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Wall paper 

Post n°76 pubblicato il 05 Ottobre 2008 da vadocontroccorente
 


E’ stato calcolato che il valore complessivo dei mutui subprime è di 200 miliardi di dollari: se le banche avessero recuperato il 50% di questo valore con la vendita degli immobili il saldo negativo  e quindi la perdita sarebbe stata di soli 100 miliardi. Perché i cittadini americani dovrebbero pagare  pesantemente per gli eccessi di Wall Street, gli errori di manager superpagati e per gli effetti perversi della deregulation? Chi ha permesso alle banche americane di vendere all’estero il rischio sotto forma di derivati?  Ora il governo americano chiede che vengano stanziati 700 miliardi, a cosa servono, quali altre perdite sono state nascoste ai contribuenti dalla folle deregulation voluta da Bush e Greenspan. Per esempio il governo avrebbe potuto rilevare dalle banche il valore di ogni mutuo all’80% e rinegoziarlo con il cliente al 70%, evitando che così tanti cittadini perdessero le proprie case e alleviando le perdite delle banche. La finanza che è stata permessa in questi ultimi anni ha privatizzato i guadagni e socializzato le perdite. Fino a pochi anni fa il totale di azioni, obbligazioni, mutui e prestiti era pari al prodotto mondiale, ora i nuovi strumenti finanziari raggiungono dieci volte il valore dell’economia di tutto il mondo. Ma è una economia fittizia. Come diceva J.K.Golbraith in America l’unico socialismo ammesso è quello a favore dei ricchi. Ma quello che si evince chiaramente è che tutti noi saremo chiamati a pagare  per l’ingordigia e l’incapacità di grandi affaristi senza scrupoli. Le grandi banche d’affari statunitensi sono praticamente scomparse, la più grande compagnia di assicurazione, Aig, è stata salvata dal governo, Fannie Mae e Freddie Mac sono state nazionalizzate, alcuni stati europei ( Germania, Inghilterra, Benelux ) hanno sovvenzionato direttamente banche ed istituti sull’orlo del fallimento. Ogni giorno si leggono notizie di fallimenti. Dal momento che le finanze degli stati europei non sono floride, l’economia è praticamente ferma,  è ovvio che questo salasso distrae capitali da investimenti più strategici, favorenti una ripresa economica. Inoltre le dimensioni di alcuni di questi colossi finanziari è sproporzionata rispetto al Pil dei Paesi accorsi in salvataggio: il bilancio della più grande belga in procinto di fallire, Fortis, è il triplo del Pil del Belgio, quello della Deutsche Bank è l’80% del Pil tedesco e quello della Barclays  è il 100% di quello inglese. Questa è una delle ragioni, per cui, contrariamente a quello che si pensa, l’Europa è più vulnerabile degli Stati Uniti, la cui economia è enormemente più forte di questi fallimenti, mentre gli Stati europei hanno finalmente capito di aver permesso a gruppi finanziari di crescere in modo tale da essere ingestibili e salvabili da parte dei vecchi Stati-Nazione. Un Piano Paulson l’Europa non sarebbe mai in grado di vararlo per via dei nazionalismi, delle diverse interpretazioni e della lentezza decisionale e di una economia lenta e decotta. Rimane la desolata constatazione che, come sempre, a rimetterci è l’uomo della strada, penalizzato dall’avidità e dalla mancanza di regole di questa finanza globalizzata, e, come sempre, dall’impunità dei colpevoli.
 

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