prezioso, di Dio, e che per questo motivo rinunciarci sarebbe un grave peccato. Io non sono religioso come lui, e comunque ho una idea di Dio molto orientale, ma sono pienamente d'accordo. Eppure nonostante la sua indole estremamente religiosa non ci pensava due volte a dire che preferiva la morte ad una vita da vegetale. Come è possibile?

 Mi faccio spesso questa domanda, chiedendomi come può un uomo di religione togliersi il dono più grande che gli ha fatto Dio. La risposta è semplice.

 C'è una linea di confine nella vita, oltrepassata quella linea vi è la morte, quindi in parole povere o si è vivi o si è morti. Io la pensavo così ma c'è di più. Nella vita c'è una doppia linea di confine che divide la vita dalla non-vita. Alcune persone invece di varcare la classica linea che li porta alla morte, attraversano prima questa e, successivamente, oltrepassano quella che li porterà all'aldilà. Mio padre è tra questi. Può essere definito come un limbo in terra.

 

Tutto ciò comporta tante conseguenze, ma una spicca tra le altre, quella dell'assoluta mancanza di dignità. Una persona in coma, a mio parere sia chiaro, non ha più dignità. Non può mangiare, bere, andare in bagno, lavarsi, pulirsi, vestirsi, camminare, correre, lavorare senza che qualcuno lo aiuti a farlo. In una parola non è più autosufficiente. I comatosi in stato irreversibile sentono? Vedono? Capiscono quando gli parli? Domande ancora senza risposta. E francamente spero proprio di no, sennò il rendersi conto della propria condizione moltiplicherebbe solamente la loro sofferenza. Io personalmente ho guardato negli occhi mio padre una volta sola da quando è caduto in coma, e ho visto il vuoto. La scintilla vitale che si vede in ognuno di noi non c'era più, solo oscurità, e il colore marroncino dell'iride non è bastato a trarmi in inganno. E' come cadere nel vuoto, un lasciarsi andare, non sai perchè ma ti senti attratto da quello sguardo ormai senza luce, vita, anima. E più reggi lo sguardo e più senti freddo.

 

Sì, ho sentito freddo. Me lo ricordo perchè non era una sensazione di freddo come le altre (faccio il postino e lo conosco bene il freddo), era particolare, un freddo che ti entra nella carne, nelle ossa fino al cuore. Ed è lì che scatta qualcosa, è lì che ti poni un obiettivo, è lì che capisci che significato hanno la vita, la morte e la dignità di una persona. A quel punto ho capito cosa intendeva mio padre con quella frase all'inizio tanto scioccante per un uomo di religione.

 

Decidere di vivere o morire è l'unica vera libertà che abbiamo. Di quelle tre cose (vita, morte e dignità) una accomuna ed unisce le altre due. Vivere dignitosamente, questo mi ha insegnato mio padre. Non importa quanti soldi, donne, case puoi possedere. Dignità è poter fare delle scelte e prendersi le proprie responsabilità, poter contare su sé stessi, non arrendersi, provarle tutte, essere giusto, leale, corretto. Ma vivere in modo dignitoso non è meno importante che morire in modo dignitoso, anche la morte esige rispetto e dignità e tutti ne hanno diritto. Mio padre, nella sua sfortuna, è riuscito a darmi comunque un ultimo insegnamento.

 

Dignità nella vita come nella morte.

 

Vivere come è costretto a fare lui ora non è dignitoso, per nessuno può esserlo. Per questo motivo lotterò per sempre per dargli una buona morte, eutanasia dal greco vuol dire proprio questo, e non è affatto una brutta parola come forse vorrebbero farci credere. Anzi, molto probabilmente è l'ultima, estrema e più difficile prova d'amore che un figlio possa fare per il proprio padre, o una moglie per il proprio marito, o un genitore per il proprio figlio. I medici fanno il loro lavoro, salvano vite ogni giorno, ma a che prezzo? Mio padre è ancora vivo, ma è un vegetale, voi sareste disposti a diventarlo pur di continuare a vivere? I medici salvano vite come la sua, ma poi non affrontano il dolore che la famiglia del malato deve combattere. Per quanto mi riguarda sono sicuro di una cosa, l'eutanasia per queste persone sfortunate è la cosa che più si avvicina alla libertà, e io voglio che mio padre sia libero come lo è sempre stato prima di quel giorno.

 

L'immagine che ho associato a questa nota non è un caso perchè è l'immagine che voglio di lui. Voglio che si alzi da quel letto ormai bloccato su quello strapiombo che divide la vita dalla morte, e che si butti, si lasci andare o voli dall'altra parte. Voglio che sia libero di fare almeno questo, senza rimpianti, senza rimorsi.

 

Addio papà, grazie di tutto.

 
 
 

GRAZIE

Post n°3 pubblicato il 14 Marzo 2011 da elsa850
Foto di elsa850

Non credo di essere una persona irriconoscente, so quando è doveroso ringraziare qualcuno e di solito lo faccio anche per cose banali, futili, esattamente quelle per cui le persone, sentendosi ringraziate ti guardano e ti dicono: "E di che???".

Eppure ora mi trovo nella condizione di dover ringraziare una persona ma non so come fare. Sono in quella situazione in cui ci si sente troppo in debito, in cui il divario è così grande che sembra un abisso.
Come si fa a ringraziare una persona che ti ha insegnato ad aprire gli occhi dopo due anni e più di odio, che ti ha insegnato a perdonare senza dimenticare, a farti capire che in fondo, nonostante tutto, tutti sbagliano e se anche gli sbagli si ripercuotono su di te in certi casi è giusto ritrovarsi. Sì, perchè una volta passato il rammarico, l'odio, il disprezzo resta solo una persona che si sente sola, che ti vuole bene nonostante tutto, che sa di aver sbagliato e che ha pagato in tanti modi, quindi perchè negargli il perdono?

I problemi, i guai, qualunque essi siano, passano e ce li mettiamo alle spalle ridendoci su dopo qualche anno quando su quegli stessi eventi avevamo versato delle lacrime e grida di dolore. Come si fa a ringraziare una persona che ti ha insegnato che non facendo tutto questo il rammarico rischia di diventare tuo, perchè una volta che quella persona se ne è andata, rischi di perdere l'unica occasione di dirgli che gli volevi bene nonostante tutto, che ora capisci quello che ha fatto e perchè, magari a fin di bene. Si rischia di rimanere soli a propria volta, soli e allo stesso in compagnia di un'amara tristezza con la consapevolezza di aver sprecato un'opportunità per mettere a posto qualcosa nella propria vita, di aver negato a una persona a cui ormai resta poco da vivere l'unica cosa che ancora lo fa reggere in piedi, lo fa respirare, lo fa andare avanti, la consapevolezza di non essere odiato dalla persona a cui vuole più bene della propria stessa vita.

No, non è facile ringraziare una persona che ha fatto tutto questo per te. Facendolo oltretutto quasi inconsapevolmente, come se quella saggezza sgorgasse da tutti i pori naturalmente, nonostante l'aspetto e l'età giovanili. Non è facile ringraziare una persona che ti ha liberato da un macigno che tenevi sulle spalle, o forse sarebbe più giusto dire sul cuore. Dove in tanti hanno fallito, lei ci è riuscita. In molti ci hanno provato a spostare quel macigno, alcuni con la forza, con le grida, con la dolcezza, muovendomi a compassione, con le lacrime....Io stesso ci ho provato. Ma quel macigno pesava troppo, e non era mia intenzione spostarlo da lì, quello era il suo posto....almeno così credevo.

Ogni tanto mi sembrava di intuire che forse, quel macigno, non fosse parte realmente di me, che potesse essere spostato, distrutto, eliminato come la cosa inutile che è, ma subito quei pensieri si allontanavano e più divenivano lontani e più quella roccia diventava pesante. Ma quella persona, con tranquillità e innocenza è riuscita ad insinuarmi un dubbio tremendo, un dilemma che mi portava ad avere quasi paura. La paura di sbagliare enormemente, paura di maledire me stesso per il resto dei miei giorni. La paura di non riuscire a ridere neanche dopo 20, 30 o 40 anni allo sbaglio che stavo per fare.

Non so se lo ha spostato lei quel macigno o se mi ha dato solo la forza di spostarlo da solo, non ha importanza in fondo. Quella persona è stata il fattore scatenante, il cambiamento, il punto di non ritorno, la causa di tutto ciò. E' riuscita a toccarmi nel profondo, più di quanto fossero riuscite persone che mi conoscevano da quando sono nato, o che addirittura mi hanno messo al mondo.

No, è impossibile ringraziare una persona che ha fatto tutto questo per te, ora l'ho capito. Certe volte si rimane indebitati per la vita, e mai debito fu più piacevole da pagare. Certe volte non si può fare niente per ripagare persone del genere, non basterebbero i soldi, n'è sentimenti come l'amore o l'amicizia più oneste e pure. L'unico modo è ripagare con la stessa moneta, magari capita che nella vita i ruoli si invertano, un giorno sarò io a toccarla nel profondo, ad aprirgli gli occhi, a non farle commettere uno sbaglio tremendo che potrebbe maledire per sempre. Ma sarò in grado? Sono in grado di farlo? Di capirlo? Di accorgermene?

Non lo so, ma spero con tutto me stesso di sì.

Per ora, semplicemente, grazie.

 
 
 

AUTORIFLESSIONE

Post n°2 pubblicato il 05 Marzo 2011 da elsa850
Foto di elsa850

Tendo ad essere freddo e distante, inutile girarci attorno. Alcuni pensano che si cerchi di essere così per evitare sofferenze e dolore, perchè meno affetti hai e meno possibilità hai di stare male una volta perduti, ma per me non ha senso una cosa del genere. Semplicemente il dolore, che prima o poi ti raggiunge in miliardi di modi diversi, tende a cambiarti, a fortificarti, ad indurirti, e la durezza spesso comporta freddezza. E chi ha voglia, me compreso, di stare vicino a qualcosa o qualcuno freddo e duro come un sasso? Meglio il calore delle coperte o la morbidezza di una pelle ben curata, no? Ecco allora che avviene l'allontanamento da tutto, la distanza si fa sempre maggiore man mano passa il tempo, fino a che le persone che una volta vedevi tutti i giorni diventano solo un vago ricordo, dei puntini neri all'orizzonte. E certe volte non si riesce bene a comprendere se sei tu che ti stai allontanando oppure gli altri, ma forse questo è poco importante. Nonostante tutto questo, sentire soffrire una persona a me vicina non mi lascia indifferente, seppur riesca a non batter ciglia alla vista di lacrime e dolore. Ma il punto è un altro, cosa posso fare io per rendermi utile? E la causa sono io oppure no? Quando so di far parte della vita di una persona, e quest'ultima soffre, mi faccio davvero un esame di coscienza. Vado a ritroso nel tempo cercando di capire in cosa ho sbagliato, se la colpa almeno in parte è davvero mia oppure no. Penso che in molti dicano di farlo, ma in pochi lo mettono in pratica. Perchè io tutte le volte che mi capita una cosa del genere, anche se poi arrivo alla conclusione di non essere la causa di questo o quel dolore, arrivo a scoprire difetti che pensavo non mi appartenessero, oppure semplici atteggiamenti per me innaturali che ho cominciato ad adottare senza neanche rendermene conto. E quanta vergogna nel comprendere che ci è voluto il pianto o il dolore di qualcuno, giustificato o no che sia, a farmi aprire gli occhi. E se la vergogna è tale quando non sono io il diretto responsabile, figuratevi quando invece lo sono come mi possa sentire. E' in questi casi allora che nasce lo spontaneo senso di ringraziamento verso quella persona, che con la sua sofferenza ci ha fatto comprendere quello che noi stessi avremmo dovuto capire da parecchio tempo. E ti rendi conto di avere anche tu il paraocchi, di non vedere cose semplici e banali. Perchè in certi casi si ha bisogno di occhi diversi dai propri, esterni, anche se spesso neanche questo basta per capire. Già, perchè bisogna sempre stare attenti a chi cerca di affibbiarti colpe che non sono tue mostrando un dolore fasullo, col rischio poi di importi un autoriflessione inutile che porti a decisioni favorevoli a terzi. Ecco allora che non solo sono necessari occhi esterni ma anche colmi più che mai di amore e affetto, quell'amore però vero, che ti porta inevitabilmente a soffrire, facendo sgorgare lacrime in cui semplicemente rispecchiandoti riesci a capire come tu, senza ancora comprendere appieno, sia in parte responsabile della loro esistenza. Oggi è uno di quei giorni in cui è necessaria un autoriflessione del genere, con la speranza di trovare il modo per migliorarsi o perlomeno di venirsi incontro. Domani, sarà il giorno dei ringraziamenti e delle scuse.

 
 
 

IL LATO BELLO O BRUTTO DELLE COSE....NON ESISTE!

Post n°1 pubblicato il 05 Marzo 2011 da elsa850
Foto di elsa850

Sono un tipo che certi problemi li vive male, e quando vivo male certe cose ho bisogno o di star da solo, o di giocare a calcetto o di andare in moto per sfogarmi. Proprio quest’ultimo modo è forse per me il migliore ma anche il più pericoloso. Chi mi conosce sa che sono una persona riflessiva, pacata, paziente ma quando abbasso la visiera del casco cambio, forse in peggio. Non sono certo un Valentino Rossi, anche perché le uniche volte che sono andato in pista non ho certo abbassato il record del tracciato, ma pur rimanendo concentrato sulla strada mi prendo forse troppi rischi certe volte. Sarà per il gusto della velocità? Sì e no, e comunque non solo per quello. Sarà il testosterone che mi circola a mille nelle vene? Molto probabile, ma c’è qualcosa di più. Ci sono state tante persone che mi hanno chiesto: “Ma non hai paura ad andare così veloce? A fare il matto in mezzo alle macchine?”. E a me quella domanda risultava strana, ma sapevo che era assolutamente logica e comprensibile ai più. Nonostante questo rispondevo con un secco: “No, perché dovrei?”. Eppure ci sono stati momenti in cui me la sono vista brutta, davvero brutta. E tutte le volte me la sono cavata, grazie ai miei buoni riflessi e ad una buona dose di fortuna, rafforzando la tesi dei miei amici che dicono che ho un gran bel sedere. Sarà forse che non ho paura della morte? O più precisamente, non ho paura di morire in moto? Può darsi, mi ha sempre stimolato l’idea di poter scegliere il modo in cui passare a miglior vita, e se proprio devo scegliere allora mi piacerebbe farlo mentre faccio qualcosa che mi piace. Sicuramente preferisco di gran lunga spirare così, seppur giovane, piuttosto che a 80 anni di cui gli ultimi 10 su un letto d’ospedale. Ma si sa, punti di vista. Ma se avessi davvero la libertà di scegliere allora mi piacerebbe morire salvando la vita a qualcun altro, chiunque. Penso sia il gesto più nobile a cui una persona possa aspirare, donare la propria vita a uno sconosciuto, una persona mai vista prima e che forse neanche ti ringrazierà, senza pensarci un secondo. In pochi hanno questa fortuna. Ma tranquilli, per ora ho troppe cose da fare per intraprendere questo viaggio di sola andata, quindi se ne riparlerà almeno tra una quarantina d’anni. E’ solo un pensiero come tanti a cui cerco di mettere ordine. Come quando mi chiedo come mai la gente ha così tanta paura di morire. Anche io ne ho, senza dubbio, sono ancora troppo giovane per non averne; e gli unici ragazzi della mia età a non provarne timore sono quelli cresciuti fin da 4 anni di età con un fucile in mano e in mezzo alla guerra, quella vera, non virtuale. Eppure penso che la morte non sia di per sè qualcosa di brutto, piuttosto credo, come dice Epitteto, che è l’opinione che la gente ha della morte a renderla orribile. E’ come quando dai dello scemo a due persone: una se la prenderà, scatenando magari una discussione, l’altra non ci farà caso. Cosa cambia? Niente. Una qualunque offesa non ha di per sé nessun valore, sono le persone che a seconda del loro carattere, delle esperienze vissute e di quello che mangiano (lo so che sembra non c’entrare una mazza eppure c’entra) gli danno una importanza più o meno rilevante. Se una persona si sente offesa è la sua opinione su quella parola ad averla ferita, non certo un aggettivo dispregiativo. Penso che la stessa cosa può essere applicata a ciò che ci fa paura come la morte, partendo dal presupposto che non c’è niente a questo mondo, che sia bello o brutto, buono o cattivo. In india ad esempio esistono 3 principali divinità, (Brahma, Vishnu e Shiva). Di queste la prima è artefice della creazione e della vita, ma non ci sono templi dedicati a lei, solo uno che dicono però sia introvabile. La terza è arteficie della distruzione e della morte, e ci sono centinaia di templi a lei dedicati invece. Questo solo per farvi capire come sia enormemente diversa la concezione della morte in diversi paesi. In India si crede che la vita sia dominata dalla morte, perchè la prima è già passata, è già accaduta nel momento in cui veniamo al mondo. Mentre la morte deve ancora accadere. Strano vero? Così come apprezziamo le giornate di sole perché sono contrapposte a quelle grigie e piovose, allo stesso modo dovremmo ringraziare la morte perché è solo grazie ad essa che possiamo apprezzare appieno la vita che ci è concessa. La nostra salute, ci diventa così cara solamente quando cadiamo malati, solo a quel punto capiamo quanto sia importante e necessaria. In filosofia orientale si insegna che più grande è il rovescio, più grande sarà il dritto. Più grande è la malattia, più grande sarà la guarigione. Per diventare ed essere liberi bisogna prima essere schiavi, e per acquistare la ricchezza bisogna prima aver sofferto la povertà. Le persone, o la maggior parte, tendono ad allontanare le cose brutte, mentre è proprio grazie a quelle che possiamo aspirare a diventare migliori. Sarebbe davvero monotona la vita senza problemi, litigi, scontri e discussioni. Chi conosce il fiore di loto? Beh, vi assicuro che è bellissimo, ma sapete dove cresce? Nel fango e nella melma più sporchi, i peggiori. Molte persone raccolgono questo fiore disprezzando però il terreno in cui cresce, o semplicemente non facendoci caso. Grosso errore a parer mio, perché senza quel fango il fiore in questione non potrebbe mai raggiungere tale bellezza. Ecco il motivo per cui bisogna apprezzare entrambe le cose, accettare sia le persone buone e, ancora di più, quelle cattive. E’ grazie a chi ci mette degli ostacoli sulla strada che riusciamo a superare i nostri limiti. Ma forse sto dilagando troppo, non voglio certo passare per il nuovo Messia che recita di porgere l’altra guancia sempre e comunque. In fondo è un concetto così ampio e profondo che non a caso se ne discute da migliaia di anni, e non penso di avere la competenza adeguata. Però mi diverte come molte persone siano cieche a riguardo, non riescano a vedere l’importanza degli opposti, guardando solo verso una direzione e apprezzando solo un lato delle cose. Mi viene da sorridere, pensando a quando Benigni, dopo aver ricevuto l’Oscar disse queste parole: “Ringrazio i miei genitori per il dono più importante: la povertà”. Subito dopo, in platea, molti cominciarono a ridere pensando che fosse una battuta, quanto si sbagliavano.

 
 
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

china.valeRicky.Quagliatomerlino80.gpmicina891ledlordsandro9santi1955gginopinofriarosu1elsa850phoenix50pocket.coffeetiefblaupsicologiaforensecercoilcoraggiogabbiomauro
 

ULTIMI COMMENTI

discutibile...saluto
Inviato da: gginopino
il 29/08/2011 alle 18:10
 
 

CHI PUŅ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963