Creato da: Lory_Anna il 26/03/2008
LA VITA DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO!

Area personale

 

Tag

 

Archivio messaggi

 
 << Agosto 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
      1 2 3 4
5 6 7 8 9 10 11
12 13 14 15 16 17 18
19 20 21 22 23 24 25
26 27 28 29 30 31  
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

Ultime visite al Blog

Lory_Annaapungi1950nnvogliofarinnamorarpaolo_1952_ptempesta_divitaColombina2002lucianopazzibrucewayne80_1sonseriosorosanna.roxladonnadimcm_fotoJainimiyabaritono6
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

o sole mio

 

 

 

Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 26 Marzo 2008 da Lory_Anna
 
Foto di Lory_Anna

       CAPITOLO 1

                   

Mi è capitato di leggere il blog di un nostro connazionale che iniziava con queste parole:

Mi chiedo se in Italia il razzismo sia più forte di quanto si crede, e la risposta che mi do purtroppo è un sì. Questo nonostante si cerchi in vari modi di far vedere che siamo un popolo aperto, che siamo un popolo  antirazzista.

In accordo con queste parole dobbiamo riconoscere con molta onestà che tanti italiani si pongono questo quesito.

Per anni siamo stati vittime di un proprio razzismo interno.

Da Roma in su quando si parlava del sud o peggio delle isole Sicilia e Sardegna l’argomento era trattato con molto disprezzo e la gente tacciata da terrone o analfabeta anche se come sappiamo grande menti sono di origine siciliana.

Ancora oggi anche se in termini più moderati e discreti, visto il salto di qualità che ha fatto il sud, in quanto all’istruzione, sussiste il problema razziale nelle scuole e nei posti di lavoro preferendo quelli del nord a quelli del sud Italia.

Quindi… Italiano razzista? Ebbene si!

Lo è ad oltranza anche con i propri connazionali.

 Ma in quanto ai stranieri che approdano in Italia in cerca di una vita decente, l’italiano si è dimostrato unito e compatto nel trattare questa povera gente come fossero umani di seconda mano!

 Durante la stesura di questo testo mi sono incuriosita nell’intervistare la gente e sono rimasta sconvolta dalle risposte quasi tutte uguali.

Alla domanda:

-“ Cosa pensate degli immigrati e dell’immigrazione in Italia?”

Ecco le risposte della maggioranza.

_”Zingari e albanesi… devono morire!”

_ “Che ritornino a casa loro!”

_”Portano solo guai e ci rubano il lavoro!”

_Sono dei selvaggi violenti e incontrollabili!”

_” L’Italia dovrebbe avere delle leggi contro queste invasioni barbare!”

Ma l’ostilità che il popolo italiano nella sua maggioranza prova per l’emigrante è anche dovuto alla divulgazione esasperata delle notizie di cronaca!

Questa ostilità nasce soprattutto da quanto si legge sui giornali, da quanto si vede nei telegiornali. Se in una notizia di cronaca il colpevole è uno straniero si scatena una tempesta, se invece è un italiano i toni sono molto più pacati.

Qualche tempo fa si  parlava di una minorenne accoltellata e violentata da 3 ragazzi nel foggiano. La notizia non ha avuto un gran risalto, non se ne è parlato molto, nonostante la ragazza fosse in fin di vita, e sicuramente  dopo qualche tempo nessuno se ne ricorderà più.
Discorso diverso invece per l'
omicidio di Vanessa Russo
,  quando c'è stata una sorta di inquisizione sia pubblica che mediatica nei confronti della ragazza rumena colpevole del delitto.
Credo che se i 3 ragazzi fossero stati  stranieri, magari rumeni od albanesi, la notizia avrebbe fatto molto più clamore, soprattutto a livello mediatico. Così come credo che se l'omicidio nella metro fosse stato commesso da un italiano il caso di Vanessa Russo avrebbe avuto meno spazio. Altri episodi di violenza fanno riflettere sull’Italia razzista o no!

Vi ricordate  di  erica e omar?
per 2 giorni l'unico indagato era un albanese che aveva la sola colpa di abitare nella stessa strada

A caso si può  sentire fra la gente riflessioni del tipo… Questi sporchi stranieri, ci prendono il poco lavoro rimasto. Fanno compromessi e lavorano per poco rovinandoci la piazza…. Sembra che solo loro possano fare i badanti o le colf!

Siamo stufi di queste invasioni….

Ci vorrebbe una legge che vietasse l’approdo alle nostre coste!

E vi assicuro che questo tipo di riflessioni si sente in qualsiasi ceto sociale!

Però ci sono anche persone, signore della media società che fanno volontariato e si prodigano a fare pervenire a questa povera gente vestiario e biancheria usata….

Peccato che siano letteralmente dei veri e propri stracci solo buoni a pulire i pavimenti e forse nemmeno buoni a quello!

Inoltre secondo una ricerca condotta dal Dipartimento di ricerca sociale e metodologia sociologica “Gianni Statera” presso la facoltà di Sociologia dell'Università La Sapienza su 2.200 ragazzi tra i 14 e i 18 anni di 110 Comuni italiani, per il 50,9% gli immigrati "alimentano la prostituzione", rendono "meno sicura la vita nelle nostre città" (47,8%) e "di questo passo saranno più di noi" (46,5%): una risposta che è sintomo della “sindrome dell’invasione e dell’accerchiamento”.

Per il 64,9% i musulmani, "anche se sono in Italia da molti anni, sono fedeli solo al mondo islamico" e sostengono il terrorismo internazionale (52,2); il 23,8% afferma che "i primi a fare discriminazioni razziali sono gli ebrei".

Per quanto riguarda gli immigrati, il 37,3% degli intervistati è convinto che portino “al degrado i nostri quartieri e i posti in cui vivono”,  mentre il 32,8% afferma: “Sottraggono agli italiani case e lavoro”; per il 24,1% “inquinano le nostre tradizioni e la nostra cultura”, per il 21,2% “portano malattie”.

 Passando ai pregiudizi nei confronti dei musulmani, il 56,2% del campione sostiene:  

“Hanno leggi crudeli e barbare”; per il 47% sono “integralisti e fanatici”, mentre il 33,2% sentenzia: “Stanno invadendo l’Italia”.

Volendo ampliare il problema sarebbe facile   inserire i numerosi articoli di giornali italiani antirazzisti commentare in modo non veramente generoso i fatti e i gesti delle persone che vengono da noi mossi da numerose speranze e illusioni.

Perché in un libro intitolato NOI ITALIANI EMIGRANTI ho voluto notificare  quando succede ai nostri giorni e sul nostro territorio in quanto all’attitudine più o meno razzista del nostro paese verso gli immigrati?

Perché 50 anni fa… più o meno… noi Italiani emigranti abbiamo subito le stesse angherie, le stesse umiliazioni, lo stesso disprezzo di quello che noi offriamo a chi ci “invade” la nostra Italia. A chi ci “ruba” il nostro lavoro! A chi viene da noi pieno di aspettative e si aspetta solo un po’ di considerazione.

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Capitolo 2

Post n°6 pubblicato il 26 Marzo 2008 da Lory_Anna
Foto di Lory_Anna

      VISTO CON I MIEI OCCHI DA BAMBINA II

Erano tempi duri, tempi di guerra.

Nei paesi e nelle città si vedevano solo anziani, donne e bambini.

Tutti gli uomini giovani e validi erano partiti al fronte.

La sera la gente si sedeva davanti alle porte, nei cortili e si scambiava notizie più o meno rassicuranti. Ognuno raccontava le vicende dalla propria famiglia e si lamentava per la sorte dei propri cari.

Fra tutti i volti di donna, uno in particolare attirava l’attenzione della gente del posto, quello di Pierina, sposa di Giovanni, partito al fronte subito dopo la nascita di sua figlia.

Nonostante la giovane età, quasi una bambina, il modo di essere di Pierina lasciava trasparire una profonda tristezza, in contrasto con l’esuberante vivacità della sua piccola Anna, di soli due anni e mezzo.

La bambina, carnagione olivastra, capelli neri ondulati, occhi scuri, era sempre curata nell’abbigliamento e nell’aspetto tanto da suscitare l’invidia delle altre mamme(conversazione).

La piccola era idolatrata da tutta la famiglia, sia materna che paterna.

Tutto il cibo che era raccolto era dato prima a lei poi agli altri, al punto che ad ogni pasto, la piccola Anna era messa sulla tavola a spartire il cibo per tutti.

Non le mancava nulla. Aveva giocattoli, belle bambole e poteva avere tutto quello che desiderava, nei limiti del possibile in quel tempo.

La vita nel paese era tranquilla, i rumori di guerra giungevano ovattati fino a che un giorno fu annunciata la fine della guerra(data).

Gli americani sbarcarono in Sicilia ed entrarono nel paese attraversando la strada principale e regalando caramelle, cioccolata e gomme a tutti.

Dopo poco tempo inizio il rientro in patria dei prigionieri.

Certo in paese era festa grande, tutti i giorni si andava al porto per accogliere tutti questi giovani dimagriti e stremati da tanti anni di prigionia.

A volte si assisteva a delle scene strazianti.

Quando un ragazzo tornava aiutato dalle stampelle per aver perduto una gamba….

Le urla e i pianti delle mogli e mamme erano insopportabili.

Altre volte la disperazione di chi aspettava e non vedeva tornare il proprio congiunto era palpabile.

La gioia e la disperazione di un paese era lo specchio di tutta Italia.

Anche Pierina andava tutti i giorni al porto ed assisteva speranzosa allo sbarco di questi giovani e diceva:

-Dai ninni, che questa volta torna papà”.

Ma non vedendolo mai arrivare, Pierina scoppiava a piangere.

Sulla strada del ritorno la bambina, stringendo la madre, le diceva:

-”Su mamma, vedrai che torna domani”.

La piccola conosceva benissimo il viso del padre, dal momento che c’erano foto del padre per tutta casa, tra queste ce n’era una di Giovanni vestito da soldato.

Finalmente un giorno Pierina, esultando dalla gioia, le urlò:

-”Anna, Anna, ecco il tuo papà, è quello.”

Entrambe, facendosi strada tra la gente, corsero incontro Giovanni.

Il giovane, dimagrito, con la barba lunga, prese la bambina tra le braccia e la baciò. Lei disse:

-”Papà mi pungi” generando le risate di tutti.

Poi si incamminarono verso casa.

La sera ci fu grande festa in paese, tante persone festeggiarono il ritorno dei propri cari.

Il giorno successivo tutta la famiglia organizzò un banchetto per il ritorno di Giovanni.

Il giovane ventiquattrenne, non era solamente bello di aspetto ma generoso e disponibile, anche se molto autoritario, come quasi tutti gli uomini siciliani.

La piccola Anna si innamorò della figura paterna e non vedeva l’ora che si faceva giorno per stare con lui.

L’indomani la casa fu invasa da tutti i parenti.

Solo le sorelle di Giovanni erano nove più altri due fratelli. Lui era il terz’ultimo.

In tutta questa confusione, quando arrivò l’ora di pranzo, la piccola Anna, aiutata da sua zia si sedette in mezzo al tavolo per dividere il cibo come faceva di solito!

Il papà si sorprese moltissimo di quest’atteggiamento da bambina viziata e con fare severo le disse:

-”Che fai lì sopra?”. Lei rispose:

-”Devo mangiare”. Lui le disse:

-”E tu per mangiare ti siedi sul tavolo?”.

-” Sì l’ho sempre fatto.”

-”Da adesso in poi non lo farai più, ti siederai sulla sedia come tutti gli altri.”

Quindi la prese con fermezza e la mise sulla sedia accanto a lui.

La bambina era talmente sorpresa che non ebbe la facoltà di rispondere e tra sé e sé si chiedeva:

-”Ma chi è questo che viene a comandare al posto mio?”.

Lui la guardò e, come se leggesse nel pensiero disse:

-”Sono il tuo papà, tu mi devi obbedire, sono io che comando”.

Iniziarono a servire il cibo e Anna stava ammutolita e rannicchiata sulla sedia, aspettando che il padre le desse da mangiare. Visto che lui serviva prima gli altri, gli disse:

-”E a me quando?”.

Lui la guardò, le sorrise e le disse:

-”Quando lo dico io.”

Anna non era abituata ad avere una persona che le dava ordini, ma il fatto che il padre avesse preso le redini della casa, suscitò in lei ammirazione e rispetto, e fu così per tutta la vita. Si accese in lei il desiderio di piacergli.

Dopo l’euforia e la gioia dei primi giorni dopo il ritorno di Giovanni, iniziarono i problemi.

Siamo nel 1946.

Dopo la guerra tutto il mondo si trovava in una profonda crisi economica.

La Sicilia in particolare moriva letteralmente di fame.

Si mangiava pane e formaggio, pochino il formaggio per carità…. o pane e sarde salate, ma solo una… era già una fortuna mangiare anche solo pane e pane! Le condizioni economiche dell’isola nell’immediato dopo guerra erano allo stremo! La gente era sfiduciata e stremata da anni di paura e d’indigenza.

I paesi del Nord Europa avevano incrementato il lavoro nelle miniere, ma la gente del posto non era più disponibile a sacrificarsi per andare sottoterra.

 Fu così che Olanda, Germania, Francia, Belgio richiesero manodopera straniera, in particolare italiana. Infatti, il governo belga propose al governo italiano un contratto alquanto umiliante e disumano, varata a legge il 19 ottobre del 1945 nella quale si prometteva al governo italiano un quantitativo di

Di 24 quintali di carbone fossile l’anno per ogni italiano che si recava ad estrarlo nelle sue miniere.   in cambio di ogni persona disposta ad espatriare.

In quel momento il governo italiano viveva una grave crisi economica e doveva quindi ristabilire l’economia nazionale, combattere l’inflazione e sfamare il proprio popolo.

Fu così che firmò questo accordo in cui si impegnava a mandare 50 mila uomini ad estrarre quel carbone che i belgi non volevano più lavorare. Solo nel veneto ne partirono ben 23.000

 La gente partiva ogni giorno in convoglio.

I discorsi della sera erano cambiati, la gente che si riuniva parlava del nuovo boom economico che si prospettava agli italiani.

 Andare in Belgio, in Germania e tornare dopo due, tre anni ricchi per poter comprare la casa dei sogni o un pezzetto di terra. 

Sembrava che anziché andare a scavare carbone, si scavavano monete d’oro.

Tutti i giorni partivano uomini d’ogni età, con la promessa di tornare ricchi o di farli trasferire.

Tante erano le voci di corridoio. Si diceva:

-”Sai lì ti danno il lavoro, la casa e se hai tanti figli ti danno anche gli assegni familiari. Insomma ti danno tutto.”

Giovanni, dopo qualche mese dal ritorno in Italia, iniziò a pensare di partire.

Intanto Pierina era di nuovo incinta e nell’agosto del ’46 nacque quel maschio tanto atteso dal papà di Anna.

La bambina era preoccupata perché durante i mesi in cui fece conoscenza del papà, spesso gli chiedeva di uscire con lui e lui rispondeva:

-”No ninni, le femmine non vanno in piazza”!

Quando lui andava in campagna, lei faceva la stessa domanda e lui:

-”No ninni le donne non vanno in campagna.”Così quando andava a lavoro lei voleva andare insieme e lui diceva:

-”No ninni le femmine non lavorano fuori casa.”

Dopo la nascita del secondo bambino la situazione finanziaria si fece veramente critica.  Se poi si aggiunge il problema dello sfratto, si può comprendere come anche Giovanni iniziò a pensare seriamente all’espatrio. 

E così pieno di sogni e di speranze come tutti gli altri fece la domanda per andare a lavorare in Belgio. Fra tutti i paesi del nord gli era sembrato quello più ospitale, più gentile.

Pierina che aveva ritrovato la gioia di vivere con il suo uomo accanto era spaventata all’idea di una nuova lontananza.

Ma ormai la situazione casa lavoro si era fatta insostenibile. Quindi a malincuore accettò la decisione di suo marito. Lui l’abbracciava, la rassicurava.

-Vedrai amore mio presto saremo insieme!

-         Ma la nostra famiglia? Chiedeva lei

-         Amore due o tre anni poi torniamo insieme tutti! Ti prego lasciami andare sereno!

E così partì.

Il governo belga non era così benevolo nei confronti degli italiani, ma pretendeva solo persone in buona salute, sia fisicamente che moralmente.

Tutti i giovani furono convogliati fino alla stazione di Milano, in cui erano stati adibiti alcuni locali a studio medico. Tutti i giovani dovevano essere visitati. Bastava un po’ di zucchero nelle urine o i piedi piatti ed erano rimandati a casa.

Soltanto i più “fortunati” riuscivano a partire.

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Capitolo 2 bis

Post n°7 pubblicato il 26 Marzo 2008 da Lory_Anna
 
Foto di Lory_Anna

Così inizia la storia dell’Italia emigrante.

I nostri giovani arrivarono in Belgio cantando, con gli occhi pieni di sole e la gola piena di canzoni. Sono scesi in miniera ridendo e sono saliti piangendo.

Fra tutte le belle promesse fatte avevano dimenticato di dire qualcosa.

Nessuna mai gli aveva detto che le miniere del Nord erano così profonde. 500,700,1000,1500 metri di profondità.

Nessuno li aveva avvertiti che i martelli pneumatici erano così pesanti, che il cielo belga era grigio e la pioggia fredda, che il cielo era sempre basso e di piombo e che la sera le lenzuola erano sempre gelate.

Nessuno gli aveva detto tutte queste cose, nessuno li aveva avvertiti che la casa in cui avrebbero vissuto aspettando le proprie famiglie, con lettini tutti uguali, coperte grigie dure, erano ex prigioni.

Nessuno li aveva avvertiti che il mangiare in cantina era simile a quello dei prigionieri di guerra. Centinaia di uomini ammassati nella stessa camerata con gli occhi pieni di tristezza e di delusioni.

Avevano l’impressione di aver fatto un passo indietro.

Nessuno osava ritornare, avevano firmato un contratto di 5 anni. I più fortunati 3. Però c’era un’altra promessa in cui speravano, che la famiglia potesse raggiungerli ottenendo una vera casa.

Giovanni era partito nel mese di ottobre, insieme a tanti altri. Erano delle decine provenienti tutti dallo stesso paese, tutti della stessa età, tutti con mogli e figli e con la stessa speranza.

Mai inverno fu più triste.

Potevano comunicare con le famiglie solo tramite posta.

Una lettera rimaneva in viaggio per otto giorni.

Giovanni e Pierina si scrivevano ogni giorno cosicché ogni giorno arrivava una lettera.

La sera in camerata parlavano l’un l’altro, scambiavano informazioni e notizie.

Avevano formato un piccolo complesso musicale. Chi cantava, chi suonava la chitarra.

Giovanni cantava “o sole mio”.  E negli occhi di tutti nasceva quella grande nostalgia del caldo sole siciliano!

Fu l’inverno più triste della loro vita.

Dopo sei mesi di duro lavoro gli diedero il permesso far venire la sua famiglia.

La casa dove Giovanni e Pierina abitavano prima della guerra era una casa bella e spaziosa.

Giovanni lavorava in una miniera di zolfo ed era figlio di possidenti agricoli che li avevano aiutati all’inizio del loro matrimonio.

Poi la guerra si era portata via tutto.

Le campagne abbandonate. La miniera di zolfo chiusa. Motivo principale del suo espatrio.

La mattina che fu chiamato in ufficio per la conferma e la consegna delle chiavi era esultante. Finalmente andava via da quel ghetto dove era vissuto per sei mesi… e con lui Luigi, amico del cuore della sua infanzia e altri connazionali che intanto erano diventati omicidi tutte e due.

Era il mese d’aprile 1947, un pallido raggio di sole cercava di farsi strada in un cielo pieno di nuvole,

Ma il cuore di Giovanni era pieno di sole e di speranza.

Erano una diecina circa a prendere possesso dell’alloggio per le loro famiglie.

Ma un’altra delusione ahimè li attendeva.

Quando arrivarono all’indirizzo datole si trovarono di fronte ad una cinquantina di baracche di legno tutte in fila di dieci come gabbie di conigli!

Vestigio dei rifugi di prigionieri dell’ultima guerra con dietro una montagna di detriti carbonifici e ricoperti di un sottile strato di polvere nera.

La “casa” si riduceva a due vani di circa 12 metri quadri ciascuno cui si accedeva con tre scalini e con il suolo fatto di cemento sporco e nero come il carbone di cui era attorniato!

In facciata una piccola finestra e la porta d’entrata al retro solo una finestra di dimensioni ridotte e rigorosamente dipinte di verde bottiglia!

E il bagno? Direte voi! Il bagno…. Da non credere… Solo chi li ha visti può immaginare lo squallore e il disgusto che poterono provocare!

Ogni “appartamento” aveva diritto ad un ulteriore vano in fondo al “giardino” di 1 metro quadro con la porticina d’entrata nella quale era ritagliato un cuore… si… un cuore… a significare che quello era il posto intimo di ogni abitante del…. Ghetto!

Perché era proprio così…. Un altro Ghetto!

All’interno del “bagno” c’era un pezzo di tavola inchiodata ad altre due tavole verticali così da farne una specie di sgabello, con un buco abbastanza grande da sedersi sopra come un water, sotto il quale si metteva un secchio per raccogliere gli escrementi.  Quando si era seduti lì dentro, l’unico raggio di luce passava attraverso il cuoricino della porta che mantenevamo chiusa con altri due chiodi e un pezzetto di corda! Non so se a questo punto viene spontaneo un sorriso o una lacrima…

Quando il secchio era pieno si poteva fare una buca nel proprio appezzamento di giardino e svuotarlo! Un chiodo con dei pezzi di giornale tagliati a quadrati… indicava che potevi usare giornali vecchi per pulirti….

Più in là c’era una specie di lavandino poggiato a terra sul quale stanziava una fontana a mano.

Il pozzo era nascosto e l’acqua si tirava a mano da questa vecchia fontana che ad ogni movimento cigolava e sembrava ti graffiasse l’anima!

Forse i belgi pensavano a noi emigrati come a delle persone primitive gente delle caverne!

Forse pensavano a noi come popolo selvaggio e incivile! Forse pensavano d’impararci la civiltà? Chi lo sa….

Quello che è certo è che avevano più cura dei propri gatti, cani e porci che non di noi….

Raccontare lo sdegno la delusione e la rabbia di questi giovani siciliani non troverebbe parole adeguate!

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

capitolo 3

Post n°8 pubblicato il 26 Marzo 2008 da Lory_Anna

In Sicilia, anche in quel tempo, esistevano i bagni con le fogne e anche se non si aveva l’acqua corrente in tutte le case si avevano dei recipienti che si riempivano regolarmente tutti i giorni o settimane secondo la contrada in cui si viveva. I siciliani hanno un culto per la pulizia e l’igiene e le case dei siciliani anche le più umili brillano come il loro sole!

Giovanni, Luigi, Carmelo e tutti gli altri seguivano silenziosi e attoniti la guida che le indicava ad ognuno le proprie “case” …

A Giovanni tocco il numero 23… A Luigi il 21, vicini di “casa” dunque,  l’ultima e la penultima della fila…

E il mobilio?

-Ecco….  disse la guida in italiano, si chiamava Mario ed era veneto.

Era arrivato poco prima della fine della guerra e sembrava un capo mastro o qualcosa di simile,

- ci sono dei mobili vecchi nel ripostiglio della biblioteca comunale, potete prendere quello che volete e vi daremo il colore per rinnovare e dipingere tutto a nuovo… Anche il colore è nel ripostiglio, prendete quello di cui avete bisogno!

Altra delusione…. Altra rabbia….

Vecchi mobili mangiati da topi e miti,  antiche casse e comò scassati, letti di ferro arrugginiti e sedie traballanti.

 E il colore… A volontà… manco a dirlo… Verde bottiglia….

Al vocio d’indignazione e per calmare gli animi Mario disse:

Andiamo ragazzi i capi hanno pensato che il verde è il colore della vostra isola e della speranza… e poi è solo per  poco, appena sistemata la famiglia avete diritto ad un adeguamento in base al numero di figli che avete.  Coraggio sistematevi e fate presto è quasi il vostro turno di lavoro!

Intanto il tempo si era messo “al bello”

Un timido sole si era affacciato nel cielo e siccome la speranza è la più dura a morire la gioia di rivedere i propri cari da lì a poco diede loro la forza di sistemarsi alla buona per almeno rendere accoglievole quella specie di tugurio.

Si misero tutti compatti come fratelli a sistemare la casa di tutti.

Lavoravano sodo a recuperare i mobili e a dividerli in base alle esigenze di ognuno.

Alla fine della giornata lavorativa in fondo alla miniera, dopo la doccia comune e il pasto alla cantina, ognuno di loro metteva la propria arte al servizio di tutti.

Giovanni faceva il barbiere e il calzolaio mestieri imparati durante la sua prigionia in Albania.

Luigi era carpentiere, Gaetano pittore, Antonio s’intendeva di elettricità, e così via, ognuno di loro metteva la propria arte al servizio dell’altro.

I belgi del 1946/1947 si sentivano molto importanti. Molto colti.

Avevano colonizzato il Congo.

Facevano sommosse per migliorare le loro condizioni di vita ed è una delle ragioni per cui ad un certo punto si rifiutarono di continuare a scendere nelle miniere. E in un certo senso ci erano riusciti. Trattavano la gente di colore con disprezzo e lo stesso disprezzo si manifesto verso i nostri connazionali siciliani dalla pelle scura e dagli occhi ardenti!

C’è da dire pero che c’era una differenza in quanto le donne belghe subivano il fascino mediterraneo dei nostri giovani uomini dalla voce calda e suadente e dalla personalità   passionale e forte, tutto il contrario dell’uomo belga.

Intanto la vita al paese era diventata frenetica!

Qualcuna incominciava a ricevere i documenti per l’espatrio. La sera nei cortili e davanti alle porte, seduti sui scalini non si parlava d’altro. Anche in piazza l’argomento era sempre lo stesso…. Il Belgio… l’espatrio… ma soprattutto il ritorno a casa….

Si racconta che in quel tempo apparve una pubblicità in Sicilia in cui si mostrava un giovanotto che si accendeva la sigaretta con biglietti da mille. Non so se questo è vero, ma il pensiero era questo e la convinzione era profondamente radicata.

Si sentivano frasi tipo….

-Appena mi faccio un po di soldi ritorno, a me basta comprarmi quel pezzo di terra o quella casetta per vivere serena con la mia famiglia!

-Qualche anno di sacrificio e siamo di nuovo a casa!

Pierina era frenetica. Il tempo materiale che doveva passare prima di avere il passaporto lo viveva con impazienza.

Tanta era la voglia di riabbracciare suo marito che dimenticava anche il dolore della separazione dai suoi.

Si preparava con molto entusiasmo alla partenza e sopratutto era contenta di partire con compaesane e amiche di lunga data.

Convinta che dopo massimi due anni sarebbe ritornata a casa, trovo un deposito per i suoi bei mobili e le cose personali che non poteva portare con sé

Infatti, aveva diritto a portarsi solo un bagaglio di 50 sacchi meglio se chiusi in due sacchi da 25 chili ognuno. Avete presente i sacchi di patate…. Ecco simile a questi era la regola!

Il piccolo Anna era anche lei frenetica!

Impaziente di andare a raggiungere il suo idolo, il suo papà.

Adesso aveva compiuto sei anni ed era molto brava a scuola.

Curiosa e impaziente imparava con facilità e riusciva anche, con l’aiuto di sua madre, a scrivere qualche parolina al suo adorato papà per dirle quanto le voleva bene…. E che gli sarebbe stata vicina più di un figlio maschio!

Pierina inizio dunque a fare documenti e foto per il passaporto.( Inserire foto).

E con lei la sua amica del cuore, Antonietta anche lei giovanissima e madre di una bambina di due anni chiamata Carmela, e moglie di Luigi che stava in Belgio con Giovanni.

Si promisero che il prossimo figlio se lo sarebbero battezzato a vicenda  e sarebbero diventati comare, titolo molto intimo e onorevole fra altri in Sicilia!

Intanto era ritornato dalla Libia anche il papà di Pierina che si proponeva di portare la sua figliola fino a Milano, tappa obbligatoria del viaggio in quanto dovevano sottoporsi a visite mediche ed ulteriori accertamenti sia di natura fisica che psichica!

La grande avventura stava per iniziare!

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

La partenza!

Post n°9 pubblicato il 26 Marzo 2008 da Lory_Anna
 

Capitolo III

 

La sera prima della partenza la casa era piena di amici e parenti. Chi piangeva, chi urlava, chi taceva. Tutti erano tristi e agitati per questa nuova partenza.

Alcune donne avevano portato dei pacchi con dentro prodotti tipici del nostro paese, tipo formaggio, sarde salate, salame, che Pierina doveva consegnare ai compagni di Giovanni nell’attesa di partire anche loro.

-Petrine’, ( Pierina in dialetto siciliano!) mi raccomando dai questa lettera a mio marito… dille che si sbrighi a mandarmi i documenti io qui da sola non c’è la faccio più!

-Petriné mi raccomando a mio fratello gli dici che….

Tante voci, tante raccomandazioni, Pierina non ci capiva più niente.

Era frastornata e confusa.

Tutta quella gente che urlava la sua, tutti quei pacchi…. Il bambino che piangeva… e Anna che non stava ferma un attimo!

L’unico modo per farla stare buona era darle delle incombenze, così gli disse:

Ninnì, veni ccà Vedi quel sacco? E gli indico uno dei due sacchi di telo che conteneva la sua roba da portare via-

_si mama

_Ecco qui ci sono tutte le tue cose, non devi abbandonarlo nemmeno un attimo capito?

-Si mama, disse Anna

-Sarò come un soldato di guardia… come il mio papà!

- Ecco brava! Così appena arriviamo da papà gli racconteremo quanto sei stata brava a fare la guardia de tuo sacco! Tu stai attenta al tuo ed io all’altro!

Così piena del suo ruolo di custode Anna si piantono vicino al sacco e se ne stette tranquilla!

A tarda sera la gente incomincio ad andare via. Finalmente la famigliola potè riposarsi un po’.

Ma per Pierina il sonno fu agitato e pieno d’incubi!

Lei così inesperta e timida al pensiero di dover affrontare quel viaggio si sentiva morire dentro!

Non si era mai allontanata da casa sua, dal suo paese. Il più lontano era la chiesa vicina casa, e adesso stava per lasciare tutto e tutti e partire in un paese lontano e sconosciuto lasciando dietro di è il papà, la mamma, i suoi 2 fratellini e la sua sorellina. Aveva soltanto 22 anni e già madre di due bambini e aveva conosciuto gli orrori della guerra! Il dolore dell’assenza di suo marito e adesso quello del distacco dalle sue origini!

Per sua consolazione con la sua amica del cuore, Antonietta, erano state convogliate nello stesso treno e nella stessa carrozza. Antonietta era molto più spigliata di lei. Più indipendente e quindi Pierina si sentiva confortata dalla sua  presenza!

Alle cinque del mattino suono la sveglia! Tutti in piedi! Papà Diego, il padre di Pierina attello il cavallo alla carrozza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Un amico

Post n°11 pubblicato il 16 Giugno 2009 da Lory_Anna

Un amico

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963